Estensione congedo maternità: come funziona e come richiederla

Paolo Ballanti 16/09/21
Scarica PDF Stampa
Come funziona l’estensione del congedo di maternità? L’astensione dal lavoro nei periodi pre e post-parto ha lo scopo di tutelare la salute del bambino e della madre, oltre a consentire a quest’ultima di avere il tempo necessario per dedicarsi alla cura e alla custodia del neonato.

La normativa italiana, per le ragioni appena citate, riconosce un periodo di congedo obbligatorio dal lavoro, di durata complessiva pari a cinque mesi, retribuito dall’INPS ed eventualmente integrato dall’azienda, in base a quanto previsto dal contratto collettivo applicato.

Lo stesso congedo può essere anticipato per:

  • Gravi complicazioni della gravidanza o persistenti forme morbose;
  • Condizioni di lavoro o ambientali pregiudizievoli alla salute della donna e del nascituro;
  • Attività lavorative faticosi o insalubri.

Le ultime due ipotesi conferiscono peraltro alla lavoratrice il diritto a prolungare il congedo sino al settimo mese dopo il parto, previo provvedimento dell’Ispettorato territoriale del lavoro. Analizziamo nel dettaglio questo aspetto e le tutele (economiche e normative) riconosciute alla madre.

Permessi per allattamento: importi, durata, domanda e incompatibilità

Estensione congedo maternità: congedo obbligatorio

La legge (Dlgs. n. 151/2001) impone alla lavoratrice di astenersi dal lavoro nel periodo compreso tra:

  • Due mesi antecedenti la data presunta del parto;
  • Tre mesi successivi al parto.

Come ha sottolineato l’INPS (Messaggio 12 luglio 2007 numero 18311) il calcolo del periodo pre-parto avviene a ritroso, senza includere nel computo la data presunta di nascita riportata nel certificato di gravidanza.

Il diritto all’astensione obbligatoria è esercitato dalla lavoratrice, entro i due mesi precedenti la data presunta parto, attraverso:

  • Domanda telematica all’INPS;
  • Richiesta al datore di lavoro.

È fatto inoltre obbligo all’interessata di:

  • Far pervenire il certificato di gravidanza all’INPS prima dell’inizio del congedo di maternità;
  • Entro trenta giorni dal parto, presentare al datore di lavoro il certificato di nascita (ovvero una dichiarazione sostitutiva) e segnalare all’INPS la data di nascita del figlio oltre alle sue generalità.

Estensione congedo maternità: come funziona

Una volta terminato il congedo obbligatorio, lo stesso può essere esteso sino a sette mesi dopo il parto a fronte di:

  • Condizioni di lavoro o ambientali pregiudizievoli alla salute della lavoratrice;
  • Lavoratrice addetta a lavori pericolosi, faticosi o insalubri senza possibilità di essere spostata ad altre mansioni.

Come ha avuto modo di chiarire il Ministero del lavoro (Lettera circolare del 29 aprile 2013) il concetto di “condizioni ambientali pregiudizievoli” non è collegato soltanto alle mansioni svolte ma più in generale alle caratteristiche del luogo in cui è effettuata la prestazione.

Il provvedimento di proroga dell’assenza è assunto dall’Ispettorato territoriale del lavoro (ITL), direttamente o previa richiesta della lavoratrice, sulla base di:

  • Eventuale accertamento medico svolto dall’ASL;
  • Impossibilità di spostare la lavoratrice ad altre mansioni.

È importante sottolineare che, in assenza del provvedimento ITL, l’azienda non può applicare autonomamente l’interdizione al lavoro.

Bonus mamma domani 2021: requisiti, importo e domanda

Estensione congedo maternità: trattamento economico INPS

Tanto i periodi di congedo obbligatorio quanto l’estensione sino al settimo mese dopo il parto godono della copertura economica garantita dall’INPS, nell’ambito delle prestazioni a sostegno del reddito.

L’Istituto interviene infatti con lo scopo di assicurare la retribuzione alle lavoratrici, altrimenti prive di compenso in quanto assenti.

