Cannabis light: stop della Cassazione alla vendita derivati. Cosa succede ora

Redazione 31/05/19
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Stop dalla Cassazione alla vendita e commercializzazione dei prodotti derivati dalla Cannabbis light. È questo il responso che i giudici supremi hanno dato su questa discussa tematica, affermando come la legge non consenta la vendita o la cessione a qualunque titolo dei prodotti “derivati dalla coltivazione della cannabis”, come l’olio, le foglie, le infiorescenze e la resina.

Così hanno deciso le sezioni unite penali della suprema corte, imponendo di colpo uno stop alla vendita della ‘cannabis light’.

Vendita Cannabis light: perché lo stop

La commercializzazione di ‘cannabis sativa L’ e, in particolare, di foglie, inflorescenze, olio, resina, ottenuti dalla coltivazione della predetta varietà di canapa, NON rientra nell’ambito di applicazione della legge n.242 del 2 dicembre 2016 che qualifica come lecita unicamente l’attività di coltivazione di canapa” delle varietà per uso a fini medici, “pertanto integrano reato”, afferma la Cassazione nella sua massima sulla ‘cannabis light’, “le condotte di vendita e, in genere, la commercializzazione al pubblico, a qualsiasi titolo, dei prodotti derivati dalla coltivazione della ‘cannabis sativa L.’, salvo che tali prodotti siano in concreto privi di efficacia drogante“.

Vendita Cannabis light: quali conseguenze

Cosa significa tutto questo? In sostanza, saranno i giudici di merito, di volta in volta, a valutare quale sia la soglia di ‘efficacia drogante’ che rientra nei ‘parametri’ del consentito.

Il verdetto emesso dalle Sezioni Unite si è concluso con l’annullamento con rinvio della revoca di un sequestro di prodotti derivati dalla cannabis, come chiesto in subordine dal Pg della Suprema Corte che si era espresso per l’invio degli atti alla Consulta, come prima indicazione.

Cosa dice la legge 242 del 2016

Questa legge, gradualmente ha introdotto un mercato parallelo di prodotti derivati dalla canapa. Ambisce infatti a facilitare la coltivazione di canapa, allo scopo di consentire l’uso di alcune parti e vieta comunque la possibilità di commercializzare parti della pianta contenenti principi attivi droganti. Dopo questa sentenza, saranno i giudici di merito a valutare, caso per caso, se i principi dei prodotti venduti siano altamente droganti oppure no.

Redazione

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