Imbrattare cartelli stradali? Per la Cassazione non è più reato

Letizia Pieri 04/06/13
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Imbrattare cartelli stradali? No, non è reato. A tenere la linea morbida è stata proprio la Corte di Cassazione, interrogata sulla questione in seguito ad un ricorso presentato da un writer di Massa. Il ragazzo, reo di aver arrecato danneggiamenti che avevano “reso inutilizzabili i cartelli, tanto da determinarne la sostituzione“, nel luglio 2011 è stato condannato dalla Corte d’Appello di Genova a sei mesi di reclusione. Il ribaltamento della Cassazione, rivedendo la sentenza, ha dichiarato, in rimando a quanto già stabilito dal Codice della Strada, che “la disposizione di cui all’art. 15 Cds (che persegue con una sanzione amministrativa il danneggiamento o l’imbrattamento della segnaletica stradale) riveste natura di norma speciale rispetto alla disposizione di cui all’art. 635 c.p. relativa ad una specifica categoria di beni, sicché la relativa condotta costituisce illecito amministrativo”.

Al giovane writer è stata così scontata la reclusione a vantaggio del pagamento di un’ammenda pari a 6mila euro: la condotta contestata dunque arriva a configurare non più reato, bensì ‘semplice’ illecito amministrativo. L’orientamento morbido promosso dalla Suprema Corte costituisce “un piccolo passo in avanti e una grande soddisfazione” per tutte le quelle ‘anime creative’ che, con azzardo, fanno della segnaletica stradale una tela bianca su cui esibire la propria arte. A fare da portavoce di questo popolo di street artists, è intervenuto il visionario artista francese, trapiantato a Firenze, che porta la firma di Clet. E’ con pacato compiacimento, infatti, che il writer d’oltralpe, famoso per i messaggi di denuncia con cui ha rivisitato in chiave romantica la segnaletica stradale, giudica la decisione della Cassazione.

Trovo offensivo usare il termine ‘imbrattamento’ quando si tratta di arte e libertà di espressione” ha spiegato l’artista. A Pistoia, ha proseguito Clet, “è in corso un processo per aver modificato i cartelli, mentre Siena è stata teatro di una singolare querelle: la notte modificavo i cartelli che il Comune, all’indomani, sostituiva. Sempre a Pistoia mi hanno fatto una multa, che non pagherò: ma la cosa che mi dà più fastidio è  che il giudice mi abbia definito imbrattatore”. Al di là delle polemiche che ancora oggi continuano a bollare i vari profili della street art, i cartelli stradali ‘ritoccati’ dalla mano creativa di Clet sono tenuti in costante ‘esposizione’ nelle strade di Firenze, Milano, Roma, ma anche nelle piazze di Parigi, Londra e Barcellona.  Oggi il ricorso in Cassazione, -ha ribadito Clet- nel quale la Corte dà ragione al writer, annullando la “sentenza impugnata perché il fatto non è previsto come reato”, ma “costituisce illecito amministrativo” , mi regala nuovi impulsi”.

Interrogato poi sui reali obiettivi che porta avanti chi sfrutta la strada come principale mezzo espositivo, l’eclettico artista risponde: “Il primo? Far capire che occorre prendere il potere meno sul serio, magari dimostrando che i cartelli stradali non sono un tabù: l’autorità è relativa e non assoluta. I miei sono messaggi di libertà”. Da non tralasciare infine la portata simbolica e valoriale dell’opera realizzata. In tal senso la ‘linea morbida’ promossa dalla Cassazione sembra aver poco a che fare con la valenza intrinseca all’arte di strada, pur tuttavia, ha ammesso Clet aiuta chi, come me, sviluppa veri e propri progetti per modificare la segnaletica”. L’alfabeto immaginifico di questi wrtiters sembra non conoscere limiti: un cartello di strada senza uscita assume la forma di un Cristo crocifisso, un divieto di accesso diventa  la sagoma di un “poliziotto innamorato” e la faccina infastidita che fa la linguaccia nasconde tra le righe la segnalazione di una strada dissestata. Lo scenario urbano assume così toni ironici, indiscutibilmente suggestivi. Occhio, però, a non distrarsi troppo dalle ‘opere d’arte’ che puntellano le vie, rimangono pur sempre dei cartelli stradali…

 

Letizia Pieri

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