Nuovo Codice Appalti: ok al Piano Nazionale Anticorruzione 2016. Cosa prevede

Redazione 06/09/16
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di Avv. Maurizio Lucca, Segretario Comunale e Manager di Rete

Delineati i presupposti normativi e i caratteri introduttivi della materia, il nuovo Piano nazionale Anticorruzione 2016, si allinea in sede di approfondimento con i precedenti Piani (PNA), individuando:

  1. una prima “Parte Generale, dove vengono selezionate le modalità di stesura dei Piani (PTPC);
  2. una “Parte speciale” di approfondimento su specifiche materie che coinvolgono diversi soggetti e amministrazioni (“Piccoli Comuni, Città Metropolitane, Ordini e Collegi Professionali, Istituzioni Scolastiche, Tutela e valorizzazione dei Beni Culturali, Governo del Territorio, Sanità”).

La parte generale riprende e amplia i contenuti indispensabili (obbligatori quali: analisi del contesto interno ed esterno, coinvolgimento della struttura e dei cd. stakeholder o portatori di interesse, mappatura dei processi, valutazione del rischio, trattamento del rischio, qualità della programmazione delle misure, coordinamento con gli atti interni e il “Piano della performance”, monitoraggio) per stendere un Piano (PTPC) aderente all’organizzazione della singola amministrazione, segnando (alla luce delle esperienze e consultazioni)[1] il carattere innovativo e integrativo delle attività di indirizzo dell’ANAC, nel rispetto dell’autonomia (anche costituzionalmente garantita) che ogni ente possiede.

L’ANAC, ai fini dell’attuazione del PNA, è dotata di poteri di vigilanza sulla qualità di Piani adottati, che possono comportare l’emissione di raccomandazioni (ovvero, nei casi più gravi l’esercizio del potere di ordine) alle amministrazioni perché svolgano le attività previste dal Piano medesimo, compresi poteri di sanzione nei casi di mancata adozione dei PTPC (o di carenza talmente grave da equivalere alla non adozione).

La Delibera n. 831 del 3 agosto 2016 che ha approvato definitivamente il Piano Nazionale Anticorruzione 2016 (il primo predisposto e adottato dall’ANAC), si compone pertanto di una prima “parte generale”, ripartita in sette paragrafi (con più sezioni) che per un verso, orienta il Responsabile della prevenzione della corruzione (RPC) in fase di aggiornamento del PTPC, dall’altro verso, delinea e chiarisce la disciplina con indicazioni puntuali di misure da adottare, per costituire un valido strumento di supporto a tutti gli operatori che esercitano una funzione di interesse pubblico.

Si osserva subito che gli intenti perseguiti sono anche quelli di semplificazione delle attività, unificando in un solo strumento il PTPC e il “Programma triennale della trasparenza e dell’integrità” (PTTI), prevedendo una possibile articolazione delle attività in rapporto alle caratteristiche organizzative (soprattutto dimensionali) delle amministrazioni: la trasparenza (ex d.lgs. n. 33/2013) sarà una sezione all’interno del piano e costituirà una misura generale, senza costituire una parte esterna al PTPC [2].

Le “misure” si dovranno distinguere in:

  1. oggettive”, che mirano, attraverso soluzioni organizzative, a ridurre ogni spazio possibile all’azione di interessi particolari volti all’improprio condizionamento delle decisioni pubbliche;
  2. soggettive”, che mirano a garantire l’imparzialità del singolo e l’assenza di conflitti di interessi, anche con l’attribuzione diversificate delle istruttorie e/o la stesura congiunta con altri responsabili (questo ove non sia possibile garantire la rotazione).

Il PNA 2016, è stato coordinamento con il PNA 2013, dando però un’impostazione diversa, sia nella parte generale che nella parte speciale con precisi approfondimenti, senza soffermarsi su tutti quelli già trattati in precedenza (l’Aggiornamento 2015 al PNA), ferma – in ogni caso – l’impostazione relativa alla gestione del rischio elaborata nel primo PNA 2013.