L’indennità, garantita a coloro che all’inizio del congedo vantano un regolare rapporto di lavoro (fatte salve talune eccezioni) è pari all’80% della cosiddetta “retribuzione media giornaliera” (RMG). Quest’ultima si determina assumendo la retribuzione percepita nel periodo di paga quadrisettimanale o mensile immediatamente precedente quello nel corso del quale ha avuto inizio l’assenza dal lavoro.

L’80% della RMG dev’essere poi moltiplicato per il numero di giornate cadenti nel periodo di congedo anticipato, obbligatorio e post-parto, con esclusione di:

  • Domeniche e festività, per gli operai;
  • Festività cadenti di domenica per gli impiegati.

L’indennità così determinata, soggetta unicamente a tassazione IRPEF, è di norma anticipata in busta paga dal datore di lavoro, salvo poi essere recuperata dallo stesso in sede di versamento dei contributi con modello F24.

Fanno eccezione le ipotesi di pagamento diretto ad opera dell’Istituto, per una determinata platea di soggetti (ad esempio operai agricoli o lavoratori ad essi assimilati) ovvero in caso di omessa anticipazione del trattamento in busta paga da parte del datore di lavoro.

Estensione congedo maternità: importi a carico azienda

L’azienda in favore della lavoratrice assente in maternità, oltre ad anticipare in busta paga l’indennità INPS si fa carico di:

  • Festività (per gli operai) e festività cadenti di domenica (in favore degli impiegati);
  • Eventuale integrazione dell’indennità di maternità nella misura e per la durata definita dal contratto collettivo applicato.

Le somme corrisposte dal datore di lavoro sono, al pari della normale retribuzione, soggette a trattenute per contributi INPS e tassazione IRPEF.

Estensione congedo maternità: tutela contro il licenziamento

L’estensione dell’assenza per maternità gode della tutela prevista dalla legge (Dlgs. n. 151/2001) in materia di licenziamento della lavoratrice. E’ infatti vietato all’azienda risolvere il contratto nel periodo compreso tra l’inizio della gravidanza (corrispondente a trecento giorni prima della data presunta) ed il compimento di un anno di età del bambino.

Il licenziamento intimato nel corso del periodo protetto è nullo, fatta eccezione per:

  • Colpa grave della lavoratrice costituente giusta causa di risoluzione del contratto;
  • Cessazione dell’attività aziendale;
  • Scadenza del termine nei rapporti a tempo determinato ovvero ultimazione della prestazione per la quale la lavoratrice è stata assunta;
  • Esito negativo del periodo di prova.

Licenziamento lavoratrice madre solo per cessazione dell’azienda: la sentenza

Estensione congedo maternità: dimissioni

Al pari del licenziamento, specifiche tutele sono riconosciute anche per le lavoratrici che si dimettono nei primi tre anni di vita del bambino.

In deroga all’obbligo di invio telematico delle dimissioni (in autonomia o avvalendosi di professionisti abilitati / enti di patronato), la decisione di risolvere il rapporto nel periodo sopra citato dev’essere convalidata esclusivamente davanti al servizio ispettivo del Ministero del lavoro, presente presso ciascuna ITL.

La procedura di convalida, avviata su richiesta dell’interessata, ha lo scopo di verificare la genuinità delle dimissioni evitando i casi di interruzione del rapporto forzate dal datore di lavoro.

Entro quarantacinque giorni dall’istanza, il servizio competente rilascia il provvedimento di convalida, inviato alla lavoratrice ed al datore di lavoro.

Peraltro, in caso di dimissioni presentante nel periodo in cui vige il divieto di licenziamento, la lavoratrice ha diritto all’indennità sostitutiva del preavviso, oltre al sussidio di disoccupazione (in presenza degli altri requisiti richiesti dalla legge).

Leggi anche “Dimissioni per giusta causa: cosa sono, diritti, come dimostrare il motivo”

Paolo Ballanti

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento