Napolitano-Mancino, la telefonata che non si deve sapere: nastri distrutti

Redazione 23/04/13
Scarica PDF Stampa
Come in un thriller politico ben riuscito, ieri, nel giorno dell’insediamento di Giorgio Napolitano, al secondo mandato come presidente della Repubblica, sono state distrutte le intercettazioni del Capo dello Stato con Nicola Mancino, emerse nell’ambito dell’inchiesta sulla presunta trattativa Stato-mafia.

E la coincidenza è ancora più sorprendente se si calcola che proprio giovedì scorso, nel giorno in cui sono iniziate le votazioni alla Camera per l’elezione del presidente della Repubblica, la Cassazione ha ordinato la scomparsa definitiva delle conversazioni che coinvolgono l’ex ministro dell’Interno e il Capo dello Stato.

Così, si è arrivati alla distruzione effettiva di ieri, giorno in cui, cioè le motivazioni della sentenza emanata dalla Suprema Corte sono state depositate con valenza immediata. In contemporanea, a Montecitorio, si svolgeva la seduta comune per il secondo giuramento di Giorgio Napolitano, fatto mai avvenuto nella pluridecennale storia della Repubblica.

Alle spalle della vicenda, più che l’elezione del Capo dello Stato, come noto, si trova il conflitto di attribuzione sollevato proprio da Napolitano nei confronti della procura di Palermo, questione emerse la scorsa estate che ha, dunque, conosciuto la sua conclusione proprio nelle ore decisive per la rielezione al Colle del vecchio presidente.

Secondo la Cassazione, le intercettazioni – il cui contenuto non è mai stato svelato nei particolari, ma che sono state dichiarate irrilevanti ai fini dell’inchiesta – rappresenterebbero un “vulnus costituzionalmente rilevante” nei confronti dell’assoluta riservatezza di cui dovrebbero godere le comunicazioni del Quirinale.

Insomma, l‘unico autorizzato all’ascolto, a parere della Cassazione, dovrebbe essere il giudice competente, al fine di accertare materialmente la voce del presidente della Repubblica, aspetto che ne garantirebbe la legittimità della cancellazione, secondo quanto disposto da piazza Cavour.

Come noto, la Corte costituzionale aveva dato ragione a Napolitano, riconoscendo il conflitto di attribuzione sollevato. Ieri, quindi, si è svolta l’ultima puntata della vicenda che ha imbarazzato il Colle per alcune settimane, favorita dalla richiesta dell’imputato Massimo Ciancimino di ascoltare i nastri incriminati. Un desiderio che è formalizzato nel ricorso presentato in Cassazione, dove però ha incontrato il niet dei giudici, i quali hanno ribadito come divulgarne i contenuti avrebbe provocato la conseguenza di “aggravare gli effetti lesivi”. 

Così, la vicenda che forse più di ogni altra ha macchiato il primo settennato di Napolitano è definitivamente cancellata, come i contenuti di quelle misteriose intercettazioni che resteranno per sempre segreti.

Redazione

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento