Disoccupati senza NASpI, in arrivo una nuova indennità: come fare domanda

Nuova tutela per disoccupati senza Naspi. Sei rimasto senza lavoro e senza possibilità di accedere alla NASpI al termine di un periodo di CIG in deroga? Ti starai chiedendo se hai magari diritto a qualche agevolazione o paracadute per affrontare questa particolare fase di transizione verso la ricerca di una nuova occupazione? La risposta è contenuta nel nuovo “Decreto Rilancio” (D.L. n. 34/2020).

In particolare, l’art. 87 dispone che ai lavoratori i quali hanno cessato la CIGD – nel periodo compreso dal 1° dicembre 2017 al 31 dicembre 2018 – è concessa, nel limite massimo di 12 mesi e in ogni caso con termine entro il 31 dicembre 2020, in continuità con la prestazione di cassa integrazione guadagni in deroga, un’indennità pari al trattamento di mobilità in deroga, comprensiva della contribuzione figurativa.

La novità legislativa prevede che le Regioni e le Province autonome concedano l’indennità pari al trattamento di mobilità in deroga di cui trattasi, esclusivamente previa verifica della disponibilità finanziaria da parte dell’INPS. Inoltre, ai suddetti lavoratori, dal 1° gennaio 2019, devono essere applicate misure di politica attiva, individuate in un apposito piano regionale, da comunicare al Ministero del Lavoro e all’ANPAL.

Ma come fare domanda per i disoccupati senza NASpI al termine di un periodo di CIGD? La nuova disposizione normativa è stata illustrata dall’INPS con la Circolare n. 75 del 22 giugno 2020. Ecco tutto quello che c’è da sapere.

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Indennità disoccupati senza NASpI: a chi spetta?

L’indennità in argomento può essere decretata da parte delle Regioni e delle Province autonome, nel limite massimo di 12 mesi, in favore dei lavoratori che abbiano cessato un precedente periodo di cassa integrazione guadagni in deroga, nel periodo dal 1° dicembre 2017 al 31 dicembre 2018, senza titolo all’indennità di disoccupazione NASpI.

Al fine di individuare i destinatari del trattamento in argomento, si precisa che il decreto di CIGD – che deve precedere, senza soluzione di continuità, la concessione dell’indennità da parte delle Regioni e delle Province autonome – rientra esclusivamente tra le fattispecie normative di seguito esplicitate:

  • CIG in deroga ai criteri dell’art. 2 del D.I. n. 83473 del 1° agosto 2014;
  • CIG in deroga di cui all’art. 1, co. 145, della L. n. 205/2017;
  • CIG in deroga ai sensi dell’art. 26-ter, co. 2, del D.L. n. 4/2019 (cd. “Decretone”, convertito in L. n. 26/2019).

L’indennità può essere concessa a tutti i lavoratori subordinati, con rapporto di lavoro sia a tempo determinato che indeterminato, con qualifica di operaio, impiegato o quadro. Da notare che sono compresi gli apprendisti ed i lavoratori somministrati. Non si applica, invece, il requisito dell’anzianità aziendale di almeno 12 mesi.

Indennità disoccupati senza NASpI: calcolo

L’indennità, fa sapere l’INPS, viene calcolata secondo le consuete modalità della mobilità in deroga. Gli importi massimi dell’integrazione salariale, a cui far riferimento per il calcolo della prestazione, sono di seguito riepilogati:

  • dal 1° gennaio 2017 al 31 dicembre 2017: l’importo netto è pari a 914,96 euro per retribuzione inferiore o uguale a 2.102,24 euro;
  • dal 1° gennaio 2018 al 31 dicembre 2018: l’importo netto è pari a 1.099,70 euro per retribuzione superiore a 2.102,24 euro.

Indennità disoccupati senza NASpI: verifica delle risorse finanziarie

Come accennato, le Regioni e le Province autonome concedono l’indennità esclusivamente previa verifica della disponibilità finanziaria da parte dell’INPS. A tal fine, queste ultime provvederanno a inoltrare all’Istituto Previdenziale una dichiarazione di responsabilità in ordine ai seguenti punti:

  • completamento della decretazione per gli anni 2014/2018;
  • presenza, nella banca dati dell’Istituto (“SIP”), di tutti i decreti di concessione;
  • assunzione della responsabilità finanziaria sulla gestione delle eventuali situazioni di sospensione o di contenzioso.