Si consigliano i seguenti corsi di formazione:

Il nuovo Piano Nazionale Anticorruzione
L’aggiornamento del Piano Triennale di Prevenzione della Corruzione
(Deliberazione ANAC n. 831 del 3 agosto 2016)

Roma, 29 settembre 2016
Milano, 26 ottobre 2016
Bologna, 7 novembre 2016

La prima “parte generale

La prima “Parte generale” costituisce una base di aggiornamento delle tematiche già affrontate nei precedenti PNA e viene così trattata (sono presenti 7 sezioni):

ORIENTAMENTI INTERNAZIONALI

Vengono analizzate le attività dell’ANAC nella prospettiva internazionale (e negli organismi, quali l’ONU, il G20, l’OCSE, il Consiglio d’Europa e l’Unione europea), con le indicazioni più significative della disciplina in materia di trasparenza, accesso ai dati, lotta alla corruzione, scelta del contraente, concorrenza.

In questa sezione, non mancano indicazioni per valorizzare la trasparenza concepita come il principio fondamentale per ottenere la fiducia pubblica e per assicurare l’accountability delle attività.

ESITI DELLA VALUTAZIONE DEI PTPC 2016-2018

Il documento affronta, come peraltro già visto nell’aggiornamento 2015, gli esiti dell’analisi dei PTPC (un primo campione di 198 amministrazioni pubbliche, e successivamente di 186 amministrazioni), rilevando “un timido miglioramento dei livelli qualitativi dei PTPC, anche se l’analisi effettuata lascia intravedere ampi margini di miglioramento[3].

Le criticità sono state riscontrate in tutte le fasi del processo di gestione del rischio, nella governance generale del sistema e nella previsione, attuazione e monitoraggio delle misure, “confermando una certa difficoltà nell’applicazione della normativa”.

SOGGETTI TENUTI ALL’ADOZIONE DI MISURE DI PREVENZIONE DELLA CORRUZIONE

In questa parte, vengono individuati i soggetti, anche, in base al recentemente intervento del d.lgs. n. 97/2016 che ha introdotto modifiche ed integrazioni, sia al d.lgs. n. 33/2013 (l’art. 2 bis, rubricato “Ambito soggettivo di applicazione”, sostituisce l’art. 11 del d.lgs. n. 33/2013, contestualmente abrogato dall’art. 43), sia alla legge n. 190/2012.

È da annotare che a seguito dell’approvazione del decreto legislativo sulle società a partecipazione pubblica si renderà necessario un approfondimento, annotando che sarebbe comunque plausibili estendere la trasparenza a tutte le società partecipate, indipendentemente dall’esistenza di una situazione di effettivo controllo pubblico o meno (questo con riferimento alle quotate).

ULTERIORI CONTENUTI DEI PTPC ALLA LUCE DELLE RECENTI MODIFICHE NORMATIVE

Si conferma che, oltre ai contenuti evidenziati nel PNA 2013 e nella determinazione n. 12/2015, le recenti modifiche a cura del d.lgs. n. 97/2016 hanno fornito ulteriori indicazioni sul contenuto del PTPC, quale documento con valore programmatico e con obiettivi strategici per il contrasto alla corruzione fissati dall’organo di indirizzo (direttamente chiamato in ordine alla determinazione delle finalità da perseguire per la prevenzione della corruzione).

SOGGETTI INTERNI COINVOLTI NEL PROCESSO DI PREDISPOSIZIONE E ADOZIONE DEL PTPC (individuazione obbligatoria del RASA)

Vengono confermati i precedenti stabiliti nell’Aggiornamento 2015 al PNA, rilevando che la stesura del PTPC non può essere affidata a soggetti estranei all’amministrazione o ente.

