Tutte le novità per Regioni e Comuni nel ddl Delrio: non solo Province

Redazione 29/07/13
Scarica PDF Stampa
Ddl Delrio: non ci sono solo le province, ma anche Regioni e Comuni. Inizia così la rivoluzione negli enti locali, dopo i tanti stop and go subiti dalle riforme degli ultimi anni, su tutte l’abolizione delle Province, bloccata dalla  Consulta e ora rilanciata con forza dal governo Letta.

Se nel provvedimento che porta il nome dell’ex presidente Anci, ora Ministro per gli Affari Regionali, l’eliminazione delle Province dalle cartine geografiche dello stivale è un punto imprescindibile, il ddl cerca di fare luce su alcuni dei punti rimasti oscuri negli scorsi tentativi andati a vuoto.

Così, oltre all’abolizione degli enti provinciali, ormai sancito di diritto, trovano spazio anche alcune delle distribuzioni di competenze che dovrebbero riversarsi sugli altri due livelli di governo locale, naturalmente amministrazioni regionali e municipi.

In linea generale, viene stabilito che ad accollarsi le funzioni delle Province saranno sempre i Comuni, a meno che le Regioni, in quelle materie dove possiedono competenza esclusiva, non decidano di sopraggiungere e assumere determinate responsabilità.

Naturalmente, sulle spalle dei Comuni, non si troverà a gravare soltanto il nuovo carico di funzioni da gestire e servizi da erogare, ma, specifica il ddl, assieme a questi nuovi compiti verranno assegnate anche le necessarie risorse per adempiere ai nuovi doveri istituzionali seguenti allo scioglimento delle province. Tutto questo, secondo la road map di Delrio, dovrebbe avvenire entro il 31 marzo 2014 per mezzo di un apposito decreto di attuazione.

In ogni caso, saranno sempre le contabilità provinciali a occuparsi della riscossione dei tributi locali, in attesa di un restyling ancora tutto da inventare della tassazione locale e regionale.

Resta la possibilità, per i Comuni più piccoli, sotto i 5mila abitanti fuori dalle aree di montagna di svolgere le funzione in forma associata, anche se resta la possibilità contigua di dare vita a vere e proprie convenzioni – che restano una forma più morbida di associazione, diversa dalle unioni che comunque devono raggiungere il minimo di 10mila abitanti minimi – purché non vadano al di sotto dei 5 anni, rispetto ai 3 attualmente imposti come soglia minima. Alla fine del periodo di convenzione, sarà impossibile per i Comuni riassumere le funzioni delegate: la strada sarà dunque quella di entrare in una unione o di costituirne una ex novo con le controparti partecipanti alla convenzione.

Nel caso di formazione di una nuova unione, le giunte vengono azzerate e si forma un comitato di sindaci, tutti i primi cittadini delle municipalità che convergono nel patto, che formeranno un Consiglio insieme a due eletti del proprio Comune, di cui uno a rappresentanza degli schieramenti di minoranza.

Infine, le fusioni tra Comuni: restano in vigore eventuali differenze contabili tra ciascun ente consociato, ma l’obiettivo deve essere quello di far convergere entro il termine del primo mandato gli indici di riscossione.

Vai al testo commentato

Redazione

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento