Accesso civico, pubbliche amministrazioni: ecco cos’è

Redazione 08/05/13
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La trasparenza amministrativa con l’accesso civico estende il proprio raggio d’azione ben oltre i confini tracciati dal diritto di accesso riconosciuto da più di vent’anni ai soggetti interessati dalla legge 241 del 1990. L’accesso civico, infatti, ha ad oggetto una massa d’informazioni che oltrepassa gli specifici atti e documenti che fino ad oggi dovevano essere resi disponibili dalle amministrazioni pubbliche. Già da qualche anno la legislazione ha assistito a questo cambiamento di passo, spinta dalle potenzialità del web e dall’esigenza di battere i dispendi delle risorse pubbliche. La normativa anticorruzione 190/2012, nel predisporre il riordino delle disposizioni inerenti la trasparenza, è giunta anche a enfatizzare la connessione tra gli obblighi di pubblicità e il contrasto alla corruzione. Ciò nonostante, sino al decreto 33 gli strumenti utili alla concretizzazione di queste misure risultavano ancora carenti.

Ecco dunque l’accesso civico che dovrebbe intervenire per colmare la lacuna. Nel caso in cui le norme impongono nei confronti dell’amministrazione precisi obblighi di pubblicità (il decreto 33 ne presume alcuni in tema di organi di indirizzo politico, personale, incarichi esterni, beni e contratti pubblici, servizi sanitari e così via) e gli stessi obblighi non vengono rispettati il decreto legittima chiunque a richiedere la messa a disposizione, così come la pubblicazione di tutte le informazioni. A differenza del diritto di accesso tradizionale, in questo caso la domanda può essere inoltrata da chiunque, non va motivata ed è gratuita. La stessa va indirizzata al responsabile della trasparenza, il quale, in caso di accettazione, pubblica entro 30 giorni i documenti o le informazioni sul sito dell’amministrazione e trasmette l’intero materiale al richiedente. Il responsabile deve altresì segnalare all’ufficio competente all’imposizione delle sanzioni disciplinari l’eventuale inadempimento agli obblighi di pubblicazione, rilevato dalla richiesta d’accesso.

Qualora il responsabile neghi o non risponda all’accesso, il decreto annuncia due rimedi. Il primo, applicabile all’inerzia, possiede natura amministrativa e consiste nel ricorso all’organo di vertice  dell’amministrazione che risulta titolare di un esteso potere sostitutivo. Il secondo, invece, ha valenza giurisdizionale ed è ritagliato dalla vigente disciplina con attinenza all’accesso ai documenti amministrativi. Con il medesimo rito speciale previsto già per l’accesso tradizionale della legge 241, il richiedente è legittimato a rivolgersi al giudice amministrativo, il quale a sua volta può ordinare l’esibizione e la pubblicazione documentale. Le difformità tra accesso ex lege 241 ed accesso civico sono dunque assai importanti. Il primo è principalmente concepito come mezzo per tutelare interessi giuridici peculiari. Lo stesso può essere esercitato da chi risulta portatore di simili interessi, e ha per oggetto atti e documenti individuali. La legge 241 quindi esclude che esso possa diventare una forma di controllo generalizzato sull’attività amministrativa. La trasparenza decretata invece dal decreto 33 presuppone una legittimazione generalizzata (una sorta di azione popolare) congiuntamente alla possibilità che la richiesta venga a riguardare non tanto singoli documenti, bensì tutte le informazioni che l’amministrazione avrebbe dovuto pubblicare.

Il modello proposto in questo modo si approssima all’accesso introdotto nel 2005 nel merito dell’informazione ambientale, dietro la ricezione di una convenzione internazionale e di una direttiva europea. L’accesso civico, tuttavia, non gode dell’esenzione dal contributo unificato. Il ricorso al Tar, infatti, costerà come l’accesso della normativa 241, dietro somme sì contenute, ma non puramente simboliche. Nel decreto 33 l’accesso civico rappresenta quindi soltanto uno degli strumenti volti ad assicurare il rispetto degli oneri di trasparenza. Prima di esso vengono le misure programmative ed organizzative, le sanzioni interne, così come quelle che colpiscono i beneficiari degli atti sottostanti a trasparenza. In via del tutto ideale, l’accesso civico dovrebbe costituire l’ultimo escamotage per stimolare l’amministrazione a rispettare i doveri di trasparenza ai quali è sottoposta. Se così realmente fosse, in particolare considerando l’obbligo di segnalazione allo scopo dell’applicazione delle sanzioni disciplinari, l’accesso civico dovrebbe primariamente agire in prevenzione ed il rispettivo esercizio formale dovrebbe altresì rivelarsi sporadico. Concretamente invece, la situazione appare differente. Se già la trasparenza sancita dalla legge 241 aveva messo a dura prova le amministrazioni responsabili di aver impiegato troppo tempo per attrezzarsi, quella del decreto 33 potrebbe rivelarsi persino più impegnativa, arrivando a scontrarsi con la scelta (compiuta dalle legge delega 190) di ipotizzare che tutto possa concretarsi a risorse invariate. L’accesso civico, pertanto, almeno in un’iniziale fase potrebbe scoprirsi un incentivo da dover forzare con una certa assiduità.

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