Si tratta della soluzione proposta dall’esecutivo di Mario Monti per fare fronte agli oltre 70 miliardi di euro che i privati devono ancora riscuotere dal settore pubblico.
Le lamentele avanzate dall’associazione riguardano alcuni punti focali del meccanismo, tra cui la mancanza di trasparenza, i “buchi” nei collegamenti tra portale e istituti di credito, i freni all’apertura del Fondo di garanzia.
Una delle maggiori lacune, denuncia l’Abi, riguarda l’impossibilità per le banche di verificare qualora i crediti vantati provengano da operazioni di compensazione o di smobilizzo.
Inoltre, l’istituto non è in grado, spiega l’Abi, di verificare qualora sul credito soggetto a smobilizzazione siano state precedentemente svolte operazioni oppure no.
Resta ancora il nodo del Fondo di garanzia per le Piccole e medie imprese: qualora i crediti vengano anticipati sul portale a opera di un istituto il cui accesso al portale è precluso, potrebbe essere impedita la copertura del fondo di garanzia.
E’ per questo che l’Abi ha chiesto formalmente di consentire all’ente erogatore del credito di poter segnalare gli eventuali smobilizzi in fieri o il ricorso eventuale a un crediti specifico.
In chiusura, l’Abi osserva che gli annunciati snellimenti operativi, non hanno eliminato per la PA di allungare il periodo di saldo dei fornitori entro il 45esimo giorno, constringendo le imprese ad attese ancor più prolungate per chiudere definitivamente i propri crediti nei confronti di un pubblico sempre più insolvente.
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