La norma in questione, dl 78/2010 dell’ ex Ministro Tremonti, creava disparità di trattamento tra il pubblico impiego e il settore privato, in cui il tfr grava interamente sul’azienda. LaCorte ha richiamato la Costituzione negli articoli 3 – uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge – e 35 – proporzionalità tra oneri fiscali e capacità contributiva: un euro ha lo stesso valore se guadagnato da un lavoratore pubblico o privato, per cui il livello di tasse deve essere il medesimo. Un principio semplice, che tuttavia ha imposto al Ministro Grilli l’adozione di misure tempestive e la relativa copertura finanziaria.
Ristabilendo le norme precedenti, insomma, lo Stato restituirà a suoi dipendenti quanto è stato tolto dal gennaio 2011 a oggi. Al momento della pensione, la liquidazione sarà calcolata come se quel taglio non fosse mai avvenuto. Ed è stato stimato che questo ripristino delle vecchie norme costerà in totale 3,8 miliardi al bilancio dello Stato. Ciò non significa tuttavia che il governo dovrà trovare subito l’intera cifra: la gran parte della restituzione sarà un problema futuro. Anche se esiste un problema fiscale, a cascata, di non facile risoluzione, in quanto l’imponibile di questi lavoratori era stato decurtato ingiustamente e, dovendo essere sospesa la “rivalsa”, con la sua restituzione cambierebbero anche i conteggi delle imposte del 2011 e 2012.
Così, per ora, con il decreto il Governo ha stanziato risorse dal 2012 al 2015 per oltre 40 milioni di Euro. Per gli statali gli effetti in busta paga, che si manifesteranno presumibilmente da Dicembre, saranno quantomeno tangibili. Per un impiegato comunale, per esempio, la pronuncia costituzionale vale 332 euro di arretrati del 2011 e 307 euro per il 2012. Un totale di 639 euro di arretrati, pari a 24 euro netti mensili per 2 anni. Per un impiegato con la responsabilità di un ufficio, a cui generalmente spetta un’indennità di carica, la cifra sale a 35 euro mensili. Le cifre raddoppiano per i dirigenti (v. tabella).
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