Opposizione a decreto ingiuntivo, arriva la norma interpretativa

Redazione 18/04/11
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Approvato dal Senato il disegno di legge di modifica dell’articolo 645 del codice di procedura civile.

Vengono soppresse, nel secondo comma, le parole “ma i termini di comparizione sono ridotti a metà”. Prevista inoltre una disciplina transitoria per i procedimenti pendenti alla data di entrata in vigore della legge.

Il testo approvato, che ora passa alla Camera, ha fuso due disegni di legge (AS 2380 e AS 2386).

Il Ddl 2386, in particolare, a supporto della proposta di interpretazione autentica, così motiva:

“La Suprema Corte di Cassazione a Sezioni unite, con la sentenza n. 19246 del 9 settembre 2010, attraverso un obiter dictum, ha di fatto stravolto la costante interpretazione dell’articolo 645, secondo comma, del codice di procedura civile, seguita dalla giurisprudenza di legittimità fin dalla metà degli anni Cinquanta (a partire dalla sentenza n. 3053 del 1955).

Fino al recente arrêt, difatti, la riduzione alla metà del termine di costituzione dell’opponente, ai sensi dell’articolo 645, secondo comma, del codice di rito, è stata considerata una conseguenza della scelta (o anche solo dell’errore) dell’opponente di assegnare all’opposto un termine di comparizione inferiore a quello previsto dall’articolo 163-bis del medesimo codice. Gli opponenti che, al contrario, avessero fissato un termine di comparizione pari o superiore a quello appena richiamato, potevano utilmente costituirsi nel termine ordinario di dieci giorni.

La pronuncia delle Sezioni unite della Cassazione del 2010, già citata, al contrario, collega la riduzione dei termini di costituzione alla mera proposizione dell’opposizione. Applicando tale soluzione ai procedimenti pendenti, le costituzioni in giudizio dell’opponente successive al quinto giorno dalla notificazione dell’opposizione, tempestive secondo il diritto vivente al tempo in cui sono avvenute, sarebbero da qualificare come tardive con conseguente improcedibilità dell’opposizione e immutabilità del decreto ingiuntivo.

In questo senso si stanno orientando, purtroppo, taluni tribunali dando luogo ad una sorta di smaItimento extra ordinem, con pronuncia di rito e non di merito, di un nutrito numero di cause di opposizione a decreto ingiuntivo pendenti.

L’applicazione immediata ai giudizi pendenti del mutamento di giurisprudenza, oltre a porsi in evidente contrasto con i più elementari princìpi processuali, determina conseguenze gravemente lesive delle garanzie costituzionali del giusto processo. A ben vedere, infatti, non si può che censurare ogni intervento che comporti l’applicazione in danno delle parti di decadenze o preclusioni che non sussistevano al momento del compimento dell’atto e che siano conseguenza di un mutamento giurisprudenziale.

Per quanto riguarda più nel dettaglio, il merito della questione, si deve ricordare che l’articolo 645, secondo comma, fa riferimento soltanto ai termini di comparizione della parte e non già a quelli di costituzione. Le due categorie di termini assolvono a finalità diverse e d’altronde sono assoggettate a diverso trattamento processuale (a tacer d’altro l’abbreviazione del termine di comparizione accelera effettivamente la durata media di un processo, mentre quello di costituzione non rileva al fine). È necessario osservare poi, come in conformità a quanto affermato dalla Corte di Cassazione in alcune recenti ordinanze (nn. 14627 e 15188 del 2010) «l’overruling si risolve in un cambiamento delle regole del gioco a partita già iniziata, e in una somministrazione […] del potere-dovere di giudicare dell’atto introduttivo in base a forme e termini il cui rispetto non era richiesto al momento della proposizione dell’atto» di opposizione.

Successivamente alla predetta pronuncia n. 14627 del 2010, difatti, si sono affermati due diversi percorsi interpretativi volti ad evitare la conseguenza dell’improcedibilità dell’opposizione in base all’applicazione ai processi in corso del principio sancito dalla Cassazione nella sentenza n. 19246 del 2010.