Successivamente le Regioni e le Province autonome, prima dell’adozione del decreto, dovranno richiedere la “verifica della disponibilità finanziaria”. A tal fine, le stesse dovranno inviare alla Direzione regionale INPS territorialmente competente, a mezzo PEC, le specifiche di cui all’emanando decreto di concessione, contenenti:

  • la dichiarazione relativa all’esistenza del piano regionale con cui si individuano le politiche attive del lavoro, applicate a far data dal 1° gennaio 2019, comunicato al Ministero del Lavoro e all’ANPAL;
  • l’elenco nominativo e i codici fiscali dei lavoratori interessati, con specifica indicazione delle seguenti informazioni: data di cessazione del precedente trattamento di CIG in deroga concesso; data di inizio dell’indennità concessa, che dovrà decorrere dal giorno successivo alla fine della precedente prestazione di cassa integrazione in deroga concessa; data della fine dell’indennità concessa e stima del costo prevista.

Indennità disoccupati senza NASpI: decreti di concessione dell’indennità

Le Regioni e le Province autonome, ricevuta la valutazione positiva in ordine alla sostenibilità finanziaria da parte dell’Istituto, a mezzo PEC, potranno procedere all’emanazione del decreto di concessione del trattamento.

La trasmissione all’INPS del decreto di concessione avverrà esclusivamente per il tramite del Sistema Informativo Percettori (“SIP”), utilizzando il numero di decreto convenzionale “19251”.

Successivamente all’invio in “SIP” del decreto di concessione, lo stesso sarà visibile, preliminarmente, solo alla Direzione regionale INPS competente, che dovrà effettuare il controllo sulla coerenza tra quanto decretato dalla Regione/Provincia autonoma e la sostenibilità finanziaria precedentemente comunicata dall’INPS. Per effettuare tale controllo, la Direzione regionale INPS dovrà confrontare la stima della spesa complessiva del decreto, calcolata direttamente dal “SIP”, con l’importo di sostenibilità finanziaria precedentemente comunicato.

Se tale confronto ha esito positivo, la Direzione regionale procederà con la validazione in SIP del decreto trasmesso dalla Regione/Provincia autonoma, rendendolo visibile a tutte le Strutture territoriali competenti per i successivi adempimenti.

Indennità disoccupati senza NASpI: modalità di pagamento

Il pagamento dell’indennità è subordinato alla presentazione da parte del beneficiario di un’apposita domanda online di mobilità in deroga.

Per erogare le indennità citate le Strutture territoriali, una volta ricevuta dalla Regione/Provincia autonoma la dichiarazione contenente la volontà di avvalersi della norma in esame, dovranno inserire nella procedura di pagamento della prestazione il codice intervento di prossima istituzione, il cui rilascio sarà comunicato con successivo messaggio.

Per procedere all’erogazione delle prestazioni in deroga, l’operatore di Sede dovrà controllare che:

  • il nominativo non abbia titolo all’indennità di disoccupazione NASpI e che abbia beneficiato di una prestazione di CIG in deroga – concessa dalla Regione/Provincia autonoma – cessata nel periodo dal 1° dicembre 2017 al 31 dicembre 2018;
  • l’indennità sia senza soluzione di continuità rispetto alla fine della precedente prestazione di CIGD.

Si ricorda, al riguardo, che la percezione dell’indennità dà titolo all’accredito della contribuzione figurativa e al riconoscimento, ove spettante, dell’ANF.

Indennità disoccupati senza NASpI: cumulabilità e compatibilità

Infine, in merito alla cumulabilità e alla compatibilità dell’indennità, l’INPS afferma che, laddove il beneficiario del trattamento in commento si rioccupi con un lavoro subordinato, a tempo determinato o a tempo parziale, potrà operare solo la sospensione della prestazione e non lo “slittamento della data finale della stessa” in quanto il termine della prestazione è già indicato nel decreto di concessione.

Non è possibile, quindi, corrispondere l’indennità in forma anticipata in un’unica soluzione in quanto non è previsto dalla norma in esame.

