Mattarella presidente: la Sicilia migliore

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Bilardo

La Sicilia è il paese delle arance, del suolo fiorito la cui aria, in primavera, è tutto un profumo…” (Guy de Maupassant)

“In tutta la storia della razza umana nessuna terra e nessun popolo hanno sofferto in modo altrettanto terribile per la schiavitù, le conquiste e le oppressioni straniere, e nessuno ha lottato in modo tanto indomabile per la propria emancipazione come la Sicilia e i siciliani … hanno lottato, e continuano a lottare, per la loro libertà …” (Friedrich Engels).

La Sicilia è la terra natale di Archimede, Teocrito, Empedocle, Dionisio di Siracusa, Diodoro Siculo, Iacopo da Lentini, Gorgia, Cielo D’Alcamo, Vincenzo Bellini, Antonello da Messina, Filippo Juvara, Luigi Pirandello, Giuseppe Tomasi di Lampedusa, Luigi Capuana, Giovanni Verga, Gesualdo Bufalino, Vitaliano Brancati, Nino Martoglio, Vincenzo Consoli, Salvatore Quasimodo, Elio Vittorini, Leonardo Sciascia, Andrea Camilleri, Salvatore Fiume, Ettore Majorana, Renato Guttuso, Don Luigi Sturzo, Francesco Crispi, Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Rosario Livatino, Piersanti Mattarella ….

È la terra dei siciliani migliori che non hanno mai smesso di lottare per la libertà.

Quell’anelito di libertà – vera, profonda, giusta – che ha marchiato il vissuto di Sergio Mattarella.

Libertà dalla paura nei confronti di chi ti ammazza un fratello, dai politici inciucini che ti  vogliono imporre una legge ingiusta (la Legge Mammì sul riassetto del sistema televisivo), dai lussi romani, dalla incoltura (ingombrante fagotto di mezzo parlamento italiano), dai condizionamenti partitici (quelli che non lo hanno toccato quando, da Giudice Costituzionale, ha dichiarato l’incostituzionalità del porcellum di Calderoniana memoria e ha respinto il conflitto di attribuzioni sul legittimo impedimento sollevato da Silvio Berlusconi), dalla grettezza regionalistica (contrastata “sul campo” in una vita equamente divisa tra Roma e Palermo), dal narcisismo di chi non inizierebbe a condividere la sua legittima gioia di essere diventato Presidente della Repubblica alle Fosse Ardeatine con i martiri del nazismo, dal fatuo linguaggio politichese (estraneo a chi pronuncia, come prime parole da Presidente, le semplici ed essenziali: Il mio primo pensiero va innanzitutto, e soprattutto, alle difficoltà e alle speranze dei nostri concittadini. È sufficiente questo”).

Il suo Primo Discorso alle Camere Riunite (v. Mattarella: il primo discorso da Presidente della Repubblica, pubblicato ieri 3 febbraio 2015) è stato il cammeo di un percorso di vita – personale, professionale, politica – all’insegna di una linearità, intellettuale e morale, troppe volte persa di vista in una Italia schiaffeggiata dalla volgarità dei suoi rappresentanti politici.

Un Discorso contraddistinto dall’essenzialità tipica di chi non ha bisogno di ricorrere a barocchismi retorici per fare comprendere l’importanza delle cose, dei diritti e dei doveri indispensabili in uno Stato civile che si rispetti, dei nostri valori fondamentali:

–       LA COSTITUZIONE (quella che ha condiviso con i suoi studenti universitari), quale ancora di salvezza dei diritti primari dei cittadini, ad iniziare da il diritto allo studio dei nostri ragazzi, il diritto al lavoro, il diritto alla promozione della cultura e della ricerca di eccellenza, il diritto alla tutela dei nostri tesori ambientali e artistici,  il diritto alla pace e al ripudio della guerra, i diritti dei malati, il diritto a una giustizia rapida, il diritto delle donne di non essere violentate e discriminate, i diritti dei disabili, i diritti della famiglia, il diritto alla pluralità dell’informazione, il diritto ad una libertà come pieno sviluppo dei diritti civili, nella sfera sociale come in quella economica, nella sfera personale e affettiva.

Tutti diritti apparentemente scontati ma di cui spesso – troppo spesso – si dimentica che la radice della loro esistenza è quel miracolo della Costituzione regalataci dai nostri sopravvissuti di guerra; si dimentica che a tutt’oggi, a distanza di 67 anni, è tra i documenti legislativi più completi e lungimiranti che uno stato moderno possa sperare di promulgare.

–       L’UNITA’ COME INSIEME DI ATTESE E DI SPERANZE DEI CITTADINI.

 –       LA GRAVITÀ DI UNA CRISI COME MOLTIPLICATORE DI INGIUSTIZIE, POVERTÀ, EMARGINAZIONI E SOLITUDINI.

–       L’IMPORTANZA DI UNA POLITICA COME SERVIZIO AL BENE COMUNE E  COME PATRIMONIO DI TUTTI.

–       LA PRIORITÀ ASSOLUTA DELLA LOTTA ALLA MAFIA, AL TERRORISMO INTERNAZIONALE, ALLA INTOLLERANZA RELIGIOSA E ALLA CORRUZIONE.

… quella corruzione esercitata da uomini – e qui il Presidente Mattarella ha avuto anche l’intelligenza di citare Papa Francesco – «di buone maniere, ma di cattive abitudini».     

–       L’AFFERMAZIONE DEI DIRITTI DI CITTADINANZA COME CONSOLIDAMENTO DI UN GRANDE SPAZIO EUROPEO DI LIBERTÀ, SICUREZZA E GIUSTIZIA.

–       LA SPERANZA DI POTER DARE FIDUCIA AI VOLTI DEGLI ITALIANI … dei bambini, dei ragazzi, dei giovani che cercano lavoro, degli anziani, dei malati, dei lavoratori, degli imprenditori che continuano a investire nonostante la crisi, di chi dona con generosità il proprio tempo agli altri, di chi non si arrende alla sopraffazione e lotta contro le ingiustizie.

Dicono che il Presidente Mattarella sia un uomo rigido.

Non è vero. È solo rigoroso. Come lo erano Alcide De Gasperi ed Enrico Berlinguer.

Dicono che sorrida poco.

Ma il sorriso vero è quello del cuore … e in queste sue prime parole c’è tutto il cuore di un uomo buono e giusto, che al sorriso di posa per un manifesto elettorale preferisce lo sguardo leale di chi vuole  farsi comprendere da tutti e rivolgersi a tutti.

È il sorriso più bello. Il più aperto. Il più prezioso.

 

 

Franzina Bilardo

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