Alla fine del quinto scrutinio, hanno prevalso nettamente le schede bianche, calcolate in oltre 400 unità. Questo, è avvenuto per effetto della doppia indicazione di non voto sia del Partito democratico e di Scelta civica, con la conferma di Popolo della libertà e Lega nord di non partecipare allo scrutinio, in seguito allo stallo completo che ha portato allo sfascio il Partito democratico. L’unica candidatura ad aver raccolto un numero consistente di voti è stata quella di Stefano Rodotà, sopra i 200 voti e dunque più votato della somma semplice di grillini e Sel.
Ieri, la candidatura a Capo dello Stato di Romano Prodi è caduta sotto i colpi di 101 franchi tiratori dell’area di centrosinistra, che hanno fatto mancare all’ex premier il proprio sostegno, nonostante l’acclamazione unanime della prima mattina sul suo nome. Quindi, in serata, è andato in scena lo psicodramma del Pd, con dimissioni a catena sia del presidente Rosy Bindi che del segretario Pier Luigi Bersani.
Proprio Bersani, che resterà in carica fino alla soluzione dell’enigma Quirinale, si è recato per primo, in mattinata, al Colle per chiedere a Giorgio Napolitano un ultimo sacrificio, cioè quello di prendere in mano straordinariamente la situazione per traghettare la politica fuori dall’impasse.
Dopo il segretario dimissionario Pd, dal presidente uscente si sono recati Silvio Berlusconi, Mario Monti e anche alcuni rappresentanti dei delegati regionali, guidati dal governatore siciliano Rosario Crocetta.
Intanto, però, le uniche candidature ancora sul campo restano quelle di Stefano Rodotà, proposto dal MoVimento 5 Stelle, e del ministro dell’Interno Anna Maria Cancellieri, avanzata ieri da Scelta civica in contrapposizione a Romano Prodi.
Nel pomeriggio, alle 15, si svolgerà il sesto scrutinio e se, nel frattempo, Napolitano dovesse accettare di prolungare la sua esperienza al vertice delle istituzioni, in serata potremmo avere un nuovo presidente della Repubblica. Quello vecchio.
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