In modo specifico, si precisa che nelle Province (stessa sorte nelle Città Metropolitane) l’adozione del PTPC debba, di norma, prevedere un doppio passaggio: l’approvazione da parte del Consiglio provinciale di un documento di carattere generale sul contenuto del PTPC e l’adozione da parte del Presidente, fatta salva una diversa previsione statutaria.

Si precisa che la persona individuata come “gestore” delle segnalazioni di operazioni sospette (antiriciclaggio) può coincidere con il Responsabile della prevenzione della corruzione, salvo la presenza di un soggetto eventualmente provvisto di idonee competenze e risorse organizzative, garantendo, in tale ipotesi, meccanismi di coordinamento tra RPC e soggetto “gestore”.

Si chiarisce, a seguito delle novelle normative, che il Responsabile della prevenzione della corruzione e anche responsabile della trasparenza (RPCT): un unico soggetto (tale dato è da comunicare all’ANAC, utilizzando il modulo pubblicato sul sito istituzionale dell’Autorità).

È necessario, anche se di difficile attuazione, rafforzare il ruolo del RPCT con modifiche organizzative necessarie per assicurare funzioni e poteri idonei per lo svolgimento dell’incarico con piena autonomia ed effettività; corollario è la previsione di doveri di segnalazione all’ANAC di eventuali misure discriminatorie dirette o indirette (mobbing)[4] nei confronti del RPCT, comunque collegate allo svolgimento delle sue funzioni.

In tal caso, l’ANAC può richiedere informazioni all’organo politico e intervenire con i poteri di cui all’art. 15, comma 3 del decreto legislativo 8 aprile 2013, n. 39 “Disposizioni in materia di inconferibilità e incompatibilità di incarichi presso le pubbliche amministrazioni e presso gli enti privati in controllo pubblico, a norma dell’articolo 1, commi 49 e 50, della legge 6 novembre 2012, n. 190[5].

Va segnalato che, al fine di assicurare l’effettivo inserimento dei dati nell’Anagrafe unica delle stazioni appaltanti (AUSA) [6], il RPCT è tenuto a sollecitare l’individuazione del soggetto preposto all’iscrizione e all’aggiornamento dei dati e a indicarne il nome all’interno del PTPC.

L’individuazione del RASA è intesa come misura organizzativa di trasparenza, in funzione di prevenzione della corruzione, con la precisazione che, in caso di mancata nomina, l’ANAC si riserva di esercitare il “potere di ordine” nei confronti dell’organo amministrativo di vertice.

I compiti degli Organismi e/o Nuclei valutazione (OIV o NV) dovranno essere coordinati con quelli del RPCT in senso collaborativo: detti organismi devono verificare la coerenza dei PTPC con gli obiettivi stabiliti nei documenti di programmazione strategico – gestionale e con gli obiettivi di performance.

Tali organismi, per assolvere alle loro funzioni, possono richiedere al RPCT le informazioni necessarie e effettuare audizioni dei dipendenti, con il nuovo compito di riferire all’ANAC sullo stato di attuazione delle misure di prevenzione della corruzione e di trasparenza.

 

[1] La consultazione pubblica è avvenuta nel periodo dal 20 maggio 2016 al 9 giugno 2016. Sono pervenuti complessivamente 48 contributi da parte di regioni, enti locali, enti del servizio sanitario nazionale, enti pubblici, società, ordini professionali, associazioni, dipendenti pubblici, soggetti privati; sono stati coinvolti 52 soggetti istituzionali nazionali e internazionali, attraverso scambi di note. Lo schema del PNA è stato, anche, oggetto di una specifica sessione di approfondimento nel corso della “Seconda giornata nazionale dei RPC”, svolta a Roma, il 24 maggio 2016.

