Rivalutazione pensioni: come funziona e cosa accadrà nel 2020

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Come noto, l’importo delle pensioni sono rivalutate annualmente in base all’indice del prezzo al consumo stimato dall’ISTAT. Che significa? Al crescere dell’inflazione, ossia il prezzo di beni e servizi, l’importo pensionistico aumenta proporzionalmente per garantire un potere d’acquisto uguale rispetto a prima. Questo aumento prende il nome di “rivalutazione pensioni” o “meccanismo di perequazione”. In altre parole, lo Stato tutela tutti quei pensionati che a causa dell’aumento del costo della vita avranno un minore potere d’acquisto.

Tuttavia, per effetto dell’ultima Legge di Bilancio (L. n. 145/2019), che ha introdotto nuovi criteri e modalità di calcolo della rivalutazione annuale delle pensioni per il triennio “2019-2021”, non tutti i pensionati godranno del 100% della rivalutazione. Infatti, a essere coperti interamente dall’inflazione sono solo gli assegni pensionistici il cui importo complessivo sia pari o inferiore a 3 volte il trattamento minimo INPS, che corrisponde a circa 1.522,26 euro. I sindacati (Cgil, Cisl e Uil) non ci stanno e chiedono al governo di inserire nella prossima Legge di Bilancio la rivalutazione piena anche per le pensioni di importo superiore, o comunque di ripristinare il precedente meccanismo di rivalutazione. Al momento le forze politiche di maggioranza non si sono ufficialmente espresse in merito, in quanto nella nota di aggiornamento al Documento di Economia e Finanza (DEF) non vi è traccia alcuna di ulteriori risorse economiche da destinare su tale aspetto. Cosa accadrà quindi nel 2020 in tema di rivalutazione pensioni?

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Rivalutazione pensioni: quale criterio si applica

Come appena accennato, dal 1° gennaio 2019, e fino al 2021, è cambiata la disciplina della perequazione automatica (o indicizzazione) dei trattamenti pensionistici. Infatti, il 31 dicembre 2018 è terminato il vecchio meccanismo di perequazione delle pensioni, suddiviso in cinque scaglioni. Dal 1° gennaio 2019 sarebbe dovuto tornare in scena il sistema di perequazione previsto dalla L. n. 388/2000, tuttavia per effetto dell’intervento operato dalla Legge di Bilancio 2019 (art. 1, co. 260 della L. n. 145/2018), è stato disposto un nuovo meccanismo di rivalutazione delle pensioni, esclusivamente per il triennio 2019-2021.

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Rivalutazione pensioni: il meccanismo di rivalutazione “2019-2021”

L’attuale meccanismo di rivalutazione prevede aliquote decrescenti, relative ai trattamenti pensionistici di importo complessivo fino a 9 volte il trattamento minimo. In particolare, si applica il:

  • 100% per i trattamenti pensionistici il cui importo complessivo sia pari o inferiore a 3 volte il trattamento minimo INPS;
  • 97% per i trattamenti pensionistici il cui importo complessivo sia superiore a 3 volte e pari o inferiore a 4 volte il predetto trattamento minimo;
  • 77% per i trattamenti pensionistici il cui importo complessivo sia superiore a 4 volte e pari o inferiore a 5 volte il trattamento minimo;
  • 52% per i trattamenti pensionistici il cui importo complessivo sia superiore a 5 volte e pari o inferiore a 6 volte il trattamento minimo;
  • 47% per i trattamenti pensionistici il cui importo complessivo sia superiore a 6 volte e pari o inferiore a 8 volte il trattamento minimo;
  • 45% per i trattamenti pensionistici il cui importo complessivo sia superiore a 8 volte e pari o inferiore a 9 volte il trattamento minimo;
  • 40% per i trattamenti di importo complessivo superiore a quest’ultimo limite.

Questo meccanismo, però, penalizza chi ha importi superiori a tre volte il trattamento minimo. In precedenza, ad esempio,

  • per le pensioni di importo compreso fra le 3 e le 5 volte il trattamento minimo INPS, la rivalutazione era del 90%;
  • per le pensioni di importo superiore a 5 volte trattamento minimo INPS, la rivalutazione era del 75%.

Ciò si traduce negativamente sull’importo pensionistico: si tratta di qualche euro per chi è poco al di sopra ai 1.522,26 euro, mentre di una decina di euro per chi è titolare di pensioni elevate. La fascia di pensionati più penalizzata è chi riceve assegni mensili superiori a 2.500 euro lordi, che totalizza l’80% dei risparmi. Il resto è ottenuto sulle pensioni comprese tra 4 e 5 volte il trattamento minimo, sulle quali però il peso è decisamente più basso.

Rivalutazione pensioni: di quanto aumenta nel 2020

Volendo dare dei numeri, considerando che l’indice dei prezzi al consumo è risultato pari all’1,1%, quanto appena descritto significa che per il 2020:

  • fino a 1.522,26 euro, è garantita la rivalutazione piena (1,1%);
  • oltre 1.522,26 euro e fino a 2.029,68 euro, si applica il 97% della rivalutazione (1,067%)
  • oltre 2.029,68 euro e fino a 2.537,10 euro, si applica il 77% della rivalutazione (0,847%);
  • oltre 2.537,10 euro e fino a 3.044,52 euro, si applica il 52% della rivalutazione (0,572%);
  • oltre 3.044,52 euro e fino a 4.059,36 euro, si applica il 47% della rivalutazione (0,517%);
  • oltre 4.059,36 euro e fino a 4.566,78 euro, si applica il 45% della rivalutazione (0,495%);
  • oltre 4.566,78 euro e fino a 4.569,28 euro, si applica il 40% della rivalutazione (0,44%).

Questo meccanismo garantirebbe allo Stato un risparmio di:

  • 253 milioni di euro nel 2019;
  • 742 milioni di euro nel 2020;
  • 1,2 miliardi di euro nel 2021.

Rivalutazione pensioni: la richiesta dei sindacati

Sul punto, la richiesta dei sindacati è naturalmente di ripristinare la rivalutazione meno penalizzante per i pensionati. Il problema sta nelle coperture che attualmente non sono state trovate dal governo, anche perché sono in cantiere altre misure nel capitolo pensioni, quali la proroga dell’opzione donna e Ape sociale, nonché la pensione di garanzia per i giovani.

Staremo a vedere gli ulteriori sviluppi che il nuovo esecutivo giallo-rosso prenderà in merito.

Daniele Bonaddio

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