Assunzioni under 35 al via: come fruire degli sgravi contributivi e novità 2021

Paolo Ballanti 06/05/20
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Dal mese di aprile le aziende possono beneficiare dello sgravio previsto per le assunzioni a tempo indeterminato di lavoratori di età inferiore ai 35 anni avvenute nel 2019 e nel 2020. A renderlo noto è l’INPS con Circolare n. 57 del 28 Aprile scorso.

Con il provvedimento in parola, l’Istituto comunica che è ora possibile recuperare le mensilità arretrate a partire dal mese di Gennaio 2019, per le assunzioni o trasformazioni a tempo indeterminato di under 35 che non siano mai stati destinatari di rapporti a tempo indeterminato con qualsiasi datore di lavoro.

Ricordiamo che l’agevolazione è stata di recente modificata e riordinata ad opera della Legge di bilancio 2020 (Legge n. 160/2019), che ha esteso lo sgravio all’assunzione di under 35 nel 2019 e nel 2020. In precedenza la misura si limitava ai rapporti attivati nel 2018.

Dal 2021, invece, lo sgravio si applicherà agli under 30.

Scarica la circolare Inps sgravi assunzioni under 35

Assunzioni under 35: Requisiti obbligatori

L’incentivo si applica per le assunzioni o trasformazioni a tempo indeterminato riguardanti lavoratori di età inferiore a 35 anni (34 anni e 364 giorni) che non siano mai stati in precedenza occupati con contratto a tempo indeterminato, ivi compresi i rapporti risolti per mancato superamento del periodo di prova o per dimissioni.

Fanno eccezione i rapporti di apprendistato svolti con lo stesso datore di lavoro che assume ovvero presso altra azienda e non proseguiti a tempo indeterminato.

> Assunzione giovani under 35: la mappa degli incentivi <

Assunzioni under 35: quando spetta il bonus

L’esonero spetta per le assunzioni o trasformazioni a tempo indeterminato. Nel primo caso il requisito anagrafico deve sussistere all’atto dell’assunzione nel secondo al momento della conversione del rapporto.

Assunzioni under 35: contratti esclusi dal bonus contributivo 

Sono invece esclusi:

  • Contratto di apprendistato;
  • Rapporti di lavoro domestico;
  • Contratti a chiamata;
  • Assunzione di dirigenti.

Da ricomprendere invece nell’agevolazione le assunzioni a tempo indeterminato a scopo di somministrazione.

E’ ammessa la fruizione dello sgravio per le aziende che assumono lavoratori per i quali un altro datore ha già fruito in parte del bonus. In questo caso si potrà godere dell’agevolazione per il periodo restante fino al raggiungimento dei 36 mesi, indipendentemente dall’età del lavoratore al momento dell’assunzione.

ESEMPIO

Ipotizziamo il caso di Tizio assunto dall’azienda Alfa all’età di 33 anni. L’azienda ha usufruito dello sgravio per 24 mesi fino a che il rapporto non si è risolto per dimissioni (o per licenziamento, è indifferente).

Tizio all’età di 35 anni viene assunto a tempo indeterminato dall’azienda Beta. Quest’ultima potrà legittimamente fruire dello sgravio per il periodo restante (12 mesi).

Bonus assunzioni under 35: come verificare i requisiti

La Circolare n. 57 ricorda alle aziende che è attiva sul sito dell’INPS un’utility con lo scopo di verificare l’esistenza di precedenti rapporti a tempo indeterminato, tali da impedire la fruizione dello sgravio.

Bonus assunzioni under 35: per quali orari di lavoro?

L’agevolazione spetta a prescindere dall’articolazione dell’orario di lavoro. Compresi quindi anche i rapporti con orario part-time.

Bonus assunzioni under 35: cosa cambia dal 2021

Novità importanti in arrivo tra pochi mesi, perché dal 2021 il bonus under 35 diventerà “bonus under 30”. Sarà infatti riservato a chi assume giovani fino a 30 anni. Come specificato nella circolare Inps infatti,a partire dell’annualità 2021 il limite anagrafico per accedere all’esonero sarà strutturalmente individuato nei trenta anni di età.

Assunzioni under 35: quali datori di lavoro hanno diritto allo sgravio contributivo 

Possono beneficiare dello sgravio solo i datori di lavoro privati, a prescindere dalla loro natura imprenditoriale. Sono pertanto ricompresi:

  • Datori di lavoro agricoli;
  • Datori di lavoro “non imprenditori” come associazioni culturali, sindacali o politiche, associazioni di volontariato e studi professionali.

Esclusi invece gli enti della pubblica amministrazione (comprese le ASL) e i datori di lavoro domestico.

