Trasparenza Comuni: patrimoni on line solo sopra i 15 mila abitanti

Redazione 06/08/13
Scarica PDF Stampa
Se è vero che ogni comune ha l’obbligo di fornire  i dati inerenti agli amministratori, sono solamente quelli con una popolazione superiore alle 15 mila unità a dover inserire nel portale  internet la situazione patrimoniale. La Civit, a tal proposito, è intervenuta con la deliberazione 31 luglio 2013, n.65 per spiegare uno dei punti più complessi, e anche peggio assimilati dai componenti degli organici di governo, del dlgs 33/2013, ossia la norma sulla trasparenza.

Il dlgs 33/2013 ha messo in atto un’opera di coordinamento interno lacunosa, visto che ha lasciato in vigore l’articolo 1, comma 1, n.5) della legge 441/1982, che riporta gli obblighi di pubblicazione della situazione patrimoniale solo ai comuni con oltre 15 mila abitanti. La Civit, dunque, invece che di giungere alla conclusione che sembra più corretta, ossia ritenere il predetto articolo della legge 441/1982, incompatibile con la nuova disciplina della trasparenza, che non ha senso sia applicata in modo differenziato tra comuni, considera che debbano pubblicare la situazione reddituale e patrimoniale dei titolari di cariche elettive solo i comuni con popolazione superiore ai 15 mila abitanti.

Tutti i comuni, tuttavia, sono tenuti, indipendentemente dal numero di abitanti, a pubblicare i dati e le informazioni previste dall’articolo 14, lettera da a) ad e) dell’articolo 14 (atto di nomina o di proclamazione, curriculum, compensi di qualsiasi natura, importi di viaggio di servizio e missioni, dati relativi all’assunzione di altre cariche, presso enti pubblici o privati, e i relativi compensi a qualsiasi titolo corrisposti, eventuali incarichi con oneri a carico della finanza pubblica e l’indicazione dei compensi spettanti).

La Civit sostiene che l’art.14, poi, si applichi alle forme associative dei comuni se la popolazione complessiva supera i 15 mila abitanti. L’obbligo di pubblicare quanto stabilito dall’art. 14 del dlgs 33/2013, spiega la Civit, decorre dalla sua entrata in vigore. Non c’è nessuna norma di diritto transitorio, dunque gli obblighi di pubblicazione debbono essere portati a termine “alla data di entrata in vigore del medesimo decreto (20 aprile 2013)”.

Aggiunge la delibera che il il riferimento alla pubblicazione dei dati entro tre mesi dalla elezione o dalla nomina, art. 145, comma 2, non concerne infatti la decorrenza dell’entrata in vigore dell’obbligo ma è da intendersi riferito solamente all’attuazione della disposizione successivamente alle elezioni. 

Obbligati a pubblicare i dati nei comuni sono; sindaco, assessori e consiglieri, ma gli obblighi soggettivi non riguardano solo le amministrazioni pubbliche, infatti la delibera della Civit legge in maniera estensiva le disposizioni. Il dlgs 33/2013 si estende a tutte le amministrazioni previste dall’articolo 1, comma 2, del dlgs 165/2001, nonché alle società ed enti partecipanti. Gli oneri di pubblicità disciplinati dall’articolo 14, allora, obbligano alle amministrazioni, agli enti e alle società di selezionare al proprio interno i titolari di incarichi politici di natura elettiva o comunque di esercizio di poteri di indirizzo politico, anche con riferimento alle norme statuarie e regolamentari che ne fissano l’organizzazione e l’attività.

Altra spiegazione rilevante fornita dalla Civit è relativa alle sanzioni, in primo piano la delibera spiega che gli obblighi di pubblicazione incombono direttamente sui componenti degli organi di amministrazione, i quali sono, dunque, tenuti a trasmettere al responsabile della trasparenza i dati per la loro successiva pubblicazione. 

La sanzione stabilita dall’articolo 47 del dlgs 33/2013, quindi, si attiva nella circostanza del mancato adempimento al dovere di comunicare agli uffici le informazioni e i dati oggetto di pubblicazione e non va applicata nei riguardi del responsabile della trasparenza o degli uffici, ma ricade sugli amministratori reticenti. Invece, nessuna sanzione è applicabile nei riguardi del coniuge non separato e dei parenti entro il secondo grado che non permettono la pubblicazione delle informazioni sul proprio status patrimoniale “stante la subordinazione prevista dal legislatore per la diffusione dei relativi dati a un espresso consenso da parte dei medesimi”.

Redazione

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento