Contratto di cooperazione o di appalto?

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Con la sentenza resa il 19 dicembre 2012 nella causa C-159/11, la Grande Sezione della Corte di Giustizia Ue ha chiarito che anche i contratti di cooperazione stipulati tra enti pubblici devono rispettare le regole sulle gare di appalto.

Il caso sottoposto all’attenzione della Corte riguardava la domanda di pronuncia pregiudiziale, proposta dal Consiglio di Stato italiano, nel procedimento che ha visto in primo piano due enti pubblici, l’Azienda Sanitaria Locale di Lecce e l’Università del Salento, i quali nel 2009 hanno stipulato un contratto di consulenza avente ad oggetto lo studio e la valutazione della vulnerabilità sismica delle strutture ospedaliere della Provincia di Lecce, senza previo esperimento di una gara ad evidenza pubblica.

La questione pregiudiziale verteva, in particolare, sull’interpretazione degli articoli 1, paragrafo 2, lettere a) e d), 2 e 28, nonché dell’allegato II A, categorie 8 e 12, della direttiva 2004/18/CE,  relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi, come modificata dal regolamento (CE) n. 1422/2007 della Commissione, del 4 dicembre 2007.

Nello specifico, l’attività di studio prevista nel disciplinare si articolava in tre fasi:

– individuazione della tipologia strutturale, dei materiali impiegati per la costruzione e dei metodi di calcolo adottati; verifica sommaria dello stato di fatto rispetto alla documentazione progettuale resa disponibile;

– verifiche della regolarità strutturale, analisi sommaria della risposta sismica globale dell’edificio, eventuali analisi locali su elementi o sottosistemi strutturali significativi per l’individuazione della risposta sismica globale;

– elaborazione dei risultati delle attività e stesura di schede tecniche di diagnosi strutturale; in particolare relazioni sulla tipologia strutturale osservata, sui materiali e sullo stato di conservazione della struttura, con particolare riferimento agli aspetti che incidono maggiormente sulla risposta strutturale in relazione alla pericolosità sismica del sito di ubicazione dell’opera; schede tecniche di classificazione della vulnerabilità sismica degli ospedali; relazioni tecniche sugli elementi o sottosistemi strutturali rilevati come critici in relazione alla verifica di vulnerabilità sismica; suggerimenti preliminari e sommaria descrizione delle opere di adeguamento o miglioramento sismico adottabili, con particolare riferimento ai vantaggi e limiti delle diverse tecnologie possibili, in termini tecnico-economici.

Per l’intera prestazione l’Asl doveva corrispondere all’Università 200 mila euro, al netto dell’IVA.

La direttiva 2004/18/CE, all’art.1, paragrafo 2, lettere a) definisce gli appalti pubblici «contratti a titolo oneroso stipulati per iscritto tra uno o più operatori economici e una o più amministrazioni aggiudicatrici aventi per oggetto l’esecuzione di lavori, la fornitura di prodotti o la prestazione di servizi» mentre gli appalti pubblici di servizi sono qualificati dalla lettera d) «appalti pubblici diversi dagli appalti pubblici di lavori o di forniture aventi per oggetto la prestazione dei servizi di cui all’allegato II».

Ai sensi dell’art.2, «[l]e amministrazioni aggiudicatrici trattano gli operatori economici su un piano di parità, in modo non discriminatorio e agiscono con trasparenza».

L’art.20 prevede che gli appalti aventi per oggetto servizi elencati nell’allegato II A della direttiva siano aggiudicati secondo gli articoli 23-55 di quest’ultima, nell’ambito dei quali l’art. 28 stabilisce che, «[p]er aggiudicare gli appalti pubblici, le amministrazioni aggiudicatrici applicano le procedure nazionali adattate ai fini d[i] [detta] direttiva».

L’allegato II A indica, in particolare, le seguenti categorie di servizi:

– categoria 8, relativa ai servizi di ricerca e sviluppo, ad esclusione dei servizi di ricerca e sviluppo diversi da quelli di cui beneficiano esclusivamente le amministrazioni aggiudicatrici e/o gli enti aggiudicatori per loro uso nell’esercizio della propria attività, nella misura in cui la prestazione di servizi sia interamente retribuita da dette amministrazioni e/o detti enti, e

– categoria 12, relativa ai servizi attinenti all’architettura e all’ingegneria, anche integrata, ai servizi attinenti all’urbanistica e alla paesaggistica, ai servizi affini di consulenza scientifica e tecnica, nonché ai servizi di sperimentazione tecnica e analisi.

In materia va ricordato che la normativa italiana di riferimento contempla la possibilità (Legge 7 agosto 1990 n. 241, art.15, comma 1) per le amministrazioni pubbliche di concludere tra loro accordi per disciplinare lo svolgimento, in collaborazione, di attività di interesse comune. Peraltro, anche il D.p.r. 11 luglio 1980 n. 382, all’art. 66, autorizza le Università pubbliche a fornire prestazioni di ricerca e di consulenza mediante contratti e convenzioni con gli enti pubblici o privati, nella misura in cui tale attività non pregiudichi la loro funzione didattica.