Entrambi «salvano»
i giudizi di opposizione promossi rispettando la cinquantennale giurisprudenza della Cassazione in ordine al termine di costituzione.

Un primo orientamento, in linea con ordinanze interlocutorie della Cassazione sopra richiamate (sentenza n. 14627 del 17 luglio 2010), applica l’articolo 153 del codice di procedura civile in tema di rimessione in termini sostenendo che «la parte che si è conformata alla precedente giurisprudenza della stessa Corte, successivamente travolta dall’overruling, ha tenuto un comportamento non imputabile a sua colpa, e perciò è da escludere la rilevanza preclusiva dell’errore in cui essa è incorsa». Questo orientamento è attualmente seguito, a quel che consta, dal Tribunale di Torino, da quello di Livorno e da quello di Bari.

Una seconda prospettazione, fondata su un’interpretazione costituzionalmente orientata e sui princìpi espressi dalla giurisprudenza della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, ratificata ai sensi della legge 4 agosto 1995, n. 848, applica il principio del tempus regit actum sicché «in caso di overruling, non può operare l’efficacia retro attiva delle nuove regole interpretative in materia processuale e di accesso alla giustizia». «La nuova interpretazione nomofilattica» deve trovare applicazione, dunque, dalla pubblicazione della sentenza che ha modificato il precedente costante orientamento. In questo senso si è espresso il Tribunale di Varese.

Va in ogni caso precisato che l’eventuale provvedimento che, applicando il nuovo orientamento, dichiari l’improcedibilità per tardiva costituzione deve essere assunto con sentenza, atteso che l’articolo 647 del codice di procedura civile fa riferimento soltanto alla «mancata costituzione» e non a quella avvenuta oltre il termine di legge. L’utilizzo della forma della sentenza, oltretutto, consente una più compiuta esposizione delle proprie ragioni alle parti e garantisce il pieno controllo del provvedimento attraverso la proposizione dell’appello.

Con il disegno di legge in titolo, ispirato e condiviso dal Consiglio nazionale forense, si intende porre fine, attraverso un intervento di interpretazione autentica, alle incertezze sorte, le quali, comportando soluzioni applicative differenti e variegate appaiono in patente violazione del principio di eguaglianza tra le parti. L’articolo 1 del disegno di legge interviene, all’uopo, sulla disciplina generale dei termini di costituzione consacrando legislativamente la soluzione interpretativa finora consolidata. In particolare, si prevede che l’articolo 165, primo comma, del codice di procedura civile, debba essere interpretato nel senso che la riduzione del termine di costituzione dell’attore ivi prevista trovi applicazione, nel caso di opposizione a decreto ingiuntivo, solo se l’opponente abbia assegnato all’opposto un termine di comparizione inferiore a quello di cui all’articolo 163-bis, primo comma, del codice di procedura civile”.

Di seguito, il testo approvato lo scorso 13 aprile dalla Commissione Giustizia del Senato, in sede deliberante:

Modifica dell’articolo 645 e interpretazione autentica dell’articolo 165 del codice di procedura civile in materia di opposizione al decreto ingiuntivo


Art. 1.
(Modifica all’articolo 645 del codice di procedura civile)

1. Al secondo comma dell’articolo 645 del codice di procedura civile, le parole: «; ma i termini di comparizione sono ridotti a metà» sono soppresse.

Art. 2.
(Disposizione transitoria)

1. Nei procedimenti pendenti alla data di entrata in vigore della presente legge, l’articolo 165, primo comma, del codice di procedura civile si interpreta nel senso che la riduzione del termine di costituzione dell’attore ivi prevista si applica, nel caso di opposizione a decreto ingiuntivo, solo se l’opponente abbia assegnato all’opposto un termine di comparizione inferiore a quello di cui all’articolo 163-bis, primo comma, del medesimo codice.

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