Le bugie della SIAE sull’equo compenso

Redazione 23/10/11
SIAE mente o, meglio, racconta come verità assoluta le proprie personalissime opinioni in materia di equo compenso per copia privata.

È questo il senso della decisione resa dal Giurì di autodisciplina pubblicitaria che ha ritenuto illecito il comunicato stampa con il quale la SIAE ha, a suo tempo, preso posizione sulla Sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea relativa alla disciplina spagnola in materia di equo compenso per copia privata.

In quell’occasione i Giudici della Corte avevano sancito l’incompatibilità con la disciplina UE di ogni previsione di legge nazionale che imponesse indiscriminatamente l’obbligo di pagamento dell’equo compenso a prescindere dall’effettiva probabilità di utilizzo del supporto o del dispositivo per l’effettuazione della copia privata.

In questa prospettiva la Corte aveva chiarito che l’equo compenso non può essere richiesto laddove il supporto sia acquistato da un’utenza business e, quindi difficilmente destinato ad essere utilizzato per una copia privata.

SIAE, evidentemente preoccupata delle conseguenze della decisione della Corte di Giustizia nel nostro Paese nel quale, l’attuale disciplina – si tratta del famigerato Decreto Bondi – riconosce proprio a SIAE il diritto di esigere il pagamento di un compenso – in realtà ben poco equo – in maniera del tutto indiscriminata rispetto alle ipotesi di utilizzo dei supporti e dispositivi, aveva avvertito l’esigenza di diffondere un comunicato stampa nel quale rivendicava la “piena legittimità” del proprio operato e, più in generale della disciplina italiana sulla materia e richiamava l’attenzione degli operatori sull’importanza di pagare l’equo compenso.

Nel corso del procedimento dinanzi al Giurì, la difesa di SIAE ha aggiustato il tiro e sostenuto che il contenuto del proprio comunicato non avrebbe dovuto esse considerato ingannevole e non veritiero in quanto si sarebbe trattato solo di un’opinione rispetto ad una Sentenza.

Inappuntabile la risposta del Giurì alla SIAE: “se come afferma SIAE l’interpretazione di una legge o di una Sentenza non si prestano ad essere giudicati in termini di verità o falsità, questo stesso assioma trasposto sul piano delle regole autodisciplinari va convertito nel principio secondo cui le opinioni non si prestano ad essere presentate in termini di verità oggettive e di fatti accertati“.

Come dire, fuor di giuridichese, che SIAE è naturalmente libera di pensare ciò che vuole della legittimità o illegittimità della disciplina italiana in materia di equo compenso e interpretare a suo piacimento la – pur inequivocabile – decisione della corte di Giustizia ma non può legittimamente mistificare la realtá e presentare le proprie opinioni di comodo come se si trattasse di verità assolute cui imprenditori ed addetti ai lavori dovrebbero ispirare la propria attività.

SIAE, con il comunicato stampa in oggetto, ha, dunque, artificiosamente provato ad ingannare i soggetti tenuti al pagamento dell’equo compenso, inducendoli a ritenere, che la decisione della corte di giustizia avesse confermato la legittimità della disciplina italiana e delle prassi applicative da essa attuate.

La verità è in realtà ben diversa.

Al contrario di quanto previsto dalla disciplina italiana e di quanto sta accedendo nel nostro Paese, secondo la Corte di Giustizia, il pagamento dell’equo compenso non dovrebbe poter essere preteso laddove – come nelle vendite in ambito business – non appaia neppure probabile un utilizzo del supporto o del dispositivo per l’esecuzione di una copia privata.

SIAE in contrasto con i canoni di una comunicazione trasparente e corretta” – scrivono i giudici del Giurì di autodisciplina – “ha elaborato un annuncio imperniato in parte rilevante su opinioni soggettive e caratterizzato da un’apparenza artificiosa di imparzialità“.

SIAE ha provato ad imbrogliare la propria “clientela“.

Il tenore letterale della decisione del Giuri è inequivocabile: chissà se anche in questo caso SIAE avvertirà l’esigenza di reinterpretarlo a proprio uso e consumo.

Dispiace dover constatare che anche soggetti cui l’ordinamento affida compiti di grande responsabilità come la SIAE, utilizzino modi e forme di grave mistificazione della realtà pur di raggiungere i propri obiettivi e difendere il proprio portafogli.

Redazione

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