L’incentivo peraltro non spetta alle aziende che nei sei mesi precedenti l’assunzione abbiano effettuato, nella stessa unità produttiva in cui dovrà essere assunto il lavoratore:

  • Licenziamenti per giustificato motivo oggettivo;
  • Licenziamenti collettivi.

Previsto inoltre il rispetto:

  • Dei principi generali in materia di agevolazioni contributive (Dlgs. n. 150/2015);
  • Della normativa sul lavoro e dei contratti collettivi nazionali, regionali, territoriali, aziendali sottoscritti;
  • Delle condizioni di lavoro e dell’assicurazione obbligatoria INAIL.

Assunzioni under 35: a quanto ammonta lo sgravio 

L’incentivo è per 36 mesi (decorrenti dall’assunzione o trasformazione) e riduce del 50% i contributi INPS a carico dell’azienda, con esclusione dei premi INAIL, fino ad un massimo di 3.000 euro su base annua, equivalenti a 250 euro mensili. In caso di assunzione o cessazione del rapporto in corso di mese, la soglia dev’essere riproporzionata moltiplicando il valore giornaliero di 8,06 euro (equivalenti a 250 euro / 31 giorni) per ogni giorno di godimento dell’incentivo.

Ipotizziamo il caso di un dipendente assunto il 25 gennaio 2019. In questo caso l’esonero spettante non potrà eccedere 8,06 euro * 7 giorni = 56,42 euro.

L’esonero è elevato al 100% per l’assunzione di un lavoratore già coinvolto in periodi di alternanza scuola – lavoro, apprendistato per la qualifica e il diploma professionale o di alta formazione e ricerca.

Bonus assunzioni under 35: cumulabile con altri incentivi

La Circolare INPS chiarisce che l’esonero under 35 è cumulabile con:

  • Incentivo per l’assunzione di lavoratori disabili;
  • Incentivo per l’assunzione di percettori di NASPI;
  • Incentivo “Occupazione Sviluppo Sud” per le assunzioni effettuate nel 2019;
  • Incentivo “Occupazione NEET” per le assunzioni effettuate nel 2018 e 2019;
  • “IncentivO Lavoro (IO Lavoro)”.

L’agevolazione non è invece cumulabile con lo sgravio per l’assunzione di donne prive di impiego regolarmente retribuito da almeno 24 mesi ovvero prive di impiego da almeno 6 mesi appartenenti a particolari professioni o aree geografiche.

Indicazioni operative sul bonus assunzioni under 35 

La Circolare n. 57 fornisce le indicazioni operative necessarie per comunicare all’INPS il recupero delle somme arretrate e di quelle correnti.

Dalla denuncia dei contributi relativi al mese di Aprile 2020 fino a quella di Giugno 2020 i datori di lavoro potranno esporre gli importi arretrati a titolo di agevolazione contributiva maturati a partire da Gennaio 2019 unitamente a quelli del mese corrente.

All’interno della denuncia (cosiddetto “Modello UNIEMENS”) campo <DenunciaIndividuale>, elemento <Incentivo> i dati da inserire saranno:

  • Nel campo <TipoIncentivo> dovrà essere riportato il codice “GECO” identificato con “Esonero contributivo articolo 1, commi 100 e seguenti, della Legge 27 dicembre 2017, n. 205 e L. n. 160/2019 comma 10”;
  • Nell’elemento <CodEnteFinanziatore> dovrà essere riportato il valore “H00” (Stato);
  • All’interno del campo <ImportoCorrIncentivo> dovrà essere indicato l’importo dell’agevolazione relativo al mese corrente;
  • Il campo <ImportoArrIncentivo> riporterà le somme arretrate da Gennaio 2019 (questo elemento rimarrà valorizzabile solo per i mesi di Aprile, Maggio, Giugno 2020).

Le stesse indicazioni devono essere replicate per esporre l’esonero totale con l’unica differenza del campo <TipoIncentivo> da valorizzare con il codice “GALT”.

Si ricorda che la denuncia UNIEMENS dev’essere inviata all’INPS entro la fine del mese successivo quello di competenza. Significa che i modelli relativi ad Aprile 2020 dovranno essere inviati entro il 31 maggio prossimo.

