Nel caso di specie si trattava dei testi delle intercettazioni già pubblicate sul quotidiano “Il fatto” e poi, in un secondo momento, divulgate sui siti Dagospia e Adg news.
Il deputato aveva sottolineato, nel compimento di tale attività, l’esistenza di un “periculum in mora”, che “avrebbe potuto aggravare le conseguenze del reato di diffamazione”.
Tale tesi, non ha convinto né il Gip poiché, a suo avviso, si trattava di attività legata alla cronaca giudiziaria, fra l’altro, svolta nel pieno rispetto delle regole di pubblicazione degli atti di indagini in corso; né il Tribunale di Roma che aveva escluso la natura diffamatoria delle intercettazioni riconducendole alla “manifestazione di un dibattito inerente le fedeltà dei parlamentari”.
I giudici di legittimità hanno ricordato che “in tema di sequestri preventivi, la verifica delle condizioni di legittimità della misura cautelare da parte del Tribunale del riesame o della Corte di Cassazione non può tradursi in anticipata decisione della questione di merito concernente la responsabilità della persona sottoposta ad indagini in ordine al reato oggetto di investigazione, ma deve limitarsi al controllo di compatibilità tra la fattispecie concreta e quella legale, rimanendo preclusa ogni valutazione riguardo alla sussistenza degli indizi di colpevolezza e alla gravità degli stessi”.
E nella fattispecie, i testi delle intercettazioni risultavano, non solo, già noti alla collettività, quanto peraltro riportati fedelmente, in modo tale “da non travalicare l’esercizio del diritto di cronaca”.
Qui il testo integrale della sentenza n. 21489/2012 della Cassazione
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