Arriva l’arbitro assicurativo. Ma ne abbiamo davvero bisogno?

Massimo Quezel 29/01/21
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Dopo continui rinvii, sembra che l’Aas (arbitro assicurativo) stia per diventare una realtà. Si tratta dell’ennesimo tentativo di introdurre un sistema deflattivo per l’aumento costante delle cause civili in materia assicurativa. Ma è davvero questa la strada giusta?

Se ne parla da anni, ora pare giunto il momento della sua discesa in campo. Stiamo parlando dell’arbitro assicurativo (Aas), ovvero della figura che sarà chiamata a risolvere sul nascere le controversie in materia di polizze, da quel che si dice anche in ambito RC auto.

Sulla (dubbia) utilità di tale servizio non può che correrci l’obbligo di spendere qualche parola.

Innanzitutto, in materia RC auto esiste già una procedura per evitare il contenzioso in tribunale. Il Codice delle Assicurazioni, infatti, prevede che una causa civile possa essere intentata soltanto trascorsi gli specifici termini che la compagnia di assicurazioni ha a disposizione per formulare e motivare un’offerta risarcitoria, o negarla.

Pertanto un meccanismo deflattivo che potrebbe essere molto efficace è proprio il tentativo di composizione stragiudiziale che viene posto in essere dal danneggiato nel momento in cui avanza la sua richiesta di risarcimento e riceve riscontro dalla compagnia.

E’ evidente che, al fine di ottimizzare le possibilità di successo di tale risoluzione della problematica, l’ausilio di un patrocinatore è di fondamentale importanza, perché consente al danneggiato (chiaramente inesperto in materia, e normalmente incapace di conoscere compiutamente se e quanto possa legittimamente pretendere in termini di risarcimento) di confrontarsi alla pari con i colossi assicurativi, che gestiscono con strutture e personale dedicato migliaia di sinistri ogni giorno.

Se patrocinatori da una parte e liquidatori dall’altra svolgessero bene il loro lavoro, la deflazione del contenzioso giudiziale si otterrebbe facilmente.

Ma, evidentemente, ciò non accade, visto che solo per l’RC auto a fine 2019 risultavano pendenti più di duecentomila cause civili e penali, e complessivamente quasi centomila reclami alle compagnie.

Ebbene, invece di rivedere le inefficienze dell’attuale sistema risarcitorio, in primis abrogando quell’obbrobrio indiscutibile che si chiama “risarcimento diretto”, si è pensato bene di creare questa nuova figura, ma le aspettative sono di un totale fallimento visto che già nel 2010 si era tentata una strada molto simile mediante l’introduzione della mediazione obbligatoria in ambito RC auto, passaggio obbligato prima di poter proporre una causa civile. Una trovata del tutto illogica visto che esistevano già, ed esistono tuttora, oltre al tentativo di composizione stragiudiziale sopra richiamato, anche procedure di conciliazione attivabili sia in sede giudiziale (art. 320 c.p.c.) che stragiudiziale (art. 322 c.p.c.). E infatti questo istituto naufragò molto rapidamente.

Ma tale esperienza non bastò: nel 2015 assistiamo ad un nuovo tentativo di complicare ulteriormente la vita per un danneggiato che vuole soltanto tutelare i suoi diritti. Viene approvata, infatti, la riforma che introduce la negoziazione assistita obbligatoria anche in materia RC auto, altro pasticcio in pratica disapplicato sin da subito e divenuto, oggi, una mera proforma che non porta a nulla costringendo il danneggiato ad dover attendere, prima di procedere con la causa, i tempi di una nuova procedura che puntualmente si conclude con un nulla di fatto, per altro con un inutile esborso economico da parte dell’istante (come ha avuto modo di sottolineare il Tribunale di Verona con una  ordinanza emessa il 16 gennaio 2020, con la quale ha bocciato l’istituto, ritenendolo in contrasto con la normativa europea).

Insomma, come al solito la storia non insegna nulla. Ci sono troppe cause in piedi in materia assicurativa? Ci sono troppi reclami che rallentano le procedure? A quanto pare, secondo le compagnie la colpa non è di un sistema risarcitorio nato male e invecchiato peggio, che necessiterebbe di una profonda revisione al fine di renderlo più efficiente, ma è dei danneggiati, brutti e cattivi, che non si accontentano delle liquidazioni proposte o che, dispettosi, non accettano un “no” di fronte ad una richiesta di risarcimento (come se portare un colosso assicurativo in tribunale fosse un divertimento).

E allora che si fa? Gli si va a complicare la vita ancora di più, questa volta non prevedendo un passaggio obbligato attraverso una procedura illogica e inefficiente (oltre che ingiustificatamente dispendiosa) come la mediazione obbligatoria o la negoziazione assistita, ma in maniera più subdola introducendo una figura come l’arbitro assicurativo che “con costi minimi” promette di dirimere ogni controversia e creare un punto di incontro idilliaco tra assicurato e compagnia assicurativa privando il senz’altro inconsapevole il danneggiato (che in buona fede pensa sia la soluzione più corretta quella di rivolgersi a tale figura piuttosto che ad un patrocinatore professionista) della possibilità di sottoporre successivamente ad un giudice la questione.

Sono quindi aperte le scommesse: quanto durerà questa nuova trovata? Più o meno della mediazione obbligatoria? Più o meno della negoziazione assistita? Staremo a vedere.

 

Massimo Quezel

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