Mamma assillante, prepotente e forse un po’ persecutoria … stalking?

Redazione 18/05/11
Il decreto di ammonimento non può essere utilizzato quale strumento per ingerirsi in situazioni di pura conflittualità familiare, per quanto esasperata”.

Lo ha stabilito, con sentenza depositata lo scorso 6 maggio, il TAR Lombardia (presidente Stefano Celeste Cozzi, estensore Dario Simeoli).

La vicenda

La signora Letizia ha impugnato al TAR Milano un decreto di ammonimento del Questore di Pavia, adottato ai sensi degli articoli 7 e 8 della Legge 38/2009 per avere compiuto “atti persecutori” (stalking) nei confronti del figlio Andrea, studente universitario.

La signora, essendo “presente nella camera di consiglio al fianco del suo avvocato, aveva espresso la volontà di conferire con il suo Giudice”. E il TAR ha ritenuto di sentirla direttamente, disponendo il suo interrogatorio libero, infine decidendo la causa con sentenza in forma semplificata. Il figlio, invece, non è stato mai sentito, perchè, pur regolarmente intimato, non si è costituito in giudizio ed è rimasto contumace.

Il provvedimento del Questore contro la madre “persecutoria”

Il provvedimento del questore per “stalking” era stato adottato a seguito di richiesta presentata dal figlio Andrea.

Questi gli atti “persecutori” contestati alla signora Letizia:

appostamenti presso l’Università dove il figlio studia;

– invio di numerosa corrispondenza indesiderata;

– inoltro di numerose chiamate all’utenza telefonica e continui tentativi di un indesiderato contatto con l’esponente, coinvolgendo terze persone.

Tali atti persecutori sarebbero aumentati dopo la vendita di un immobile di proprietà di Andrea, evento che avrebbe ulteriormente accentuato l’attività persecutoria nei suoi confronti da parte della madre;

Tali atti avrebbero costretto il ragazzo a cambiare le proprie abitudini di vita per non essere da lei rintracciato (ad esempio avrebbe dovuto cambiare due dimore, utenze cellulari, abbandonare vecchie amicizie e luoghi frequentati in passato).

Atti, tutti, secondo il Questore, oggettivamente idonei a causare “un grave stato d’ansia e paura” nel figlio e, a tutti gli effetti, persecutori.

2. La decisione del TAR (dopo aver sentito la madre)

“Ritiene il Collegio che a fare difetto nella ricostruzione operata dalla amministrazione sia, in radice, il carattere persecutorio del comportamento ascritto alla madre del xxx.

A tal fine si richiede un comportamento oggettivamente “minaccioso” o “molesto”, posto in essere con condotte reiterate, tale da porre il contendente in una posizione di ingiustificata predominanza, da cui consegua uno specifico evento di danno (un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero, in alternativa, il fondato timore per la propria incolumità ovvero, sempre in alternativa, l’alterazione delle proprie abitudini di vita).

Non si vede come possa integrare il presupposto appena descritto

il tentativo di una madre di venire a conoscenza del luogo in cui abbia la residenza il figlio (chiedendo informazioni presso conoscenti);

l’invio di due e-mail e due SMS (tra l’altro, pare, non direttamente ma tramite l’intermediazione di un rappresentante della Curia);

due colloqui svolti presso la Curia in presenza di terze persone;

il carattere patrimoniale delle richieste (fondate o infondate che siano) avanzate da un genitore nei confronti del figlio, per quanto possano apparire bizzarre agli occhi di un estraneo;

circa l’invio di numerosa corrispondenza indesiderata e l’inoltro di numerose chiamate all’utenza telefonica, poi, non vi è alcun riscontro probatorio in atti.

Si tratta, peraltro, di condotte che, per numero e modalità, sono verosimilmente insuscettibili di comportare un “perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero il fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva”.

5.2. Oltre a fare difetto il profilo della reiterazione ossessiva di condotte vessatorie, sia l’idoneità a ingenerare il fondato timore per l’incolumità propria e del prossimo congiunto, il provvedimento di ammonimento è anche incongruo rispetto alle risultanze della istruttoria svolta: quali atti di riscontro, oltre l’esposto presentato da Andrea xxx, il provvedimento cita le successive dichiarazioni acquisite da persone informate sui fatti e relazioni ed annotazioni redatte dal personale della Compagnia Carabinieri di Vigevano intervenuti in varie circostanze;

si tratta, infatti, di documenti che attestano colloqui avuti con la ricorrente da cui può, al più, desumersi una condizione di disagio emotivo e sociale che, tuttavia, può costituire il presupposto di tutt’altro tipo di intervento della pubblica amministrazione (cfr. il verbale dell’incontro organizzato presso la Curia di Vigevano al quale hanno partecipato un rappresentante della Curia stessa, il Comandante della Compagnia Carabinieri di Vigevano, il xxx e la madre).

5.3. In definitiva, il comportamento dell’amministrazione tradisce uno sviamento di potere.

Il decreto di ammonimento non può essere utilizzato né quale strumento per ingerirsi in situazioni di pura conflittualità familiare, per quanto esasperata (sempreché, beninteso, non superi la soglia della persecutorietà);
meno che meno tale strumento può essere utilizzato con funzione cautelare rispetto alla ‘pericolosità sociale’ degli individui (…)”

Redazione

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