Quando la pausa caffè diventa indecorosa. La sentenza del Tar Trento

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Nel Trentino Alto Adige la sezione di Trento del Tribunale Amministrativo Regionale ha inaugurato l’anno solare con una sentenza che sta facendo molto discutere. La pronuncia n. 1 del 9 gennaio 2013 infatti, nel ritenere legittimo il provvedimento disciplinare inflitto ad un agente di polizia per non essersi fatta trovare esattamente, per alcuni minuti, sul luogo di destinazione, interviene nel merito con numerose argomentazioni, anche diverse in realtà dal casus belli che ha scatenato le polemiche.

Giustamente tuttavia, l’attenzione dei media si è soffermata su questa frase del giudice amministrativo, che, contestando un punto della difesa della ricorrente utilizzato per giustificare il ritardo, stabilisce testualmente:

“Quanto, poi, al ritiro di acqua e caffè dal distributore automatico, esso non appare certo l’esercizio di un diritto costituzionalmente garantito, indebitamente conculcato dall’amministrazione, come impropriamente enfatizzato dall’interessata, ma solo un comportamento (forse diffuso, ma ) anche esso non conforme a canoni di diligenza e scrupolo professionale, in base ai quali non sembra certo decoroso andare a prendere il caffè immediatamente all’inizio del turno, quando si presume che una persona già abbia fatto la colazione mattutina”.

La legittimità della “pausa caffè” è stata varie volte dibattuta in giurisprudenza. La Corte dei Conti sezione Umbria nel 2005, con la pronuncia 313, ad esempio, condannò per danno erariale una dipendente per essersi assentata regolarmente per andare al bar dal proprio luogo di lavoro, senza usufruire dei permessi con recupero. La Cassazione, con sentenza n. 4509 del 2011, ha di recente implicitamente ammesso la funzione di ristoro e di reintegro delle capacità psicofisiche delle pause di lavoro. E’ tuttavia preferibile, e maggiormente conforme al rispetto dell’orario di lavoro, utilizzare i permessi brevi per assentarsi dal luogo di lavoro, anche per andare al bar a prendere un caffè. Il caso di specie è però diverso, e, ci si permette, un filino preoccupante.

La dipendente in questione si era recata non fuori dal proprio luogo di lavoro, ma presso il distributore automatico di bevande ed acqua, distributore si suppone regolarmente autorizzato dal datore di lavoro proprio per il “ristoro” dei dipendenti. Ebbene, la circostanza non è stata considerata dal giudice amministrativo, che inoltre ha definito testualmente e “certamente” non “decoroso” prendere il caffè e una bottiglietta d’acqua, e prenderli di prima mattina, il 14 agosto, data del misfatto. Il concetto di decoro implica una valutazione ulteriore, che necessariamente ci porta a scindere la persona umana, con i suoi limiti e le sue esigenze, dal lavoratore. Se non è decoroso prendere un caffè, non è decoroso nemmeno andare in bagno (soprattutto se si viene da casa dove, notoriamente, si fa una capatina nella propria toilette prima di uscire), non lo è soffiarsi il naso se si ha il raffreddore, starnutire al primo polline di primavera, e potremmo continuare. Certamente, poi, il ristoro che si gode nelle pareti domestiche, quale la colazione che il giudice amministrativo suppone consumata di prima mattina, si allontana in diretta proporzione al tragitto che si compie per recarsi sul luogo di lavoro. Magari è indecoroso bere appena si arriva per chi impiega poco tempo per recarsi sul luogo di lavoro, mentre la stessa azione diventa decorosa per i pendolari. Si perdoni il ragionamento consequenziale. Il ministro del Lavoro Sacconi nel 2010 emanò una circolare atta a misurare, nell’ambito delle misure del decreto legislativo 81/2008, lo stress da lavoro correlato, invitando ad una attenzione particolare per i rischi sia materiali che immateriali connessi alle prestazioni lavorative. Tra questi, i lavoratori in futuro potranno indicare un nuovo fattore di stress: il non potersi recare presso il distributore automatico per bere, il 14 di agosto, poiché poco “decoroso”.

 

Francesca Ciangola

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