Il Tribunale del Lavoro di Roma chiude i Ministeri al Nord

Redazione 21/10/11
Le sedi ministeriali di Monza vanno “rimosse” perché sono state istituite con procedure “antisindacali”.

E’ drastico il giudizio del Tribunale di Roma che, accogliendo il ricorso dei sindacati della Presidenza del Consiglio, ha annullato la validità dei due decreti che hanno istituito le sedi periferiche dei ministeri a Monza.

Nella disposizione del giudice del lavoro, Anna Baroncini, si legge infatti che è stata dichiarata “l’antisindacalità della condotta tenuta dalla presidenza del Consiglio dei ministri, consistente nell’istituzione di sedi periferiche della struttura di missione di supporto al Ministro per le Semplificazione normativa e del Dipartimento per le Riforme istituzionali, a mezzo del decreto ministeriale per le riforme per il federalismo, entrambi emanati in data 7.6.2011, omettendo l’informativa preventiva e conseguentemente impedendo la concertazione con le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative del relativo comparto“.

Pertanto, a seguito di questo comportamento, il magistrato “ordina all’amministrazione resistente di desistere dal comportamento antisindacale e di rimuoverne gli effetti“.

Inoltre, nella disposizione del giudice, si prevede anche che “la compensazione per un terzo delle spese di lite e per l’effetto condanna la presidenza del Consiglio alla refusione in favore dei sindacati ricorrenti di euro 2000,00 euro oltre Iva e Cpa“.

Il ricorso era stato promosso dai sindacati Sna.Pre.Com (sindacato nazionale autonomo della presidenza del Consiglio dei ministri) e S.i.p.r.e. (sindacato indipendente della presidenza del Consiglio dei ministri), ai sensi dell’articolo 28 dello Statuto dei lavoratori (condotta antisindacale) poichè non era stata ottemperata, da parte della presidenza del Consiglio, la richiesta di consultare i testi dei decreti in oggetto.

Il decreto, depositato giorno 19 ottobre, respinge anche la richiesta di pubblicare il procedimento sui quotidiani nazionali “attesa la rilevanza esclusivamente sindacale del ‘decisum’ che ne suggerisce una diffusione attraverso gli opportuni strumenti di divulgazione ai lavoratori a disposizione delle OO.SS.“.

E’ durata dunque soltanto un paio di mesi l’avventura delle sedi ministeriali distaccate nel palazzo Reale di Monza, dove Bossi e Calderoli avevano voluto piantare la bandiera di una vittoria del Nord contro «Roma ladrona». Maturata all’indomani della sconfitta di Milano nelle ultime elezioni amministrative, la trovata leghista era nata tra mille polemiche dell’opposizione e con la sostanziale accondiscendenza del Pdl.

Esulta pertanto oggi l’opposizione, e chiede il conto dei «soldi buttati», auspicando un intervento della Corte dei conti sullo «spreco di risorse pubbliche».

Il ministro Calderoli è convinto: «La partita non è chiusa», mentre il leader della Lega Bossi afferma: «La sentenza non ci riguarda, non abbiamo spostato da Roma nessun lavoratore».

Il sindaco di Roma, Alemanno, accoglie «con grande soddisfazione» la decisione del tribunale: «E’ perdente tentare di mettere in discussione il ruolo di Roma capitale».

L’europarlamentare delle Lega Borghezio, interviene con la sua consueta finezza: “Sentenza di merda. Alemanno appenda la sentenza nel cesso. Roma è la capitale del fancazzismo“.

Quelle strutture ministeriali, in verità, non sono mai state del tutto operative. Quando i primi visitatori (alcuni imprenditori locali) arrivarono nell’agosto scorso per trovare risposte e soluzioni ai loro problemi, se ne andarono a dir poco delusi. Angusti i locali, sguarnite le postazioni, uffici deserti, solo foto di Bossi alle pareti.

Un’organizzazione, insomma, che aveva già scatenato le ironie dell’opposizione sulla “propaganda” della Lega.

Per non parlare delle perplessità con cui il Quirinale aveva da subito accompagnato l’iniziativa.

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