La sentenza trae origine da due cause distinte, poi riunite.
Nella prima, un cittadino tedesco condannato per omicidio e poi ammesso alla libertà condizionale, si rivolgeva ai giudici tedeschi per intimare un sito di informazione via web gestito da una società austriaca a non riportare più notizie che lo riguardavano, indicando il suo nome per esteso in relazione al crimine commesso. La società austriaca ha contestato la competenza internazionale dei giudici tedeschi a dirimere la controversia in quanto riteneva di poter essere convenuta soltanto dinanzi ai giudici austriaci.
Nella seconda causa, un V.I.P. cittadino francese, lamentando violazioni della sua vita privata e del diritto all’immagine, agiva in giudizio contro una società britannica, editrice del Sunday Mirror, che aveva pubblicato sul sito internet del quotidiano un articolo di gossip che lo riguardava. La società inglese contestava la competenza internazionale del tribunale francese adito in quanto riteneva non sussistere un collegamento sufficientemente stretto tra la pubblicazione in rete nel Regno Unito e il presunto danno sul territorio francese.
Nella sentenza, la Corte osserva come la pubblicazione di contenuti su Internet sia una fattispecie del tutto diversa dalla diffusione di un testo a stampa, in quanto quest’ultima è, per definizione, territorialmente circoscritta, mentre i contenuti via web possono essere consultati istantaneamente da un numero indefinito di utenti, ovunque nel mondo.
Pertanto, rileva la Corte, tale diffusione universale, può sia aumentare la gravità delle violazioni dei diritti della personalità ma anche rendere estremamente difficile individuare il locus commissi delicti.
Poiché l’impatto di un’informazione messa in rete sui diritti della personalità di un soggetto può essere valutata meglio dal giudice del luogo in cui la vittima risiede, la Corte designa tale giudice come quello competente per la totalità dei danni causati sul territorio dell’Unione europea.
La Corte sottolinea anche che la vittima può sempre adire i giudici di ciascuno Stato membro sul cui territorio un’informazione messa in rete sia (o sia stata) accessibile, ai fini di un’azione di risarcimento per la totalità del danno. In tal caso tali giudici sono competenti a conoscere del solo danno causato sul territorio dello Stato in cui essi si trovano.
Tuttavia, la Corte stabilisce che il gestore di un sito Internet, cui si applica la direttiva sul commercio elettronico (Direttiva 8 giugno 2000, 2000/31/CE), non può essere assoggettato, nello Stato di residenza della vittima, a prescrizioni più rigorose di quelle previste dal diritto dello Stato membro in cui è stabilito.
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