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Mai come in questo periodo il tema degli ammortizzatori sociali è stato così sentito dall’intero sistema produttivo. In occasione della pandemia Covid19 ed alle conseguenti chiusure degli esercizi commerciali e dei siti produttivi il ricorso agli ammortizzatori sociali ha coinvolto praticamente tutto il mondo del lavoro. Un vero stress-test dell’impianto disegnato dal D.lgs 148/15. Il decreto legislativo, inserito nella più ampia manovra passata alla storia come JobsAct, traendo esperienza dalla crisi del 2009 ha previsto al fianco degli ammortizzatori sociali “storici” (il sistema della cassa integrazione ordinaria e straordinaria) una copertura rispetto a settori, fino a quel momento, poco interessati alla gestione di temporanee crisi d’impresa. Le considerazioni che si possono fare a valle del dramma Coronavirus, ed alle conseguenze che lo stesso ha determinato nel mondo del lavoro ed al nuovo assetto che ne deriva degli ammortizzatori sociali, sono diverse. Partirei dal porre quattro questioni che ritengo primarie:1) ha senso disegnare tanti sistemi e procedure diverse per affrontare i medesimi problemi? Non sarebbe più corretto giungere ad un meccanismo unico per rispondere alle crisi d’impresa?2) in che rapporto si deve porre sistema di ammortizzatori conservativi con un meccanismo di politiche attive del lavoro che favorisca la mobilità e la ricollocazione della forza lavoro?3) se il beneficiario dell’ammortizzatore sociale è il lavoratore come inquadrare l’inadempienza contributiva del datore di lavoro? Quali le sue conseguenze?4) chi deve pagare il sistema di ammortizzatori sociali? Il mondo del lavoro o la fiscalità generale?Sono quesiti importantissimi quelli che ci lascia come eredità la crisi della pandemia del 2020. Per provare a fornire una complessiva, sia pure in termini generali, risposta ritengo che sia necessario partire dalla valutazione di quello che ha funzionato e quello che non ha funzionato in questi mesi.Avere tanti strumenti differenti suddivisi per tipologia e dimensione d’impresa crea una difficoltà enorme di gestione del sistema obbligando sia gli operatori professionali (consulenti del lavoro) che la PA ad impiantare, conoscere e manutenere sistemi tecnologici differenti. La tecnologia in una situazione del genere diventa un amplificatore di burocrazia. Esattamente il contrario dell’approccio digitale ai problemi. Un sistema non si semplifica trasformando moduli cartacei in digitali, si semplifica utilizzando l’analisi digitale per un suo ripensamento. Quindi uno strumento “tagliato su misura” per ogni impresa non diventa sinonimo di strumento idoneo, al contrario crea una babele di procedure nella quale è difficile districarsi. A tutto ciò deve aggiungersi che il D.lgs 148 ha previsto la creazione di ammortizzatori sociali di comparto, i fondi bilaterali, creati dalle forze sociali di settore. Un simile impianto prevede un presupposto fondamentale. La chiarezza di chi sia rappresentativo di un settore e quale sia la contrattazione collettiva di effettivo riferimento. Senza di ciò il sistema di finanziamento di questi fondi rischia di entrare in quel complesso di dubbi interpretativi che ha sempre accompagnato gli istituti presenti nella cd. “parte obbligatoria” del CCNL alla stregua degli enti bilaterali, della sanità integrativa o della previdenza complementare. In definitiva se non si parte dalla vigenza erga omnes di talune disposizioni diventa impossibile pretendere la contribuzione e, conseguentemente in un sistema puramente assicurativo, la prestazione.Veniamo al punto successivo. In mancanza di contribuzione manca la prestazione. Questo è evidente in un impianto assicurativo classico ma il concetto è difficilmente traslabile in un meccanismo di sicurezza sociale in cui il contraente (datore di lavoro) ed il beneficiario (lavoratore) sono soggetti diversi. La prestazione consente di evitare il licenziamento del lavoratore ed il mantenimento del rapporto di lavoro sia pure in fase di temporanea sospensione. Si evita di generare disoccupazione involontaria. Pertanto, in ossequio all’art. 38 Cost., dovrebbe valere, per ogni tipologia di ammortizzatore, il principio dell’automaticità della prestazione fermo restando l’obbligo contributivo del datore di lavoro.   