Nuovo regolamento Google: quale valore ha la privacy?

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Come è noto dal primo marzo Google ha modificato il proprio regolamento per la privacy degli utenti elaborando una sorta di policy unificata che ha l’obiettivo ben preciso di riunire in un solo documento ”più di sessanta” testi associati ai servizi online del grande provider, come ad esempio la posta elettronica Gmail, i video di YouTube, il social network Google+, le fotografie su Picasa.

Sulla scorta, quindi, della grande preoccupazione che ormai vede da tempo i giganti del web (vedi anche Facebook) attivi sul fronte privacy, anche Google cerca di porre in qualche modo rimedio ai potenziali pericoli in cui possono incorrere gli utenti a seguito di una politica privacy troppo “allegra”.

Eppure questi pericoli non sono certo una novità. Sappiamo bene che già con l’introduzione dei primi strumenti tecnologici gli studiosi si sono posti il problema della necessità o meno di una specifica tutela avuto riguardo al rapporto tra “riservatezza-computer”; l’impiego dell’elaboratore elettronico, infatti, consente di impadronirsi ed archiviare informazioni che riguardano l’individuo, comprese quelle della sua vita privata sottoponendolo, così, ad una nuova forma di dominio, che si potrebbe chiamare “il potere informatico”.

Il “right to privacy” ha quindi acquistato un nuovo significato ed una nuova ampiezza, che non poteva avere un secolo fa: questo ora consiste nel diritto, riconosciuto al cittadino, di esercitare anche un controllo sull’uso dei propri dati personali inseriti in un archivio elettronico.

Inoltre il progressivo sviluppo delle comunicazioni elettroniche ha determinato la crescita esponenziale di nuovi servizi e tecnologie. Se ciò ha comportato, da un lato, indiscutibili vantaggi in termini di semplificazione e rapidità nel reperimento e nello scambio di informazioni fra utenti della rete Internet, dall’altro, ha provocato un enorme incremento del numero e delle tipologie di dati personali trasmessi e scambiati, nonché dei pericoli connessi al loro illecito utilizzo da parte di terzi non autorizzati.

Difatti nell’attuale era tecnologica le caratteristiche personali di un individuo possono essere tranquillamente scisse e fatte confluire in diverse banche dati, ciascuna di esse contraddistinta da una specifica finalità. Su tale presupposto può essere facilmente ricostruita la c.d. persona elettronica attraverso le tante tracce che lascia negli elaboratori che annotano e raccolgono informazioni sul suo conto.

Si è così maggiormente diffusa l’esigenza di assicurare una forte tutela dei diritti e delle libertà delle persone, con particolare riferimento all’identità personale e alla vita privata degli individui che utilizzano le reti telematiche.

A questo punto nasce spontanea una domanda: questo nuovo regolamento di Google è il frutto di tale consapevolezza? C’è da crederci?

E’ recentissima la notizia delle perplessità dell’Unione Europea su questo cambio di indirizzo di Google ed anche il nostro Garante non si fida.

Bè sono diversi anni che mi interesso di privacy e mi meraviglio non poco di queste perplessità e dubbi delle massime Autorità Europee della protezione dei dati personali.

Ma altro che dubbi, queste sono certezze!!! Come si può pensare che in questo particolare periodo storico colossi come Google, Facebook, Yahoo! possano rinunciare all’immenso patrimonio che hanno a loro disposizione costituito da milioni di dati personali spendibili per soddisfare le esigenze di marketing di milioni di aziende?

Mi sembra davvero un’assurdità. E’ chiaro che questa grande pubblicità del cambiamento serve per illudere su una trasformazione che non potrà mai esserci, anche se si farà di tutto per farla sembrare tale. Provider come Google mettono a disposizione degli utenti tantissimi servizi e sarà fin troppo facile ottenere il consenso ad utilizzare i dati personali dei navigatori in cambio di qualche utile applicazione. Non possiamo pensare che Google non approfitti della situazione.

Il problema è che questo consenso non sarà sempre consapevole. Spesso sarà conseguente ad un’informativa non troppo chiara o comunque troppo generica. Ma questi sono particolari!!! L’importante è che passi un’immagine cambiata che altro non è che lo specchio di una falsa moralità figlia di inevitabili interessi economici…

Eppure sono convinto che molti utenti, pur di ottenere i servizi di google darebbero il loro consenso in ogni caso, anche in presenza di un’informativa chiara e sincera. Ed è proprio questo il paradosso: per ottenere troppo talvolta si perde di vista la possibilità di un facile traguardo forse ……troppo facile.

Michele Iaselli

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