Sovraindebitamento 2019: cos’è, come funziona, utilizzo per debiti in condominio

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Per sovraindebitamento si intende uno stato di crisi o di insolvenza in cui può trovarsi un contribuente persona fisica e consumatore, o ogni altro debitore non assoggettabile alla liquidazione giudiziale, ovvero a liquidazione coatta amministrativa, o ad altre procedure liquidatorie che sono previste dal codice civile o da leggi speciali per il caso di crisi o insolvenza.

La legge sul sovraindebitamento (Legge n. 3 del 27 gennaio 2012) permette a chi è in gravi difficoltà economiche di liberarsi dai debiti, riducendone l’ammontare, e dilazionando i pagamenti, attraverso una procedura presso il tribunale chiamata esdebitazione.

La normativa tende a prospettare una soluzione a quelle situazioni in cui un soggetto può incorrere, e che determinano un insostenibile aumento di oneri finanziari da pagare ai creditori, consentendo allo stesso debitore in sostanza di liberarsi dai debiti.

Vediamo in dettaglio come funziona il sovraindebitamento e come si applica alla logica del condominio.

Sovraindebitamento 2019: come accedere alla procedura

Per accedere alla procedura di esdebitazione occorre:

  • essere un soggetto non fallibile o essere un debitore che non svolge attività imprenditoriali o professionali (condizione soggettiva);
  • trovarsi in una situazione di sovra indebitamento, ovvero aver contratto debiti a cui non è più possibile far fronte (condizione oggettiva).

I vantaggi della procedura di sovraindebitamento

Uno dei vantaggi di questo nuovo strumento, è la velocità della procedura. Il ricorso presentato, viene sottoposto alla verifica preliminare da parte del Tribunale, in merito al fatto che il piano del consumatore o la proposta dell’accordo non violino norme imperative.

Con l’ausilio dell’organismo di composizione della crisi (OCC), il Tribunale valuta meritevolezza, fattibilità e convenienza della domanda.

Le procedure disciplinate dalla legge in esame sono, l’accordo di composizione della crisi, il piano del consumatore, e la liquidazione del patrimonio del debitore più vicina questa alla procedura fallimentare.

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Sovraindebitamento 2019: come funziona l’accordo con i creditori

La Legge sul sovraindebitamento, riconosce al debitore la facoltà di redigere un accordo con i creditori. La proposta viene redatta con l’ausilio degli organismi di composizione della crisi (OCC), e si sostanzia in un accordo di ristrutturazione dei debiti sulla base di un piano di ammortamento degli stessi, che assicuri il pagamento dei debiti contratti senza pregiudicare i diritti di chi all’accordo non ha aderito.

L’espletamento delle attività, di competenza del giudice e del debitore, nonché l’omologazione, il ruolo delle parti e i termini, sono sottoposte ad un’articolata e completa procedura prevista dalla legge al fine di garantire una corretta instaurazione del contraddittorio.

L’elemento in grado di incidere sensibilmente sulla posizione del debitore in difficoltà, risiede nella possibilità di sospensione di ogni azione individuale esecutiva da iniziarsi o già in corso.

All’udienza, il giudice, in assenza di iniziative o atti in frode ai creditori, dispone che, per non oltre centoventi giorni, non possono sotto pena di nullità, essere iniziate o proseguite azioni esecutive individuali, né disposti sequestri conservativi, né acquistati diritti di prelazione sul patrimonio del debitore che ha presentato la proposta di accordo, da parte dei creditori aventi titolo o causa anteriore. La sospensione non opera nei confronti dei titolari di crediti impignorabili.

Diversamente da ciò che accade in caso di presentazione dell’accordo di composizione della crisi, nel piano proposto dal consumatore non è prevista l’approvazione da parte dei creditori del consumatore. Nel piano del consumatore manca il procedimento volto ad acquisire l’adesione o il dissenso dei creditori rispetto al piano proposto. Il Tribunale effettua esclusivamente una valutazione di fattibilità della proposta e di meritevolezza della condotta che ha portato all’indebitamento del consumatore.

La comunicazione a tutti i creditori della proposta del piano, prevista dalla legge, non è funzionale al voto, ma solamente ad un’eventuale contestazione relativa alla convenienza della proposta rispetto all’ipotesi di liquidazione de patrimonio. Anche in ipotesi di contestazione da parte di uno o più creditori, il giudice potrà comunque approvare il piano proposto dal consumatore quando ritenga quest’ultimo, più conveniente rispetto all’alternativa liquidatoria, ai fini della soddisfazione dei crediti.

