Ancora guai per la RAI e per il TG1, “hanno violato i diritti dei minori”

Redazione 10/03/11
Il Consiglio di Stato, con sentenza della sua sezione terza, depositata il 2 marzo, ha respinto definitivamente il ricorso proposto da Rai – Radiotelevisione Italiana S.p.A. contro una sanzione amministrativa irrogata dall’Autorita’ per le Garanzie nelle Comunicazioni, per violazione dei diritti dei minori.

Questi i fatti.

Nel contesto della scoperta di una associazione criminosa nel settore della pedofilia e della pedonecrofilia, erano state trasmesse dal TG1 delle ore 20 immagini di contenuto pornografico di bambini tratte da siti internet, ritenute lesive e nocive dello sviluppo psichico o morale dei minori.

L’AGCom aveva ravvisato nel servizio gli estremi della violazione dell’articolo 15, comma 10, della legge 6 agosto 1990, n. 223, secondo cui: “è comunque vietata la trasmissione di programmi che possono nuocere allo sviluppo psichico o morale dei minori, che contengano scene di violenza gratuita o pornografiche”, e quindi aveva sanzionato la RAI, ritenendo prevalente, nella comparazione dei valori, dei diritti e degli interessi coinvolti nel caso di specie, la tutela della dignità della persona umana e quindi dei minori

Secondo la difesa dalla RAI, le immagini trasmesse “non potevano qualificarsi ‘pornografiche’ o di ‘violenza gratuita’, soddisfacendo invece, nel contesto del diritto all’informazione e quindi di specifica ‘funzione di interesse pubblico’, a un’esigenza di un’efficace opera di prevenzione nel sensibilizzare genitori e pubblica opinione sul tema e quindi a un dovere professionale. Per di più le immagini, fornite da uffici giudiziari e da organi di polizia postale, erano state opportunamente selezionate e sfocate”

La sentenza (ne riportiamo di seguito i passi salienti)

“L’edizione delle ore 20 del telegiornale di RAI 1, ha trasmesso un servizio di circa 5 minuti relativo alla scoperta di un’associazione criminale, operante all’estero e in Italia nel settore della pedofilia, corredato da immagini e fotografie, tratte anche da siti internet, raffiguranti minori adolescenti nudi o in pose e atteggiamenti, esplicitamente e implicitamente, ricollegabili alla consumazione di atti o a comportamenti di carattere sessuale ed anche con connotazioni di violenza. Il servizio era accompagnato altresì da informazioni e commenti invero espliciti.

In effetti non si pongono in dubbio il diritto alla cronaca e all’informazione, costituzionalmente garantito … bensì il carattere “pornografico” o “violento” delle scene trasmesse nei riflessi dello “sviluppo psichico o morale dei minori” ed è incontestabile che la “tutela dei minori” si erge a principio e valore assolutamente prevalente rispetto ad altri, altrettanto garantiti, ma nella fattispecie recessivi.

La tutela dei minori, come emerge con evidenza, ha assunto infatti nel tempo sempre maggiore rilievo e valenza, con una crescente attenzione e sensibilizzazione da parte e nei confronti della pubblica opinione in tutte le sedi, politiche, istituzionali, culturali, sociali ed anche da parte degli organi di informazione, specie con l’affermazione e la generale e crescente diffusione dei mezzi di comunicazione elettronica e digitale di massa e quindi della cd.”Rete”, fino a essere formalmente sancita e ribadita sul piano normativo.

La stessa Carta Costituzionale, all’articolo 31, comma 2, ha previsto che “ la Repubblica…protegge l’infanzia” riconoscendo a detta tutela il rango costituzionale, che ha poi registrato autorevoli conferme, come nella convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza approvata dall’Assemblea generali delle Nazioni Unite il 20 novembre 1989, ratificata dall’Italia con legge 27 maggio 1991 n. 176, di poco successiva alla citata legge n. 223 del 1990.

L’Autorità richiama anche il Codice di autoregolamentazione relativo ai rapporti fra TV e minori, stipulato tra vari operatori del settore radiotelevisivo (fra i quali la RAI), nonché la Carta RAI dell’informazione e della programmazione a garanzia degli utenti e degli operatori del servizio pubblico del dicembre 1995, che impegnano appunto a non trasmettere, anche nei telegiornali o nei programmi di informazione della fascia oraria 7-22:30, immagini del tenore in discussione.

Pure il contratto di servizio tra il Ministero delle Comunicazioni e la RAI … volto a definire ruoli, contesti e missioni del servizio pubblico radiotelevisivo, contiene disposizioni a favore e a tutela dei bambini e dei giovani, e, in particolare si legge che “…la concessionaria dovrà dedicare particolare attenzione critica ai messaggi di violenza veicolati direttamente ed indirettamente dal mezzo radiotelevisivo ed alla loro influenza sulle fasce deboli e sui minori. La concessionaria si impegna, altresì, ad un controllo qualitativo e preventivo sul contenuto, i tempi e le modalità di trasmissione dei messaggi pubblicitari affinché questi rispondano a criteri di responsabilità e rispetto della dignità dei bambini e personalità”.

Dette notizie ed immagini, d’altronde, anche ad una visione diretta, risultano oggettivamente di carattere pornografico e violento, tale da turbare di certo, anche per l’orario di trasmissione e per l’assenza di specifici e mirati preavvisi del servizio nonché di particolari e dedicate cautele, la sensibilità e l’attenzione di minori, con pregiudizievoli riflessi sul loro sviluppo psichico e morale, e financo di adulti, soggetti a sentimenti anche di disgusto e di disapprovazione.

Il servizio è infatti caratterizzato da un linguaggio particolarmente realistico, crudo ed esplicito nonché da immagini e scene, sia pure per lo più sfocate ma altrettanto chiare e comprensibili per quanto riguarda atteggiamenti, orientamenti a comportamenti sessuali, anche diretti, sia di minori che di adulti, con forti messaggi oggettivamente recepibili pure a livello subliminale e tali da alimentare altresì curiosità, morbosità, emozioni e stimoli di vario genere anche contrastanti che richiedono una preventiva adeguata preparazione in relazione alle diverse fasi dell’evoluzione fisica, psichica e morale dei minori.

(…) La messa comunque in onda ha comportato la ‘gratuità’ del servizio e della connessa ‘violenza’, in quanto, come si è visto, non giustificata né giustificabile, ben potendo il diritto di cronaca essere soddisfatto all’occasione con modalità incisivamente e sostanzialmente differenti sul piano qualitativo e quantitativo…” (sentenza 1276/2011, presidente Pier Luigi Lodi, relatore Vittorio Stelo)

Qui il testo integrale della decisione del Consiglio di Stato.

Redazione

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