Per integrare la fattispecie di reato è necessario che il rapporto sia tale da incidere concretamente sugli interessi dell’associazione o comunque sul piano di una illecita corrispettività di prestazioni.
E’ quanto affermato dalla Corte di cassazione che, con sentenza n. 15115/2012, ha annullato l’ordinanza del tribunale della libertà di Reggio Calabria che aveva confermato la misura della custodia cautelare in carcere per un assessore di Gioiosa Jonica. I giudici di merito avevano infatti motivato il provvedimento con osservazioni di carattere generale sul radicamento nel territorio calabrese della ‘ndrangheta, ricordando le acquisizioni investigative e le pronunce giudiziarie relative al fenomeno criminale. Dagli intrecci tra indagini investigative e accertamenti giurisdizionali su vicende più o meno collegate o connesse con l’imputato, i giudici territoriali traevano la conclusione dell’intraneità del soggetto all’organizzazione criminale e della sua vocazione all’illegalità.
Il collegio difensivo dell’imputato ha così proposto ricorso in Cassazione, lamentando l’illogica valorizzazione da parte del Tribunale di elementi di prova vaghi, inconsistenti e generici, nonché il non aver tenuto in debita considerazione che l’impegno politico dell’indagato risaliva a tempi non sospetti e pertanto non poteva dirsi “indotto” dall’organizzazione criminale.
I giudici di legittimità precisano che “il rapporto tra l’associazione mafiosa ed un esponente politico può ritenersi significativo di una compenetrazione degli interessi del secondo con quelli dell’associazione, o assumere comunque rilevanza penale […] a condizione che esso non sia soltanto sostanziato dall’appoggio politico o dal sostegno elettorale dell’associazione a favore dell’esponente politico, ma incida concretamente sugli interessi dell’associazione, o comunque sul piano di una illecita corrispettività di prestazioni”.
Al riguardo la Cassazione sottolinea come ci sia pacifica giurisprudenza che ritenga “la partecipazione ad associazione mafiosa configurabile anche nel caso di “patto di scambio politico-mafioso” in forza del quale un uomo politico, non partecipe del sodalizio criminale si impegna, a fronte dell’appoggio richiesto all’associazione mafiosa in vista di una competizione elettorale, a favorire l’interesse del gruppo“.
Ma non solo. Per la Suprema Corte anche le modalità di intervento dell’associazione mafiosa nella competizione elettorale devono assumere connotazioni criminali specifiche per essere indicative di un rapporto particolare dell’associazione con questo o quel candidato.
Secondo la Suprema corte per la integrazione del reato è tuttavia necessario che gli impegni assunti dal politico “presentino il carattere della serietà e della concretezza”. Non solo ma ex post va accertato che “gli impegni abbiano inciso effettivamente e significativamente, di per sé ed a prescindere da successive ed eventuali condotte esecutive dell’accordo, sulla conservazione o sul rafforzamento delle capacità operative dell’intera organizzazione criminale o di sue articolazioni settoriali”.
E nella specie, per gli Ermellini, nel provvedimento impugnato non sussistono elementi idonei a far ritenere esistente un’alleanza criminale tra la cosca locale e il politico.
Qui il testo integrale della sentenza n. 15115 depositata il 19 aprile 2012
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