Commissione di concorso, l’amicizia su Facebook è causa di incompatibilità? Il TAR dice no

L’amicizia su Facebook può integrare la commensalità abituale quale causa di incompatibilità?

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L’amicizia su Facebook può integrare la commensalità abituale quale causa di incompatibilità ai sensi dell’art. 51 c.p.c.?

Il TAR del capoluogo sardo si è occupato per la prima volta in Italia della questione, in una sentenza definitiva pubblicata scorso 3 maggio 2017.

IL FATTO

Con riferimento alla celebrazione di un concorso scolastico, i ricorrenti affermavano che le operazioni della Commissione fossero viziate per la presenza di cause di incompatibilità, dati i rapporti tra i commissari e i singoli concorrenti, non di semplice conoscenza ma di amicizia, frequentazione e confidenza, risultanti dal noto social network Facebook.

IL QUADRO NORMATIVO: LA COMMENSALITA’ ABITUALE

Per comprendere meglio la questione, appare opportuno inquadrare giuridicamente la fattispecie.

E’ noto che la norma di legge che regola l’incompatibilità dei membri di una commissione di concorso è la stessa che regola i collegi giurisprudenziali, contenuta agli artt. 51 e ss. c.p.c.; in particolare, al punto 1) dell’art. 51 comma 1, è stabilito che versa in stato di incompatibilità assoluta, con conseguente obbligo di astensione, pena l’illegittimità di tutte le operazioni compiute, colui (o la cui moglie) è “parente fino al quarto grado, o legato da vincoli di affiliazione o convivente o commensale abituale” di un candidato. E’ peraltro fermo il principio per cui le cause di incompatibilità previste dalla predetta norma non possono essere oggetto di estensione analogica (Cons. Stato, sez. V, 24 luglio 2014 n. 3956).

In particolare, quanto alla locuzione “commensale abituale”, dottrina e giurisprudenza ormai concordano nel riferirla ad ogni soggetto appartenente ad una cerchia di persone con affectio familiaritatis, ossia con interessi comuni, frequenza di contatti e di rapporti, di tale continuità da far dubitare della loro reciproca imparzialità e serenità di giudizio.

LA SENTENZA

Ora, la pronuncia oggi in questione, emanata dal Tribunale Amministrativo del capoluogo sardo – sez. I, 3 maggio 2017 n. 281 – analizza l’amicizia su Facebook proprio attraverso la suddetta declinazione giuridica della cd. commensalità abituale, finendo per escludere, pacificamente e con forza, la riconducibilità ad essa.

Ed infatti, i giudici sardi chiariscono che “il funzionamento di Facebook consente di entrare in contatto con persone che nella vita quotidiana sono del tutto sconosciute”; inoltre, “non è chi non veda che nell’odierno modo di comunicare, qualunque occasione conviviale, anche del tutto episodica, può essere <catturata> con il telefono cellulare e repentinamente pubblicata sul social network”.

Pertanto – conclude la sentenza – laddove il riferimento alla “abitualità” della commensalità esclude, per pura logica, l’occasionalità della stessa, non è certo Facebook in sé che può concretizzare una delle cause di incompatibilità previste dall’art. 51 c.p.c., né, tanto meno, l‘amicizia su Facebook può essere considerata indice di commensalità abituale.

I PRECEDENTI NELLA GIURISPRUDENZA ESTERA

D’altronde, la decisione del TAR Cagliari ripercorre le orme appena tracciate dalla seconda sezione civile della Corte di Cassazione francese, con la decisione n. 1 del 5 gennaio 2017, che esclude, almeno per ora, che l’amicizia su Facebook possa pregiudicare l’imparzialità di giudizio.

La Cassazione d’oltralpe ha infatti statuito che “essere in contatto sui social non rimanda a relazioni d’amicizia intese nel senso tradizionale del termine”, in quanto Facebook “è semplicemente un mezzo di comunicazione specifico tra due persone che condividono lo stesso centro di interessi, e in particolare la stessa professione”.

Elio Guarnaccia

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