Riforma pensioni 2016: anticipo sui requisiti in ottica referendum

Scarica PDF Stampa
Il Governo vara con un decreto le modifiche alla legge Fornero: obiettivo, spostare l’inerzia favorevole al No sulle riforme costituzionali.

Approfondisci con REFERENDUM COSTITUZIONALE: LE RAGIONI DI CHI VOTA NO

SPECIALE PENSIONI: scopri qui l’eBook di 82 pagine in formato PDF con 1 anno di aggiornamenti inclusi inviati direttamente tramite email!

Una manovra da prima Repubblica per inaugurare la Terza?

Non è passato inosservato, nelle ultime ore, l’intento del Governo di rimettere mano alle pensioni con una riforma lampo entro la fine dell’anno. Un argomento trai più caldi, ma anche tra quelli più rimandati, che casualmente riaffiora a poche settimane dal banco di prova del referendum costituzionale.

Si consiglia lo speciale su RIFORMA PENSIONI: TUTTE LE NOVITÀ

Questa settimana riprende il carosello della politica romana, dopo le ferie e – soprattutto, l’emergenza terremoto. A palazzo Chigi sono attesi nientemeno che i rappresentanti di Cgil, Cisl e Uil per discutere di novità alla normativa previdenziale, proprio quell’argomento tabù che nei mesi e negli anni alle spalle ha continuato a serpeggiare, senza però mai ottenere significativi cambiamenti.

L’unica novità portata dal Governo in questa primavera era stata quella del part time agevolato, ossia la possibilità per i lavoratori più attempati, in procinto di entrare nella fascia pensionabile entro il 2018, di ridurre il carico orario per gli ultimi due anni (QUI TUTTE LE INFORMAZIONI SU COME RICHIEDERLO).

Non proprio una rivoluzione in ambito previdenziale, dal momento che i requisiti anagrafici e contributivi di base non erano stati toccati da questo intervento.

L’anticipo pensionistico

Ora, invece, il Governo avrebbe in mente di rispolverare un’idea nel cassetto da alcuni anni, ma che finora non ha mai superato l’ostacolo delle commissioni parlamentari: l’anticipo pensionistico. E addirittura, l’obiettivo sarebbe quello di includerlo, sì, nella prossima finanziaria, ma di renderlo operativo con un decreto già nelle prime fasi dell’autunno.

Se il metodo della decretazione lascia alcune perplessità – fin dalla riforma Fornero si mise in dubbio la liceità di interventi di tipo emergenziale in materia di previdenza – ciò che salta all’occhio è, da una parte, il ritorno improvviso alla concertazione e dall’altra l’improvvisa fretta dell’esecutivo di mettere mano a questi temi spesso lasciati in disparte negli anni precedenti.

Circa il coinvolgimento delle parti sociali, siamo di fronte a un’inversione a U del Governo Renzi, che ha sempre rinviato il confronto, riducendolo a incontri di cortesia, nel timore di rimanere impantanato nei tavoli con sindacati e associazioni di categoria. Così è avvenuto con il Jobs Act e con la riforma della scuola, approvati a tappe forzate voltando le spalle al modello dominante nei decenni scorsi le politiche di welfare.

L’invito ai segretari dei sindacati è finalizzato a individuare un punto di incontro sulla nuova legge pensionistica, che dovrebbe prevedere, con un esborso di due miliardi di euro, uscite dal lavoro già a partire da 63 anni – con un piano di anticipo personalizzato – e addirittura un aumento degli assegni minimi.

Misure che hanno tutta l’aria, se non proprio elettorale, sicuramente referendaria. L’impazienza del Governo nel mettere in atto queste misure, si traduce solo con la necessità di recuperare terreno in una battaglia, quella del voto sulle riforme, che si preannuncia tutta in salita per i sostenitori del Si, e proprio nelle decisive battute finali.

Referendum costituzionale: i sondaggi sono per il NO

I sondaggi, infatti, vedono il No in vantaggio, con il trend favorevole a chi intenderà bocciare la nuova legge Boschi-Renzi. L’immagine del premier, con la ripresa economica a rilento e i dati sull’occupazione non esaltanti, oggi sembra appannata e la gestione del terremoto, con le polemiche del caso Errani, ha complicato ulteriormente le cose.

La scadenza referendaria è imminente e, non a caso, in questi giorni in tv appare un Renzi più dialogante ed evidentemente preoccupato, che si lascia andare in maniera insolita a giustificazioni come “Se il Jobs Act fosse stato varato 10 anni or sono i risultati sarebbero stati ben diversi”. Ammissioni di cui il Presidente del Consiglio farebbe volentieri a meno, ma che ora deve riconoscere, dal momento che gli stimoli del suo Governo non stanno ottenendo l’effetto sperato sul fronte dell’economia.

Dunque, il cambio di registro, così come il ritorno della concertazione a palazzo Chigi, appaiono come due facce della medesima strategia: mostrarsi con un volto meno decisionista e aperto alle discussioni, ovviamente sempre in ottica referendum, il chiodo fisso del Governo da qui a novembre.

Se questa linea porterà i suoi frutti, lo si vedrà solo nelle prossime settimane. Certo è che Matteo Renzi sa di aver chiuso la sua luna di miele con l’opinione pubblica e questo, in vista di un bivio così importante, è un segnale inequivocabile di debolezza per i promotori delle riforme costituzionali.

Approfondisci qui

 

Francesco Maltoni

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento