Tra le persone oggetto del provvedimento di condanna, tre tecnici che nel 2000 si occuparono dei lavori di manutenzione e restauro del palazzo, un intervento che, in realtà, avrebbe finito per indebolire la struttura dell’edificio, già costruito su evidenti segni d’imperizia negli anni ’60.
Così, per verificare la regolarità delle strutture portanti delle Casa che, a seguito della scossa maggiore di quella notte terribile, si accasciò su se stessa, in sede inquirente era stata disposta una maxi relazione tecnica arrivata a ben 1300 pagine di materiale e di dati raccolti sull’edificio crollato. A svolgere il compito dell’analisi sui resti della Casa dello Studente, la professoressa Gabriella Mulas, del dipartimento di Ingegneria strutturale del Politecnico di Milano.
Il giudizio dell’accademica, è stato netto: “Bastava aprire la prima pagina – ha affermato nel corso del processo – della relazione del progettista per capire il rischio di danni strutturali”, mettendo in evidenza anche i fondi sprecati in interventi conservativi in realtà finiti per risultare dannosi alla stabilità del già pericolante edificio, adibito ad ospitare i numerosi studenti fuori sede che frequentavano l’ateneo aquilano e che passò diverse concessioni da privato a pubblico fino al definitivo affidamento alla Regione.
Nelle motivazioni depositate oggi, la sentenza nota che “la scelta processuale di procedere alla perizia tecnica è risultata quanto mai appropriata, finendo per fornire al giudice un contributo determinante nella decisione del processo e, prima ancora, nel disvelamento della cause di natura tecnica che hanno portato al crollo dell’edificio”.
A proposito dei reati riconosciuti, il giudice ha sottolineato come i tre imputati esecutori del restauro abbiano “colpevolmente e reiteratamente ignorato tutte le prescrizioni”, mentre riguardo il quarto condannato, tecnico dell’Azienda Asdu Pietro Sebastiani, è stata ravvisata la colpevolezza riguarda il mancato svolgimento del collaudo statico delal Casa dello Studente
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