L’omologazione da parte del Tribunale sia dell’accordo che del piano del consumatore, deve avvenire entro sei mesi dal deposito rispettivamente dell’accordo che del piano ed, in entrambi i procedimenti, è previsto che l’omologazione vincoli tutti i creditori concorsuali.

Sovraindebitamento 2019: come funziona in condominio

Le opportunità per le persone fisiche previste dalla Legge 3/2012, per liberarsi in determinati casi dai debiti, sono fruibili anche in ambito condominiale.

Relativamente al condòmino, debitore verso il condominio per il mancato pagamento delle spese di amministrazione, l’amministratore condominiale per ottenerne il pagamento ha a disposizione uno strumento particolarmente efficace, ossia il decreto ingiuntivo.

Per evitare il pericolo di subire ad esempio un pignoramento, in determinate situazioni un condòmino moroso può proporre ai creditori, e quindi anche al condominio un accordo o anche un piano, che ferma ogni azione esecutiva del condominio che è costretto ad inserirsi nella procedura insieme agli altri creditori.

Il condòmino-debitore potrebbe decidere di concludere con il condominio-creditore un accordo di composizione della crisi, o proporre allo stesso un piano del consumatore, con l’ausilio di un organismo di composizione della crisi o di un professionista nominato dal giudice.

Nel caso opti per il piano del consumatore, questo non richiede il consenso dei creditori e quindi dell’assemblea dei condomini per essere omologato, ma solo una valutazione di merito dello stesso consumatore (condòmino) operata dal giudice.

Se invece viene predisposto l’accordo di composizione della crisi, è necessario che l’amministratore convochi l’assemblea, ponendo all’ordine del giorno l’eventuale adesione all’accordo.

Può il condomino considerarsi un consumatore?

La riforma del condominio (Legge n. 220 dell’11 dicembre 2012) non ha qualificato il condominio come persona giuridica o come soggetto di diritto, ma ha confermato la tesi secondo cui il condominio è un mero ente gestorio privo di autonoma soggettività giuridica ulteriore, o diversa, da quella dei singoli condomini. Per vagliare l’applicabilità al condominio della tutela del consumatore, si potrà valutare caso per caso se i condomini siano consumatori o professionisti. Qualora si sia in presenza di un condominio residenziale, il contratto stipulato dal condominio sarà un contratto imputabile ai consumatori e quindi soggetto alla disciplina del consumatore. Viceversa, qualora il condominio sia costituito da unità immobiliari destinate allo svolgimento di attività professionali, sarà eventualmente possibile escludere l’applicazione della disciplina contenuta nel Codice del Consumo. Una certa giurisprudenza propende comunque ad affermare che l’amministratore del condominio agisce, nel momento in cui stipula contratti di utenza o manutenzione per conto dei condomini, per scopi estranei all’attività professionale degli stessi. (così il Tribunale di Ravenna, con sentenza del 27 settembre 2017 e nello stesso senso il Tribunale di Milano, con sentenza del 21 luglio 2016).

La sentenza del Tribunale

Relativamente all’utilizzo da parte del condominio delle disposizioni previste dalla Legge 3/2012, può essere utile tenere in considerazione una recente sentenza del tribunale di Bergamo (del 16 gennaio 2019) che afferma come il condominio non possa essere considerato alla stregua di un consumatore.

Le argomentazioni del giudice derivano da una precedente Sentenza della Cassazione n. 1886 del 2016 nella quale i giudici di legittimità avevano chiarito in quali termini potesse essere definito consumatore anche un imprenditore od un professionista.

La definizione di “consumatore”, tuttavia, non sarebbe in grado di essere estesa al punto tale da comprendervi un ente collettivo come il condominio.

Secondo il giudice, la nozione di consumatore, posta nell’ art. 6 co. 2, lett. b) della Legge 3/2012, risulta più specifica di quella di cui all’art 3, co. 1, lett. a) del Codice del Consumo (D.Lgs. n. 206 del 6.9.2005), dato che essa esige che i debiti derivino da atti compiuti dalle persone fisiche.

In definitiva, il Tribunale ha affermato coerentemente con la disciplina dettata dalla Legge 3/2012, la non riconducibilità ad una persona fisica del condominio in quanto soggetto privo dei requisiti di cui all’art. 6.

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