Concessioni demaniali, dubbi di legittimità sul rinnovo senza gara

Michele Nico 25/11/14
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La normativa nazionale che consente la proroga delle concessioni demaniali in scadenza per un lungo periodo non è ragionevole, e appare suscettibile di violare i principi del diritto comunitario in materia di libertà di stabilimento, di non discriminazione e di tutela della concorrenza, in quanto determina una situazione di sostanziale monopolio e di ingiustificato privilegio per i beneficiari delle concessioni stesse.

Il TAR Lombardia, sez. IV, con sentenza 26 settembre 2014, n. 2401, solleva al riguardo una questione pregiudiziale dinanzi alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, subordinando l’esito del contenzioso al responso che il giudice comunitario vorrà fornire in ordine alla legittimità o no dell’art. 1, comma 18, del DL 30 dicembre 2009, n. 194, convertito in legge n. 25 del 26 febbraio 2010.

Secondo tale disposto – recentemente novellato dall’art. 34-duodecies del DL 18 ottobre 2012, n. 179, convertito in legge 221/2012 – “nelle more del procedimento di revisione del quadro normativo in materia di rilascio delle concessioni di beni demaniali marittimi lacuali e fluviali con finalità turistico-ricreative, ad uso pesca, acquacoltura ed attività produttive ad essa connesse, e sportive, nonché quelli destinati a porti turistici, approdi e punti di ormeggio dedicati alla nautica da diporto (…) il termine di durata delle concessioni (…) in scadenza entro il 31 dicembre 2015 è prorogato fino al 31 dicembre 2020…”.

Tale proroga di durata pluriennale sancita ex lege per le concessioni demaniali è addotta in giudizio, per l’appunto, da una società che ricorre al TAR Lombardia per contestare il provvedimento con cui un Consorzio di Comuni nega il rinnovo della concessione a uso chiosco, bar, veranda, bagni, banchina e pontile, compresa nel demanio del Lago di Garda, sulla sponda bresciana.

La medesima società impugna, nel contempo, la delibera della Giunta regionale lombarda nella parte in cui prevede che le concessioni demaniali possono essere rilasciate soltanto “a seguito di apposita procedura di selezione comparativa ispirata ai principi di libera circolazione dei servizi”, senza prevedere alcun regime transitorio o adeguate forme di tutela degli intestatari di concessioni demaniali anteriori alla entrata in vigore della delibera medesima.

Sulla base di tale presupposto, infatti, il Consorzio respinge l’istanza di rinnovo, sostenendo che la nuova concessione non può essere ottenuta sulla base di una mera domanda di rinnovo, ma solo nel rispetto dei principi di imparzialità, di libera concorrenza, di trasparenza, ossia mediante l’aggiudicazione della concessione all’esito di una procedura a evidenza pubblica basata sul principio di massima partecipazione.

Analizzando con cura la vicenda descritta, il Tribunale illustra i caratteri dell’istituto giuridico della concessione e dedica ampio spazio alla disciplina che, secondo la giurisprudenza nazionale e comunitaria, deve applicarsi alla fattispecie in questione.

Ad avviso del collegio, il rapporto intercorrente tra la società interessata e il Consorzio di cui trattasi ha indubbiamente natura concessoria, dacché:

a)       la gestione si riferisce a un’attività economica che l’Amministrazione ritiene coerente con la funzione pubblicistica del bene;

b)       la gestione si remunera sfruttando il bene demaniale a fini economici;

c)        il rischio d’impresa permane in capo al soggetto gestore, che risulta obbligato a versare un canone periodico all’Ente proprietario del bene.

Ora, la giurisprudenza ha da tempo chiarito che i principi del diritto comunitario posti a garanzia del buon funzionamento del mercato unico sono di applicazione generale, e devono perciò essere osservati in relazione a qualsiasi tipologia contrattuale che possa destare l’interesse concorrenziale degli operatori economici, anche se diversa dagli appalti di lavori, servizi e forniture, disciplinati da specifiche direttive comunitarie.

Ne deriva che i principi di libertà di stabilimento, di libertà di prestazione dei servizi, di parità di trattamento, di divieto di discriminazione in base alla nazionalità, di trasparenza e non discriminazione trovano piena e diretta applicazione anche nell’ambito della concessione dei beni demaniali.

Ciò significa, in altre parole, che in base al principio della trasparenza le Amministrazioni concedenti debbono rendere conoscibile, con appropriati mezzi di pubblicità, l’intendimento di assegnare una concessione demaniale, con l’avvertenza che “le forme di pubblicità utilizzate dovranno contenere le informazioni necessarie affinché potenziali concessionari siano in grado di valutare il loro interesse a partecipare alla procedura, come l’indicazione dei criteri di selezione ed attribuzione, l’oggetto della concessione e delle prestazioni attese dal concessionario”.

Di conseguenza, per il TAR risulta “evidente che l’individuazione del concessionario di un bene demaniale di rilevanza economica, come nel caso di specie, soggiace ai principi comunitari, sicché deve essere effettuata all’esito di una procedura ad evidenza pubblica, che garantisca l’apertura al mercato e il confronto competitivo tra gli operatori del settore”.

Parimenti, con riferimento ai rinnovi e alle proroghe automatiche di contratti in concessione relativi al trasporto pubblico locale, la medesima Corte ha reiteratamente affermato che non è consentito al legislatore regionale disciplinare il rinnovo o la proroga automatica delle concessioni alla loro scadenza – in contrasto con i principi di temporaneità e di apertura alla concorrenza – poiché, in tal modo, dettando vincoli all’entrata nel mercato, verrebbe ad alterare il corretto svolgimento della concorrenza nel settore del trasporto pubblico locale, determinando una disparità di trattamento tra operatori economici (Corte Costituzionale, sentenza 11 aprile 2011, n. 123).

Conclude perciò il Tribunale che una siffatta proroga “sottrae, in modo reiterato, l’assegnazione in concessione del bene demaniale al confronto competitivo tra gli operatori, in palese violazione del principio di tutela della concorrenza”, mentre d’altra parte “la disciplina in esame non può essere giustificata dal principio di adeguatezza e proporzionalità, in relazione all’esigenza di preservare l’equilibrio finanziario del concessionario”, per il fatto di incidere in modo indifferenziato su una pluralità di rapporti concessori tra loro diversi, senza giustificare il disposto con indicazioni adeguate e concrete.

Di qui il profilo di un’asserita incompatibilità comunitaria dell’art. 1, comma 18, del DL 194/2009, rispetto al quale la Corte di Giustizia europea è ora chiamata a esprimersi.

Michele Nico

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