Padre separato disoccupato: quali diritti può far valere

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Sei uno dei tanti padri separati che ha perso, oltre alla famiglia, anche il lavoro, o meglio: sei un padre separato disoccupato e sei in condizioni economiche precarie? Devi sapere che hai dei diritti e non solo dei doveri!

Ma per godere di tali diritti, ci devono essere delle condizioni ben precise. Il marito separato senza redditi ha diritto di essere aiutato dalla moglie benestante, ma deve provvedere, comunque, al sostentamento della prole.

Ora vediamo, innanzi tutto, quali sono questi diritti:

  • puoi chiedere in sede di separazione che tua moglie versi in tuo favore l’assegno di mantenimento;
  • puoi chiedere, in sede di separazione, l’assegnazione della casa coniugale e, se non ci sono figli, hai buone speranze che ti venga assegnata;
  • puoi chiedere la revisione dell’assegno di mantenimento che versi in favore dei tuoi figli;
  • se il tribunale ti riconosce il diritto al mantenimento e se a tua moglie viene liquidato il t.f.r. durante il periodo della separazione, puoi conteggiarlo nella quantificazione dell’assegno. Puoi anche chiedere la revisione dello stesso se ti è stato già riconosciuto.

Procediamo con ordine e vediamo nel dettaglio come puoi far valere i tuoi diritti.

Padre separato disoccupato: diritto all’assegno di mantenimento

La legge dispone che, in determinate circostanze, il giudice della separazione stabilisca in favore del coniuge più “povero” il versamento dell’assegno di mantenimento a carico del coniuge più “ricco” [1]. La legge parla di “coniuge,” senza specificarne il sesso e si sofferma, però, sulla condizione reddituale di ognuno. In parole semplici, la legge tutela il coniuge che non abbia adeguati redditi propri. Cosa significa questo?

Basta lo status di disoccupato per poter godere dell’assegno di mantenimento erogato da tua moglie? Certo che no! Quando il legislatore parla di “adeguati redditi propri”, si riferisce a tutto ciò che può crearti reddito: beni immobili, beni mobili (conto in banca, titoli di credito come buoni del Tesoro, partecipazioni azionari ecc). Pertanto, se sei disoccupato ma hai una o più case di proprietà o parecchia liquidità in banca ecc, non potrai ottenere il contributo di mantenimento da tua moglie. Al contrario, se sei disoccupato e non sei proprietario di nulla, non hai un grande conto in banca e nemmeno titoli od altro, puoi chiedere il contributo di mantenimento.

E’ necessario però che tua moglie sia in condizioni economiche migliori delle tue, poiché, in caso contrario, non potrebbe sostenere tale esborso. Lo scopo del mantenimento è di non far trovare il coniuge più povero improvvisamente senza mezzi di sopravvivenza. Ecco perché l’altro coniuge è chiamato ad aiutalo almeno finché i due non divorziano, in modo da garantirgli lo stesso tenore che aveva durante la convivenza matrimoniale.

Per l’importo dell’assegno di mantenimento non ci sono dei criteri fissi, ma tendenzialmente, il calcolo segue dei principi. I due redditi dovranno essere addizionati e poi dalla somma si dovranno sottrarre le spese cui è soggetto il coniuge che verserà il mantenimento. Infine il risultato andrà diviso per due. Altro requisito che la legge richiede è che non ti venga addebitata la separazione, ossia che il giudice non dichiari che la separazione sia stata causata da te.

Al contrario, nel caso ti fosse attribuita la colpa, non potresti chiedere il mantenimento neanche se le tue condizioni economiche fossero peggiori di quelle di tua moglie. In tale circostanza perderesti anche la possibilità di ottenere l’assegnazione della casa coniugale, la reversibilità della pensione di tua moglie, nonché il diritto a percepire la tua parte di eredità, in caso di suo decesso. In ultimo, devi ben ricordare che il contributo di mantenimento può essere soggetto a revisione nel caso muti la condizione economica tua e/o di tua moglie.

Padre separato disoccupato: diritto all’assegnazione della casa coniugale

Se sei disoccupato e non hai altri redditi, sappi che puoi chiedere anche l’assegnazione della casa coniugale. Questo, però, se tua moglie versa in condizioni economiche migliori e se non hai prole.

Prima di tutto cerchiamo di comprendere cosa è la casa coniugale. Si definisce tale, la casa (bene immobile) dove si è svolta la vita coniugale e familiare. Pertanto, oggetto di assegnazione da parte del giudice è solo quell’immobile che sia stato il centro di sviluppo della vita familiare durante la convivenza (escludendo seconde case, ville o altri immobili).

È da inserire nel concetto di casa coniugale anche tutto il complesso di beni mobili, arredi, suppellettili ed altre attrezzature ivi presenti. Di solito, in assenza di figli, al coniuge non proprietario non spetta il diritto all’assegnazione della casa coniugale. Tuttavia, quando il diritto di abitazione serve a riequilibrare i rapporti economici tra i coniugi e a soddisfare l’eventuale diritto al mantenimento del coniuge più povero, il giudice può fare un’eccezione. Questo perché, alcuni giudici ritengono che l’assegnazione della casa coniugale possa essere richiesta al tribunale nell’ambito della domanda di mantenimento, ma presupponga un’esplicita domanda da parte tua. Senza la tua iniziativa, non sussiste in capo al giudice nessun dovere (e/o potere) di assegnartela.

