Forse sono le aspettative, che fanno la differenza: come Paese, ne abbiamo molte perché francamente, a differenza ad esempio della Spagna che non ha aziende e che non riesce a produrre, noi abbiamo un tessuto imprenditoriale affossato anche da leggi assurde e pesanti tassazioni in momenti di pre-crisi che, finiti in piena recessione, hanno probabilmente acuito la situazione.
Da qui, però, e quindi dal “c’è molta strada da fare, c’è da cambiare molto, ci sono stati molti momenti difficili alle spalle” col quale Napolitano ha concluso il suo parallelismo sportivo-economico-sociale, si passa alle ‘cose serie’, tipo l’incontro odierno tra il premier Mario Monti, peraltro al centro della polemica “Inno di Mameli cantato oppure no”, e le parti sociali inferocite da un progetto di spending review che su più di 9 miliardi ne sforbicerà subito la metà (4.2) andando a toccare sanità e dipendenti pubblici. E’ ora in corso di svolgimento, il faccia a faccia coi sindacati, mentre alle 11 sarà la volta delle Associazioni degli enti locali.
Tra le ipotesi allo studio che entrano ed escono dalle bozze anche un intervento sulla tredicesima mensilità degli statali, che potrebbe ricalcare quanto già deciso dal governo Berlusconi per la liquidazione (cioè lo slittamento del pagamento del trattamento di fine rapporto per i pubblici dipendenti). In particolare si sarebbe valutata l’ipotesi di pagare a fine dicembre solo uno ‘zoccolo’ uguale per tutti e di far slittare la parte eccedente a gennaio 2013. Su questo e non solo, evidentemente, continuano a manifestare il loro malcontento i sindacati. “Non è accettabile che il governo usi la spending review per ridurre ancora il finanziamento per la sanità. I tagli lineari già adottati ammonteranno nel prossimo triennio a 17 miliardi, con quasi tre miliardi di nuovi ticket”, è il parere congiunto del segretario confederale della Cgil Vera Lamonica, e del responsabile Politiche della salute per il sindacato, Stefano Cecconi. E mentre il Pdl, tramite Cicchitto, si mostra con atteggiamento costruttivo ma al tempo stesso riflessivo, Pierluigi Bersani, leader del Pd, seppur concordi con la necessità di non aumentare l’Iva non accetta che si tocchi “la sostanza e la risposta sociale”.
Ed è quantomeno affascinante che, nelle parole di Mario Monti, chiamato diversi mesi or sono per far quadrare i conti, da economista qual è, di un bilancio che non quadra, che si torna involontariamente al sopracitato parallelismo sportivo-economico-sociale. “Se per decenni – ha detto il premier – si indulge ad assecondare un superficiale ‘tiriamo a campare‘ e a iniettare nella mente dei cittadini la sensazione che un Paese con mille risorse, compreso l’estro, possa non affrontare i seri problemi che altre nazioni hanno preso di petto, forse deve venire il momento in cui si affrontano i problemi”.
Ecco, appunto. Qui già ci siamo di più. Peccato che uno 0-4 calcistico lo possiamo sostenere, un passivo di svariati miliardi col 36% di disoccupazione giovanile assolutamente no.
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