Altro tema importante è quello relativo alla funzione propria degli ammortizzatori sociali. Il nome stesso “ammortizzatore” evoca la funzione di quel meccanismo che serve ad evitare colpi improvvisi ed a superare dossi o avvallamenti stradali con il minor danno possibile. Sul punto il richiamato D.lgs 148/15 aveva ben introdotto meccanismi che impedissero l’attivazione degli strumenti per funzioni diverse (pensiamo al caso di cessazione dell’attività aziendale) promuovendo in tali circostanze meccanismi di presa in carico del lavoratore da parte dei servizi di ricollocazione con supporto della assicurazione sociale per l’impiego (naspi). Negli anni questi concetti sono stati un po’ lasciati in disparte dal sistema che ha preferito “tornare all’antico” accantonando la ricollocazione dei lavoratori, propria delle politiche attive del lavoro, e privilegiando il sostegno al mancato reddito riprendendo quindi temi di politiche passive del lavoro. Un meccanismo così impostato rende difficile ipotizzare riprese occupazionali visto anche il dichiarato e mai realizzato potenziamento tecnico/organizzativo dei centri per l’impiego ai quali l’avvento della figura dei “navigator” non ha fornito alcun beneficio concreto.Ultimo tema sollevato è quello relativo al finanziamento degli ammortizzatori sociali. La questione è molto ampia e delicata. Mi limito solo a segnalare che la risposta dipenderà dalla funzione che il sistema darà agli stessi. Se rimanessero nell’alveo di uno strumento temporaneo di “sicurezza aziendale” il loro costo non potrà che essere a carico delle imprese e dei lavoratori. Se invece si evolvesse a meccanismo di generale ed universale difesa dalla povertà (reddito di cittadinanza), ancorchè temporanea, del lavoratore potrebbe aprirsi un tema di riconsiderare come destinatario del costo non il mondo del lavoro ma l’intera collettività. In questo caso l’aggravio per la fiscalità generale sarebbe compensato dal minor onere per le imprese che potrebbe tradursi con maggior gettito salariale e quindi maggior introito fiscale.Tematiche ampie e strutturali. Sicuramente lo stress test Covid19 non passerà inosservato anche in tema di ammortizzatori sociali che saranno probabilmente ristrutturati. Come ogni crisi, anche questa, avrà come conseguenza elementi di miglioramento. L’economista Joseph Schumpeter insegnava che proprio dalla crisi, la cui etimologia greca fa riferimento al cambiamento, deriva ogni miglioramento sociale. Speriamo valga anche questa volta.Paolo Stern – presidente Nexumstp S.p.A.Paolo SternConsulente del Lavoro in Roma. Socio fondatore di Nexumstp Spa. Autore di numerose pubblicazioni in materia di lavoro e relatore a convegni e seminari. Professore a contratto presso università pubbliche e private.Sara Di NinnoDottore in Scienze politiche e Relazioni internazionali, collaboratrice area normativa del lavoro presso Nexumstp Spa. Specializzata in Diritto del lavoro e Relazioni industriali, è dottore di ricerca in Diritto pubblico, comparato ed internazionale, con tema di ricerca in Diritto del lavoro internazionale, e docente in corsi di formazione in materia di disciplina del rapporto di lavoro.Massimiliano Matteucci Consulente del Lavoro in Roma, Socio Nexumstp spa. Laureato in Economia. Specializzato in normativa di Diritto del lavoro e previdenza sociale. Cultore della materia presso la Cattedra di Diritto del lavoro dell’Università La Sapienza di Roma e preso l’Università Niccolò Cusano di Roma. Membro del Centro Studi dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro Roma, relatore a convegni e seminari. È articolista per la rivista TWOC dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro di Roma. Consulente Asseveratore Asseco.Lorenzo Sagulo Laureato in Economia e Gestione delle imprese all’Università degli Studi “Roma Tre”. Collabora con Nexumstp Spa nell’area consulenza del lavoro. È specializzato in normativa di Diritto del lavoro e relazioni industriali. 

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