[2] Viene confermato il “Comunicato del Presidente” ANAC del 18 febbraio 2015, ove si chiarisce che il PTPC una volta adottato non va trasmesso all’ANAC ma va pubblicato esclusivamente sul sito istituzionale dell’amministrazione, società o ente, nella sezione “Amministrazione trasparente”, sottosezione “Altri contenuti – corruzione”. Più puntualmente si afferma che, in attesa della predisposizione di un’apposita piattaforma informatica, l’adempimento si intende assolto con la pubblicazione del PTPC sul sito istituzionale, sezione “Amministrazione trasparente/Altri contenuti Corruzione”: i PTPC e le loro modifiche o aggiornamenti devono rimanere pubblicati sul sito unitamente a quelli degli anni precedenti.

[3] Si legge nella “Relazione annuale” del Presidente dell’ANAC, Roma, Senato della Repubblica, 14 luglio 2016, che i risultati non sono incoraggianti, dimostrando “come il primo PNA del 2013 sia rimasto sostanzialmente “un pezzo di carta”. Se da un lato, infatti, per oltre il 96% dei casi esaminati risulta adottato almeno un Piano (tanto che nel 2015 le sanzioni amministrative previste per la sua mancata adozione sono state solo 10), la qualità degli stessi appare modesta: l’analisi del contesto esterno è assente per oltre l’84% dei casi, la mappatura dei processi delle aree a rischio obbligatorie è di scarsa qualità e analiticità in circa 3/4 dei casi, mentre le misure di trattamento del rischio sono adeguate solo in 4 casi su 10. Queste criticità sono confermate anche dall’attività di vigilanza: nel corso del 2015, sono stati aperti ben 929 procedimenti istruttori, alcuni relativi ad importanti amministrazioni come Roma Capitale e il Ministero dello sviluppo economico. L’attuazione insoddisfacente del PNA è riconducibile a diversi fattori: in primis, le difficoltà organizzative delle amministrazioni, complice la scarsità delle risorse finanziarie, ma anche un diffuso atteggiamento di mero adempimento formale, limitato ad evitare le responsabilità in caso di mancata adozione del Piano. A ciò si aggiunge il problema, sempre più evidente, dell’isolamento del Responsabile della prevenzione della corruzione (RPC) nella formazione e nell’attuazione del Piano, a fronte del sostanziale disinteresse degli organi di indirizzo politico, che il più delle volte si limitano a ratificare il suo operato, approvando il Piano senza alcun approfondimento o supporto reale all’attività”.

[4] Ai fini della configurabilità del mobbing lavorativo devono ricorrere: a) una serie di comportamenti di carattere persecutorio – illeciti o anche leciti se considerati singolarmente – che, con intento vessatorio, siano posti in essere contro la vittima in modo miratamente sistematico e prolungato nel tempo, direttamente da parte del datore di lavoro o di un suo preposto o anche da parte di altri dipendenti, sottoposti al potere direttivo dei primi; b) l’evento lesivo della salute, della personalità o della dignità del dipendente; c) il nesso eziologico tra le descritte condotte e il pregiudizio subito dalla vittima nella propria integrità psicofisica e/o nella propria dignità; d) l’elemento soggettivo, cioè l’intento persecutorio unificante di tutti i comportamenti lesivi, Cass., sez. I, 6 agosto2014, n. 17698. Le condotte vessatorie producono danno erariale, Corte Conti, sez. giur. Sardegna, 26 luglio 2016, n. 174.

[5] È da annotare che l’Autorità verifica le condizioni di esercizio della funzione del RPCT, e nel caso di revoca, non provvede a valutare la legittimità o meno del provvedimento di revoca, in relazione ad eventuale modifiche apportate all’assetto organizzativo o per le prestazioni rese, ma si limita a verificare se la revoca sia correlata alle attività svolte dal RPCT in materia di prevenzione della corruzione;, ovvero, accerta il nesso di causalità, a seguito istruttoria, ANAC, Delibere n. 669 del 21 giugno 2016 e n. 460 del 20 aprile 2016.

[6] Istituita ai sensi dell’art. 33 ter del decreto legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221. Cfr. Comunicati del Presidente AVCP del 16 maggio e del 28 ottobre 2013.

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