Aumento Iva al 22%, quanto costerà e i beni di consumo coinvolti

Redazione 07/10/13
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Quanto costerà alle famiglie italiane l’aumento dell’Iva effettivo dal primo ottobre scorso? E’ questa la domanda che si pongono consumatori, nuclei famigliari e commercianti, che temono di vedere le proprie entrate ridotte ulteriormente dal balzo in avanti dell’aliquota maggiore sull’acquisto dei beni disponibili sul mercato.

Davvero si tratterà di un obolo pressante per le famiglie, oppure siamo di fronte più a un allarmismo mediatico seguito all’incremento di una tassa già certamente ben poco amata dai contribuenti?

Nei giorni scorsi, previsioni e stime sulle conseguenze dell’aumento Iva si sono avvicendate per dare in pasto alle famiglie i primi dati sull’incremento dell’imposta.

Sicuramente, tra le previsioni peggiori figura quella del Codacons, che ha calcolato esborso extra per le famiglie italiane pari a 349 euro sull’anno e relativo crollo dei consumi superiore al 3%. Insomma “un’ecatombe per il commercio”, stimava l’associazione, sia in ottica dei consumatori che, come si diceva, nei riguardi degli esercenti, i quali sembrano la categoria più martoriata naturalmente sopo le famiglie.

Ma per avere una media realistica delle ricadute sull’aumento Iva al 22%, è necessario capire quali sono i beni coinvolti nella crescita dell’aliquota. Ebbene, come noto, non sono tutti i prodotti che si trovano regolarmente sugli scaffali dei supermercati a essere toccati dalla crescita Iva, ma una parte comunque importante di questi, corrispondente a circa il 40,7% della spesa media della popolazione italiana.

Dunque, calzature, alimentari, bevande, ma anche prodotti tecnologici, hi-fi, computer, ormai entrati a fare parte della quotidianità degli individui, nonché importante capitolo di spesa nel corso dell’anno per ogni bilancio domestico.

Secondo i dati elaborati dall’Istat, dunque, i prodotti investiti dall’aumento Iva riguardano spese che ogni famiglia italiana ha sostenuto nella quantità di 2419 euro nel 2012, di cui 468 in alimentari e 1951 in prodotti e servizi di altro genere.

Benché, dunque, vada sottolineato che le altre fasce di prodotti acquistati con regolarità dalle famiglie siano soggetti ad aliquote inferiori dell’Iva al 4% o al 10%, il risultato del balzo Iva al 22% corrisponde a 114 euro in più da sborsare per ogni nucleo, che si differenzia per 130 euro al nord, 119 al centro e 91 al sud. Insomma, pare che l’impatto della nuova aliquota sarà più contenuto che nelle previsioni più drammatiche, ma siamo comunque di fronte a un pagamento in eccesso rispetto alle normali spese famigliari, che sicuramente non mancherà di farsi sentire nella normale condizione economica delle famiglie.

Ecco, dunque, perché il governo vuole arrivare a rivedere il paniere dei beni sottoposti all’incremento nella prossima legge di stabilità: un intervento potrebbe, in teoria, risultare più efficace di un generico ritorno al 21% che rischia di essere solo temporaneo.

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