Elezioni politiche 2013, caos simboli tra liste fantoccio e possibili ricorsi

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Quello di trovare le differenze è un gioco tra i più semplici e divertenti per gli appassionati dell’enigmistica, ma, quando in ballo c’è la democrazia, è lì che l’ispirazione può assumere la fisionomia dell’inganno.

C’è tempo fino a domani 13 gennaio alle ore 16 per consegnare i simboli dei partiti che appariranno sulla scheda elettorale. La raccolta, al Viminale è partita venerdì mattina dalle ore 8, ma a regnare, alle istituzioni, sembra essenzialmente il caos.

All’apertura dei portoni del Ministero, molti rappresentanti di lista erano già in coda da ore, dopo la notte in bianco che, per alcuni temerari, è stata addirittura più di una. Sforzi ammirevoli che però, già in seguito alla consegna dei primi dieci marchi depositati, non ha fermato l’arrivo della bufera, con le solite “liste civetta” a dominare la scena.

Ma è davvero tutto lecito? Vediamo. Le disposizioni per la consegna dei simboli sono contenute agli articoli 14, 15 e 17 del T.U. della Camera, così come all’articolo 8 del T.U. del Senato.

In questi documenti, sono descritte tutte le coordinate per la registrazione del simbolo tra coloro che prenderanno parte alla contesa elettorale per il rinnovo del Parlamento.

A questo proposito, vale la pena sottolineare come i simboli elettorali vadano intesi come ” i contrassegni con i quali i partiti o i gruppi politici organizzati che intendono presentare liste di candidati  per l’elezione alla Camera o al Senato dichiarano di  voler distinguere le liste medesime nelle singole circoscrizioni“.

Quello che però, passa in secondo piano, in queste ore, è che, assieme ai marchi distintivi delle forze in campo alle elezioni, i partiti in lizza dovranno anche depositare le cosiddette “dichiarazioni di collegamento in coalizione“, di una bozza di programma elettorale e soprattutto del “capo della forza politica o della coalizione“.

Proprio quest’ultimo aspetto ha generato, venerdì mattina, il primo misunderstanding, nel momento in cui il MoVimento 5 Stelle ha indicato come “Capo della coalizione” il proprio “vate” Beppe Grillo.

Questo fatto ha portato a diffondere la convinzione che fosse proprio il comico genovese il candidato premier per la lista dei suoi fedelissimi, al contrario di di tante pubbliche dichiarazioni, nelle quali il blogger più noto d’Italia si chiamava fuori dalla contesa per palazzo Chigi.

In realtà, come specifica la legge elettorale in vigore al Titolo III, articolo 14 bis, comma 3 “i partiti o i gruppi politici organizzati tra loro collegati in coalizione che si candidano a governare depositano un unico programma elettorale nel quale dichiarano il nome e cognome della persona da loro indicata come unico capo della coalizione”.

Dunque, insieme al simbolo non va propriamente nominato il candidato premier, anche se spesso questa è la prassi. Ma la ridda dei simboli, in queste ore frenetiche, si abbatte sul MoVimento 5 Stelle, anche per la presentazione, che ha battuto sul tempo i grillini (arrivati sesti), di un contrassegno “camuffato”, dalla grafica identica ma senza l’indicazione dell’indirizzo al blog del comico, che si è registrato in seconda piazza.

Per avere una portata sulla quantità di liste più o meno inventate, basti dire che, tra i big, i più vicini a Grillo sono i seguaci di Ignazio La Russa e Giorgia Meloni, per il neonato partito “Fratelli d’Italia – centrodestra nazionale”, arrivati decimi. Intanto, al Viminale, pare sia stata consegnata, nella sola giornata di ieri, la solita sfilza di scudi crociati.

Quello delle liste “farlocche”, così come le ha descritte lo stesso Grillo, è un problema frequente, soprattutto nelle recenti consultazioni italiane, dove negli si sono avvicendate sigle improbabili come i “Verdi verdi” o la fantomatica “Lista del Grillo – No Euro”. Un fenomeno che, anche alle elezioni politiche 2013, non fa dunque eccezione.

Spazio alla fantasia – o forse no – tra i simboli presentati nelle ultime ore, dove figurano liste dal tratto distintivo praticamente identico alla Rivoluzione civile di Antonio Ingroia (ventiduesimo alla consegna), ma senza il nome del candidato premier, così come per il presidente del Consiglio in carica Mario Monti, che vede i propri cloni sotto l’indicazione “Per l’Europa Monti Presidente”, con capo coalizione, però, tale Samuele Monti.

Altri simboli folkloristici sono certamente quelli del Sacro Romano Imperio, il Movimento Pirata, la Fratellanza Donne e il Movimento Autonomo degli Autotrasportatori europei, mentre si attendono conferme sulla presentazione della “Lista Bunga bunga”.

E’ bene ricordare, come precisamente sottolinea Gabriele Maestri, come il T.U. per l’elezione alla Camera, art.14, vieta espressamente di formalizzare l’iscrizione di un simbolo “con il solo scopo di precluderne surrettiziamente l’uso ad altri soggetti politici interessati a farvi ricorso“.

In base a questo principio, i tecnici del Ministero arriveranno a una scrematura dei marchi presentati, anche se, naturalmente, mancano poche settimane alle elezioni e si dovrà svolgere una mole di lavoro enorme, letteralmente a tempo di record.

Da calendario, le riserve dovranno essere sciolte già nei prossimi giorni.  Recita, infatti, il seguente articolo 16 del T.U. Camera, al pari dell’articolo 8 per il Senato:  “Il Ministero dell’interno nei due giorni successivi alla scadenza del termine stabilito per il deposito verifica la  regolarità dei contrassegni. Qualora ravvisi che un  contrassegno non sia conforme alle norme di cui  all’art. 14, T.U. Camera, invita il depositante a sostituirlo nel termine di 48 ore dalla notifica dell’avviso.  Il depositante il contrassegno può presentare opposizione contro tale invito entro il termine di 48 ore,  sul quale decide, nelle successive 48 ore, l’Ufficio centrale nazionale. I depositanti altro contrassegno possono presentare opposizione contro la decisione  del Ministero dell’interno di accettazione di un contrassegno che ritengano facilmente confondibile con  il proprio; sulla opposizione, che deve essere presentata nel termine di 48 ore dalla decisione, delibera l’Ufficio centrale nazionale“.

Francesco Maltoni

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