Riforma pensioni: flessibilità in uscita a 63 anni? Solo donne e disoccupati

Redazione 26/09/15
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La riforma delle pensioni, nonostante i dietrofront degli ultimi mesi, sembra essere sempre più vicina. E così l’introduzione di un nuovo intervento di flessibilità in uscita all’interno della Legge di Stabilità 2016. La normativa sarà discussa a metà ottobre, al centro dell’attenzione,in particolare, le situazioni dei disoccupati, degli esodandi (quelli rimasti esclusi dai decreti di salvaguardia già approvati) e delle donne (dal 2016 in poi prive della cosiddetta Opzione donna che consente il pensionamento anticipato, con 35 anni di contributi e il ricalcolo contributivo dell’assegno).

Tra le ipotesi sul tavolo valutate come più probabili, la flessibilità in uscita a 63 anni. Vale a dire la possibilità di andare in pensione a 63 anni d’età, con almeno 35 di contributi, con una penalizzazione compresa tra un minimo del 3% e un massimo del 10-12%. Quest’ipotesi sarebbe però utilizzabile soltanto dalle donne, dai disoccupati over 62 e dai soggetti rimasti esclusi dalle salvaguardie emanate in precedenza perché non rientranti nei parametri previsti dai decreti.

La platea circoscritta dei beneficiari  di questo nuovo intervento  permetterebbe  di far fronte allo stanziamento di risorse anche nel breve periodo, prospettandosi dunque come una manovra fattibile anche rispetto al profilo economico. Il Governo è al lavoro anche sull’eventuale uscita anticipata con il requisito minimo di 30 anni di contributi. Un invito a privilegiare l’anticipo sull’età anagrafica, e non sugli anni contributivi, allo scopo di scongiurare il divario tra gli uomini (avvantaggiati dagli sconti sulla contribuzione rispetto a quelli sull’età) e le donne, è arrivata dallo stesso presidente dell’Inps, Tito Boeri.

Boeri si è anche pronunciato sulla ricongiunzione dei contributi, auspicandone una riforma. Al momento, ricongiungere i contributi previdenziali in una sola gestione costituirebbe un salasso, soprattutto per il fatto che le ricongiunzioni avvengono allo scadere della vita lavorativa. Negli anni, infatti, il calcolo degli oneri di ricongiunzione, i cui coefficienti sono appunto età e stipendio, diventa sempre più alto. Un’operazione, in tal senso, meno costosa favorirebbe il raggiungimento del collocamento a riposo, che di conseguenza avverrebbe prima, e non colpirebbe le finanze statali.

Sulla questione, infine, settima salvaguardia-esodati regna ancora molta esitazione. Soltanto qualora, infatti, la nuova flessibilità in uscita dovesse comprendere in via definitiva , dunque senza termini per l’invio della richiesta, anche gli esodati rimasti esclusi dalle vecchie salvaguardie, la nuova normativa verrebbe implicitamente ad includere anche la settima salvaguardia. Se così non fosse, invece, dovrebbe attendersi un apposito decreto contenente disposizioni simili alla ‘vecchia’ sesta salvaguardia.

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