Tuttavia, devi considerare che la maggioranza dei tribunali non favorisce tale richiesta, poiché ritiene che il diritto al mantenimento si soddisfi solo concedendo l’assegno senza ricorrere all’attribuzione della casa coniugale. Secondo tale orientamento, il giudice non può imporre al debitore di estinguere il suo obbligo al mantenimento con l’assegnazione dell’abitazione familiare. Infatti, questo è possibile solo se vi è un’esplicita richiesta del coniuge che ha diritto al mantenimento.

Altra condizione affinché tu possa ottenere l’assegnazione della casa coniugale è l’assenza di figli. Questo perché, generalmente, il figlio minore ha come genitore prevalente la mamma con cui vive nel suo ambiente originario (la casa familiare). In parole semplici se hai dei figli minori e sei un padre disoccupato in via di separazione, non puoi ottenere l’assegnazione della casa coniugale, perché, salvo casi eccezionali, verrebbe attribuita a tua moglie.

Diritto alla revisione dell’assegno di mantenimento in favore dei figli

È ormai acquisito che il tuo stato di disoccupazione non ti esonera dagli obblighi economici verso i tuoi figli, salvo che non riesca a provare l’assoluta impossibilità di far fronte al pagamento dell’assegno di mantenimento [2]. Tuttavia, nel caso fossi senza lavoro e senza altri redditi, in sede di quantificazione dell’assegno in favore dei tuoi figli, potresti ottenere delle agevolazioni sulla cifra da versare. Nel caso il tuo stato di disoccupazione subentrasse dopo la quantificazione del contributo, avresti diritto a chiedere al tribunale la revisione dello stesso. Attenzione! Ci devono essere dei reali mutamenti nella tua condizione economica, ossia una concreta diminuzione di reddito.

Padre separato disoccupato: diritto alla revisione del mantenimento a seguito del Tfr della moglie 

Se durante il periodo di separazione tua moglie matura il diritto al Tfr e tu sei titolare del diritto al mantenimento, puoi avanzare una richiesta al giudice affinché ne tenga conto nella rivalutazione dell’importo percepito:

  • nella quantificazione dell’eventuale assegno di mantenimento (se la causa di separazione sia ancora in corso);
  • o, in una successiva richiesta di aumento da formulare con domanda di modifica delle condizioni della separazione. È chiaro, infatti, che la percezione da parte di tua moglie dell’indennità di fine rapporto è una situazione che determina un oggettivo miglioramento delle condizioni economiche esistenti al momento della richiesta di separazione.

Padre separato disoccupato: eredità e reversibilità

In ultimo, è importante che tu sappia che, a prescindere dalla tua situazione finanziaria e quindi anche nel caso tu sia benestante, hai diritto in caso di separazione:

  • alla reversibilità della pensione di tua moglie;
  • alla stessa quota di eredità sui beni di tua moglie che ti sarebbe spettata durante di matrimonio.

Anche in questi casi è necessario che non ti sia stata attribuita la colpa della separazione perché in caso contrario perderesti ogni diritto sopra indicato.

Da quanto sopra analizzato, la condizione pura e semplice di disoccupato non ti autorizza automaticamente a chiedere il mantenimento, la casa coniugale, la revisione dell’assegno in favore dei figli. E’ necessario che ci siano altri elementi per poter avanzare tali richieste quali:

  • la mancanza di colpa per la separazione,
  • l’assenza di altri redditi,
  • e la reale impossibilità a produrre reddito.

Tieni presente, infatti, che la condotta del marito nullafacente e scansafatiche che non collabori in alcun modo al mantenimento della famiglia, è contraria ai doveri di assistenza morale, materiale e di collaborazione previsti della legge a carico di entrambi i coniugi[3].

Pertanto, se la separazione ti fosse addebitata, perderesti comunque ogni diritto al mantenimento, anche nell’ipotesi in cui risultassi privo di un’occupazione lavorativa. A maggior ragione, se lo stato di disoccupazione deriva da una tua scelta consapevole e non da un’oggettiva difficoltà nel reperire un’occupazione. Infatti, in sede di separazione, il giudice valuta con attenzione ogni aspetto personale ed economico dei coniugi, procedendo ad una valutazione il più possibile equilibrata delle circostanze.

In parole semplici, se tu sei disoccupato ma sei in piena età lavorativa, non hai invalidità, hai anche un titolo di studio da far valere, risulterà difficile ottenere il mantenimento. Per poterne beneficare, dovrai dimostrare che la tua situazione economica è precaria per cause non imputabili alla tua volontà. Ciò vale anche per la disoccupazione, perché è importante che il giudice sappia che tu hai fatto e continui a fare tutto il possibile per renderti autonomo economicamente a prescindere dai risultati. Pertanto, sappi che la legge ti viene in contro in caso di necessità ma è necessario che tu sia in buona fede!

[1] art. 156 cod. civ;

[2] Corte di Cassazione n. 39411/2017;

[3] art. 143 cod.civ.

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