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A tutto ciò deve aggiungersi che il D.lgs 148 ha previsto la creazione di ammortizzatori sociali di comparto, i fondi bilaterali, creati dalle forze sociali di settore. Un simile impianto prevede un presupposto fondamentale. La chiarezza di chi sia rappresentativo di un settore e quale sia la contrattazione collettiva di effettivo riferimento. Senza di ciò il sistema di finanziamento di questi fondi rischia di entrare in quel complesso di dubbi interpretativi che ha sempre accompagnato gli istituti presenti nella cd. “parte obbligatoria” del CCNL alla stregua degli enti bilaterali, della sanità integrativa o della previdenza complementare. In definitiva se non si parte dalla vigenza erga omnes di talune disposizioni diventa impossibile pretendere la contribuzione e, conseguentemente in un sistema puramente assicurativo, la prestazione.Veniamo al punto successivo. In mancanza di contribuzione manca la prestazione. Questo è evidente in un impianto assicurativo classico ma il concetto è difficilmente traslabile in un meccanismo di sicurezza sociale in cui il contraente (datore di lavoro) ed il beneficiario (lavoratore) sono soggetti diversi. La prestazione consente di evitare il licenziamento del lavoratore ed il mantenimento del rapporto di lavoro sia pure in fase di temporanea sospensione. Si evita di generare disoccupazione involontaria. Pertanto, in ossequio all’art. 38 Cost., dovrebbe valere, per ogni tipologia di ammortizzatore, il principio dell’automaticità della prestazione fermo restando l’obbligo contributivo del datore di lavoro.   Altro tema importante è quello relativo alla funzione propria degli ammortizzatori sociali. Il nome stesso “ammortizzatore” evoca la funzione di quel meccanismo che serve ad evitare colpi improvvisi ed a superare dossi o avvallamenti stradali con il minor danno possibile. Sul punto il richiamato D.lgs 148/15 aveva ben introdotto meccanismi che impedissero l’attivazione degli strumenti per funzioni diverse (pensiamo al caso di cessazione dell’attività aziendale) promuovendo in tali circostanze meccanismi di presa in carico del lavoratore da parte dei servizi di ricollocazione con supporto della assicurazione sociale per l’impiego (naspi). Negli anni questi concetti sono stati un po’ lasciati in disparte dal sistema che ha preferito “tornare all’antico” accantonando la ricollocazione dei lavoratori, propria delle politiche attive del lavoro, e privilegiando il sostegno al mancato reddito riprendendo quindi temi di politiche passive del lavoro. Un meccanismo così impostato rende difficile ipotizzare riprese occupazionali visto anche il dichiarato e mai realizzato potenziamento tecnico/organizzativo dei centri per l’impiego ai quali l’avvento della figura dei “navigator” non ha fornito alcun beneficio concreto.Ultimo tema sollevato è quello relativo al finanziamento degli ammortizzatori sociali. La questione è molto ampia e delicata. Mi limito solo a segnalare che la risposta dipenderà dalla funzione che il sistema darà agli stessi. Se rimanessero nell’alveo di uno strumento temporaneo di “sicurezza aziendale” il loro costo non potrà che essere a carico delle imprese e dei lavoratori. Se invece si evolvesse a meccanismo di generale ed universale difesa dalla povertà (reddito di cittadinanza), ancorchè temporanea, del lavoratore potrebbe aprirsi un tema di riconsiderare come destinatario del costo non il mondo del lavoro ma l’intera collettività. In questo caso l’aggravio per la fiscalità generale sarebbe compensato dal minor onere per le imprese che potrebbe tradursi con maggior gettito salariale e quindi maggior introito fiscale.Tematiche ampie e strutturali. Sicuramente lo stress test Covid19 non passerà inosservato anche in tema di ammortizzatori sociali che saranno probabilmente ristrutturati. Come ogni crisi, anche questa, avrà come conseguenza elementi di miglioramento. L’economista Joseph Schumpeter insegnava che proprio dalla crisi, la cui etimologia greca fa riferimento al cambiamento, deriva ogni miglioramento sociale. Speriamo valga anche questa volta.Paolo Stern – presidente Nexumstp S.p.A.Paolo SternConsulente del Lavoro in Roma. Socio fondatore di Nexumstp Spa. Autore di numerose pubblicazioni in materia di lavoro e relatore a convegni e seminari. Professore a contratto presso università pubbliche e private.Sara Di NinnoDottore in Scienze politiche e Relazioni internazionali, collaboratrice area normativa del lavoro presso Nexumstp Spa. Specializzata in Diritto del lavoro e Relazioni industriali, è dottore di ricerca in Diritto pubblico, comparato ed internazionale, con tema di ricerca in Diritto del lavoro internazionale, e docente in corsi di formazione in materia di disciplina del rapporto di lavoro.Massimiliano Matteucci Consulente del Lavoro in Roma, Socio Nexumstp spa. Laureato in Economia. Specializzato in normativa di Diritto del lavoro e previdenza sociale. Cultore della materia presso la Cattedra di Diritto del lavoro dell’Università La Sapienza di Roma e preso l’Università Niccolò Cusano di Roma. Membro del Centro Studi dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro Roma, relatore a convegni e seminari. È articolista per la rivista TWOC dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro di Roma. Consulente Asseveratore Asseco.Lorenzo Sagulo Laureato in Economia e Gestione delle imprese all’Università degli Studi “Roma Tre”. Collabora con Nexumstp Spa nell’area consulenza del lavoro. È specializzato in normativa di Diritto del lavoro e relazioni industriali. 

