Diaz: quando la Polizia ha perso la testa

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Il 21 luglio 2001 saranno trascorsi 11 anni dalla notte in cui i fatti avvenuti nella scuola Diaz di Genova, durante il g8, hanno cambiato il senso comune  delle parole “diritti umani”. Dopo 11 anni la sentenza definitiva della Cassazione con i suoi verdetti, che colpiscono soprattutto chi era al comando quella notte, lavano via, almeno parzialmente, un’onta di antidemocraticità e repressione che il nostro paese si porta dietro da troppo tempo.

Gli avvenimenti di quella notte, il loro andamento, sono stati chiari fin da subito o quasi, ma non è stato un processo semplice. E’ stato un processo estremamente complesso e articolato perché è lo Stato che arriva a punire se stesso, è lo Stato che si trova a dover punire chi lo ha difeso e tutelato in questi 11 anni di attesa febbrile. Sono nomi illustri quelli che cadono e scontano la sentenza, sono teste importanti quelle che rotolano e lasciano vacanti il comando di organi fondamentali per il corpo di polizia. Quelle squadre così abilmente coordinate nell’attività di antimafia, che hanno raggiunto obiettivi fondamentali, come la cattura di Provenzano, si trovano oggi senza più i loro dirigenti principali che pagano con l’interdizione dall’incarico la follia di quella notte.

Francesco Gratteri, direttore della Direzione Centrale Anticrimine ( 4 anni), Gilberto Caldarozzi, direttore del “Servizio Centrale Operativo” (3 anni e 8 mesi), Giovanni Luperi, capo della direzione analisi dell’Aisi, Filippo Ferri e Fabio Ciccimarra, allora semplici funzionari e oggi direttori di importanti squadre mobili e Spartaco Mortola, questore, ora alla polfer di Torino che 11 anni fa dirigeva la Digos. Sono questi i colpevoli riconosciuti dalla Cassazione.

Le parole del ministro Cancellieri  sono di aperta condanna: “Il G8 di Genova e’ una pagina dolorosa per la polizia e questo mi ferisce. Ho visto come tutti le immagini di quello che e’ successo all’interno della Diaz e non condivido nulla di quell’operazione. Di fronte a errori gravi e’ giusto che i responsabili ne subiscano le conseguenze” . Emerge, tuttavia, anche la stima per l’operato di questi anni dei dirigenti condannati: ”Paghiamo un prezzo altissimo”, aggiunge la Cancellieri, “perche’ perdiamo alcuni nostri uomini migliori. Sara’ difficile sostituire un investigatore come Francesco Gratteri che ora e’ il direttore centrale. Ho il rammarico che debba andare via Gilberto Caldarozzi, il capo dello Sco, il servizio centrale operativo. Loro sono quelli che hanno preso Bernardo Provenzano. Grazie a loro abbiamo arrestato l’attentatore di Brindisi”.

Fanno eco alle parole del ministro le dichiarazioni del capo della Polizia Antonio Manganelli che si dice “orgoglioso di essere il capo di donne e uomini che quotidianamente garantiscono la sicurezza e la democrazia di questo paese», ma aggiunge «rispettare il giudicato della magistratura e il principio costituzionale della presunzione d’innocenza dell’imputato, sino a sentenza definitiva: per questo, l’istituzione che ho l’onore di dirigere ha sempre ritenuto fondamentale che venisse salvaguardato a tutti i poliziotti un normale percorso professionale, anche alla luce dei non pochi risultati operativi da loro raggiunti. Ora, di fronte al giudicato penale, è chiaramente il momento delle scuse».

Dunque è il momento delle scuse anche se per Amnesty International è “un verdetto incompleto” perchè “non riflette la gravità dei crimini accertati”. Hanno parlato in merito alla sentenza anche i genitori di Carlo Giuliani, il ragazzo deceduto nello scontro, durante il G8, di piazza Alimonda presso la stazione di Brignole, “in verità le responsabilità sono più ampie” hanno detto i coniugi Giuliani , la madre ha poi aggiunto ” e penso all’assoluzione dell’allora capo della polizia e al mancato processo per la morte di mio figlio”. Il padre di Carlo cerca di guardare oltre il proprio dolore e si lascia andare ad un “in questo Paese c’è ancora un barlume di giustizia. Cercheremo in tutti i modi di ottenere verità e giustizia anche sull’assassinio di Carlo”.

Il sangue della Diaz non è stato lavato, come recita il film di Vicari, ma ha trovato finalmente i suoi colpevoli e la sua verità.

 

Alessandro Camillini

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