In particolare, infatti, la quantità di marijuana che è consentito avere nel sangue non darà riscontro positivo fino ai 150 nanogrammi per millilitro, ossia ben dieci volte il limite in vigore fino a ieri.
Tra le ragioni che, in passato, hanno portato alla messa al bando della marijuana – e che, ancora oggi, la iscrivono tra le sostanze vietate nelle discipline olimpiche da dieci anni – non già un’alterazione delle performance sportive, ma il riscontro di un’eccessiva calma che può anche portare all’aumento della disposizione al rischio.
Insomma, non ci sarebbe davvero un vantaggio illecito nel consumo di marijuana precedentemente alle gare agonistiche, piuttosto l’effetto sarebbe pressoché l’inverso, causando un’eccessiva rilassatezza dell’atleta che vedrebbe notevolmente abbassati i suoi ricettori del pericolo e dello sforzo fisico.
Ora, dunque, con questa storica decisione l’agenzia internazionale antidoping ha stabilito nero su bianco che la quantità minima affinché tali alterazioni dei riflessi e della percezione del contesto possano avere luogo, è dunque di dieci volte superiore a quanto precedentemente indicato. Siamo, in breve, di fronte a una vera e propria rivoluzione, che va di pari passo con il trend anti-proibizionista che diversi Stati degli Usa stanno intraprendendo ormai da mesi.
La decisione è arrivata a seguito della specifica richiesta delle Federazioni sportive, che hanno avanzato all’organizzazione centrale per le sostanze proibite in ambito sportivo l’istanza di eliminare la marijuana dall’elenco dei divieti. Un appello accolto quasi interamente, con l’innalzamento della soglia consentita di ben dieci volte.
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