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SMART WORKING E CORONA VIRUS

Lo sviluppo delle nuove tecnologie e il processo di digitalizzazione, denominato Industria 4.0, che coinvolge l’attuale contesto economico e sociale, ha determinato necessariamente dei cambiamenti anche nel modo di concepire la prestazione lavorativa, ad oggi caratterizzata dalla destrutturazione spazio-temporale.La flessibilità degli orari e del luogo della prestazione di lavoro, diventa una necessità ed una soluzione che grazie all’utilizzo dell’ ITC (information technology) si realizza concretamente.Le nuove tecnologie, in particolare quelle collaborative ed i social media, hanno concesso la possibilità di mettersi in contatto con chiunque ed in qualsiasi momento, e ciò ha completamente stravolto la cultura d’impresa.Invero, il sempre maggiore utilizzo di internet nonchè dei nuovi mezzi di comunicazione ha fatto sì che le distanze venissero meno o comunque si accorciassero, modificando notevolmente quello che era il modo di lavorare e di fare impresa.A tal proposito il diritto del lavoro si trova a fare i conti con queste nuove esigenze che necessitano di un intervento regolativo.Con la legge 81/2017 è stato introdotto e disciplinato il “Lavoro Agile”, meglio definito “Smart Working” e, per la prima volta in Italia, tale specifica modalità di svolgimento della prestazione lavorativa è stata inserita all’interno di un quadro normativo, che verrà trattato nel proseguo.Lo Smart Working, più precisamente, può essere definito come quell’“insieme di modelli organizzativi, moderni e non convenzionali, caratterizzato da un elevato livello di flessibilità nella scelta degli spazi, degli orari e degli strumenti di lavoro, e che fornisce a tutti i dipendenti di un’azienda le migliori condizioni di lavoro”.Una delle tendenze che caratterizza il mercato del lavoro è, senza ombra di dubbio, la richiesta di flessibilità da parte dei lavoratori e di soluzioni che diano risposta al loro bisogno di conciliazione tra vita privata e vita lavorativa.Ed infatti la ratio posta alla base della L. 81/2017 è rappresentata proprio dall’incremento della competitività e della conciliazione dei tempi vita lavoro definito come work life balance.Questo concetto assai significativo consiste proprio nel bilanciamento tra il tempo dedicato al lavoro e alla carriera e quello dedicato a prendersi cura della famiglia e del proprio tempo libero.Le difficoltà nel gestire e bilanciare i tempi di vita nonché quelli di lavoro possono comportare, ancora, un ulteriore costo per il lavoratore in termini di riduzione del benessere; ciò può portare di conseguenza anche a compromettere la qualità della prestazione lavorativa e la produttività delle ore dedicate al lavoro.Come emerge dagli ultimi dati elaborati dall’Osservatorio smart working, i lavoratori smart mediamente presentano un grado di soddisfazione e coinvolgimento nel proprio lavoro molto più elevato di coloro che lavorano in modalità tradizionale: il 76% si dice soddisfatto della sua professione, contro il 55% degli altri dipendenti; uno su tre si sente pienamente coinvolto nella realtà in cui opera e ne condivide valori, obiettivi e priorità, contro il 21% dei colleghi. Inoltre, sono più soddisfatti dell’organizzazione del proprio lavoro (il 31% degli smart worker contro il 19% degli altri lavoratori), ma anche delle relazioni fra colleghi (il 31% contro il 23% degli altri) e della relazione con i loro superiori (il 25% contro il 19% degli altri).Tutto ciò naturalmente, comporta risvolti positivi anche nei confronti delle aziende, tra questi spiccano l’incremento di produttività, la riduzione del tasso di assenteismo, la capacità di attrarre i talenti, l’aumento dell’engagement, il miglioramento delle competenze digitali e l’ottimizzazione della gestione degli spazi.Uno spazio all’interno di questa trattazione è dedicato agli ultimi interventi normativi circa l’utilizzo dello smart working come strumento per consentire la prosecuzione dell’attività lavorativa nella situazione di emergenza in cui si trova il nostro paese, dovuta al diffondersi del virus Covid-19.Massimiliano MatteucciConsulente del Lavoro in Roma. Partner Nexumstp Spa. Cultore della materia e Professore a contratto presso università pubbliche e private. Autore di numerose pubblicazioni in materia di Lavoro e relatore a convegni e seminari.

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