Sebbene il contratto di consulenza costituisca un accordo di cooperazione tra amministrazioni pubbliche per lo svolgimento di attività di interesse generale, legittimo anche per la giurisprudenza della Corte, nel caso di specie, la stipula di un contratto a titolo oneroso concluso tra un operatore economico – ininfluente risulta la circostanza che sia un’amministrazione – e un’amministrazione aggiudicatrice, ha rappresentato per gli ordini e le associazioni professionali interessate una palese violazione della normativa nazionale ed europea applicabile in materia di appalti pubblici e per tale ragione hanno promosso vari ricorsi avverso la deliberazione di approvazione del disciplinare e ogni atto ad essa presupposto, consequenziale e connesso.

La Corte ha, preliminarmente, osservato che l’applicazione della direttiva 2004/18 a un appalto pubblico è subordinata alla condizione che il valore stimato di quest’ultimo raggiunga la soglia stabilita all’art.7, lettera b), della direttiva medesima, tenendo conto del valore normale sul mercato dei lavori, delle forniture o dei servizi oggetto di tale appalto pubblico. In caso contrario, si applicano le norme fondamentali e i principi generali del Trattato FUE, in particolare i principi della parità di trattamento e di non discriminazione nonché l’obbligo di trasparenza.

In conformità all’art.1, paragrafo 2, della direttiva 2004/18, un contratto a titolo oneroso stipulato per iscritto tra un operatore economico e un’amministrazione aggiudicatrice, ed avente per oggetto la prestazione di servizi di cui all’allegato II A di tale direttiva, costituisce un appalto pubblico.

Attività come quelle costituenti l’oggetto del contratto in esame, pur potendo rientrare nel campo della ricerca scientifica, ricadono, secondo la loro natura effettiva, nell’ambito dei servizi di ricerca e sviluppo di cui all’allegato II A, categoria 8, della direttiva 2004/18, oppure nell’ambito dei servizi d’ingegneria e dei servizi affini di consulenza scientifica e tecnica indicati nella categoria 12 di tale allegato.

Inoltre, come risulta dal senso normalmente e abitualmente attribuito all’espressione «a titolo oneroso», un contratto non può esulare dalla nozione di appalto pubblico per il solo fatto che la remunerazione in esso prevista sia limitata al rimborso delle spese sostenute per fornire il servizio convenuto.

Solo due tipi di appalti conclusi da enti pubblici non rientrano nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione in materia di appalti pubblici.

Si tratta, in primo luogo, dei contratti di appalto stipulati da un ente pubblico con un soggetto giuridicamente distinto da esso, quando detto ente eserciti su tale soggetto un controllo analogo a quello che esso esercita sui propri servizi e, al contempo, il soggetto in questione realizzi la parte più importante della propria attività con l’ente o con gli enti che lo controllano. Ma tale eccezione non è applicabile al contesto in esame, dal momento che l’ASL non esercita alcun controllo sull’Università.

In secondo luogo, si tratta dei contratti che istituiscono una cooperazione tra enti pubblici finalizzata a garantire l’adempimento di una funzione di servizio pubblico comune a questi ultimi. In tale ipotesi, le norme del diritto dell’Unione in materia di appalti pubblici non sono applicabili, a condizione che tali contratti siano stipulati esclusivamente tra enti pubblici, senza la partecipazione di una parte privata, che nessun prestatore privato sia posto in una situazione privilegiata rispetto ai suoi concorrenti, e che la cooperazione da essi istituita sia retta unicamente da considerazioni ed esigenze connesse al perseguimento di obiettivi d’interesse pubblico.

Dai dati acquisiti, il contratto presenta un insieme di aspetti materiali corrispondenti in misura estesa, se non preponderante, ad attività che vengono generalmente svolte da ingegneri o architetti e che, se pur basate su un fondamento scientifico, non assomigliano ad attività di ricerca scientifica.

Conseguentemente, la funzione di servizio pubblico, costituente l’oggetto della cooperazione tra enti pubblici istituita dal contratto, non sembra garantire l’adempimento di una funzione di servizio pubblico comune all’ASL e all’Università.

Per la Corte, quindi, «Il diritto dell’Unione in materia di appalti pubblici osta ad una normativa nazionale che autorizzi la stipulazione, senza previa gara, di un contratto mediante il quale taluni enti pubblici istituiscono tra loro una cooperazione, nel caso in cui – ciò che spetta al giudice del rinvio verificare – tale contratto non abbia il fine di garantire l’adempimento di una funzione di servizio pubblico comune agli enti medesimi, non sia retto unicamente da considerazioni ed esigenze connesse al perseguimento di obiettivi d’interesse pubblico, oppure sia tale da porre un prestatore privato in una situazione privilegiata rispetto ai suoi concorrenti».

 

Giuliana Gianna

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