Diversi esponenti di spicco della coalizione, infatti, hanno già confermato il proprio dissenso sulla scelta dell’ex presidente del Senato, su tutti Matteo Renzi – che comunque, come noto, non voterà – e Nichi Vendola.
Dando per scontato che il MoVimento 5 Stelle voterà Stefano Rodotà, allora, vediamo se Marini riuscirà davvero a raggiungere i 672 voti necessari al primo, secondo o terzo scrutinio per essere eletto in qualità di successore di Giorgio Napolitano.
Sulla carta, infatti, Pdl, montiani e Pd possono contare su 785-790 grandi elettori. Alla Camera, i conti sono di 472 voti (292 Pd, 6 Centro Democratico, 5 Svp, 97 Pdl, 18 Lega Nord, 9 Fratelli d’Italia, 37 Scelta Civica, 8 Udc) mentre al Senato il totale dice 247 (Pd 105, 7 Svp e altri, 98 Pdl, 17 Lega Nord, 2 altri di centrodestra, 18 Scelta Civica). A questi, poi si aggiungerebbero gli eletti all’estero. Margine ampio, che però si assottiglia pericolosamente con le defezioni già annunciate.
Primi tra tutti, deputati, senatori e delegati regionali vicini a Matteo Renzi, circa una cinquantina (forse anche più), e quelli in orbita Sel, 45 nel complesso. Naturalmente, anche i 163 grillini diranno no. C’è, poi, un gruppo indefinito di giovani del Pd che volterà le spalle all’accordo Bersani-Monti-Pdl.
Insomma, in breve, lasciando un punto interrogativo sui leghisti, la quota Marini scende tra i 700 e i 750 grandi elettori. A questi, però, vanno sottratti i sicuri franchi tiratori, sui quali pesa l’incognita del numero, che risulterà decisivo.
Se questi dovessero essere sufficienti a ribaltare dentro il centrosinistra la scelta della segreteria, allora, davvero Franco Marini rischierebbe di mancare l’appuntamento dei due terzi richiesti per il voto.