“Uno dei peggiori difetti che spesso mostriamo, quando subiamo un guaio per colpa nostra, è di cercare scuse per il passato anzichè rimedi per il futuro. Così si perde tempo e i rimedi arrivano tardi
J.F.P. De Gondi, cardinale di Retz
Sono convinto che anche un piccolo libro può contenere importanti informazioni. Ragionando sulla stesura di questo articolo ho ripreso in mano un’agile pubblicazione di Luciano Vandelli “Il Governo Locale” con l’importante annotazione “il luogo più vicino dove far sentire la nostra voce“. In tempi di crisi aumenta l’esigenza di far sentire la nostra voce e aumenta di conseguenza l’azione del comune. Mentre si scrive non può sfuggire il pensiero al terremoto in Emilia che sta devastando persone, paesi e cose. Una distruzione triste che deve però far pensare al momento della ricostruzione. Con l’uso oculato delle risorse. Al momento in cui tutto torna normale. Nei momenti critici l’ente più vicino svolge una funzione importante. Assiste il cittadino. Ecco il termine assistenza spesso ha un’accezione negativa ed è spesso abbinato al concetto di disagio. Poco importa se esso è temporaneo o di lungo corso. Assistenza significa snellire, semplificare la vita spesso già complicata di per se. C’è sempre un bisogno di comunità. Anche quando non sembra. Anche nelle città dormitorio svuotate di giorno, popolate di notte sebbene spente e senza rapporti umani. Il comune ha questo compito: far sentire, comunque, una comunità. Un senso di appartenenza per chi ha scelto di vivere in una particolare porzione del territorio e non in un altro. In altre parole di identità. Come ci ricorda Zygmunt Bauman, «la parola comunità emana una sensazione piacevole, dà sempre l’idea di qualcosa di buono (…) È un luogo ‘caldo’, un posto intimo e confortevole (…) Nessuno dei suoi membri è estraneo».
E allora come coniugare erogazione dei servizi, qualità degli stessi in tempi in cui le risorse sono di gran lunga ridotte o peggio ancora malgestite? Nella nuova epoca della spending review come è possibile crescere e qualificare un territorio? E’ chiaro dunque che non è più tempo di sprechi anche se in realtà non avrebbe mai dovuto esserlo. Sono sotto gli occhi di tutti decenni di miopia gestionale o se vogliamo di cattivo governo nelle poco allegoriche visioni di novelli Lorenzetti; occhi che hanno visto da spettatori uscite di bilancio spesso pittoresche per alimentare sistemi connotati da atti e comportamenti dannosi per la comunità e vantaggiosi per altri preoccupati di raggiungere il loro particulare privi di lungimiranza politica ma soprattutto privi di visione amministrativa. Senza scendere nei particolari, già passati al microscopio dei giornalisti “castisti”, non è forse ora di rinunciare a qualche sagra e coprire qualche buca? L’esempio a mio avviso calza a pennello. Ci sono sagre di pesce in paesi montani e buche che non si coprono e che sono fonte di richiesta di danni…con conseguente esborso di denaro pubblico. E’ nella distinzione tra fare politica ed amministrare che c’è tutto il nucleo di questa breve disamina; la scarsa (o scaltra) preparazione delle classi dirigenti e un tiepido senso del comune nei cittadini hanno prodotto una frattura scomposta, una scontentezza generale spesso espressa con frasi vuote e poca tendenza ad occuparsi della propria comunità, anche solo per esserne dei controllori a pieno diritto.
Per evitare l’eclissi del comune è però necessario un rinvigorimento di questa istituzione. Può l’Ente più vicino al cittadino allontanarsi da esso? La debolezza di un comune genera mostri. Apre squarci nel tessuto sociale. Un comune che non funziona danneggia un territorio, alimenta tensioni e insicurezze.
Possono ben valere e adattarsi anche in questo contesto le folgoranti parole di Vittorio Emanuele Orlando riferite all’apparato statale “in nessuna epoca, come nella presente, lo Stato ha avuto nei suoi cittadini altrettanti creditori e così molesti, cosi arroganti e inesorabili“.
In questo quadro, la crisi può diventare l’occasione per tagliare i rami secchi. Ma occorre attenzione a come tagliare. Occorre vedere DOVE tagliare, per distinguere i comuni virtuosi da quelli viziati e liberare risorse da investire nelle cose che servono. Davvero. E non solo in tempo di crisi.
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