Smart working e telelavoro 2020: istruzioni per lavoratori disabili, invalidi, legge 104

Paolo Ballanti 14/09/20
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Dall’inizio dell’emergenza Covid-19 tanto si è parlato di lavoro agile o smart working come strumento per contenere il numero di contagi ed incontrare le esigenze delle aziende di garantire la continuità produttiva oltre che i bisogni dei dipendenti di custodire i figli durante il periodo di chiusura delle scuole.

Il Governo, dal canto suo, ha incentivato l’utilizzo di questa particolare forma di esecuzione del lavoro, introducendo una procedura semplificata, che prescinde da qualsiasi accordo individuale tra azienda e dipendente, lasciando come unici adempimenti la comunicazione al Ministero del lavoro circa il periodo di smart working e il dettaglio dei lavoratori interessati oltre ad un’informativa da rendere a dipendenti ed RLS (Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza) circa i rischi per la salute e la sicurezza.

In considerazione del fatto che il prossimo 15 ottobre terminerà (salvo proroghe) la procedura semplificata per il lavoro agile, nelle prossime righe forniremo in dettaglio le opportunità che i dipendenti disabili hanno per lavorare da casa, distinguendo tra smart working e telelavoro.

Smart working 2020: istruzioni per disabili

Il Decreto Cura Italia (D.l. n. 18/2020 convertito in Legge n. 27/2020) ha previsto sino al termine dello stato di emergenza sanitaria (attualmente fissato per il 15 ottobre) il diritto di svolgere la prestazione lavorativa in regime di smart working a:

  • Lavoratori dipendenti disabili;
  • Lavoratori dipendenti che abbiano nel proprio nucleo familiare una persona con disabilità.

Inoltre, ai soggetti con ridotte capacità lavorative è riconosciuta priorità nell’accoglimento delle istanze di lavoro agile.

Ricordiamo che per definizione lo smart working è una particolare modalità di svolgimento della prestazione, in base alla quale azienda e dipendente si accordano affinché il lavoro venga reso:

  • In parte all’interno e all’esterno dell’azienda;
  • Senza precisi vincoli di orario o luogo di esecuzione della prestazione;
  • Eventualmente con l’utilizzo di strumenti tecnologici.

>> Legge 104: tutte le agevolazioni lavorative per chi assiste disabili

Smart working 2020: procedura semplificata

Il termine dello stato di emergenza sanitaria del 15 ottobre segnerà anche la fine della procedura semplificata di accesso allo smart working. A marzo, nel momento di aumento considerevole dei contagi il Governo (DPCM del 1º marzo 2020) decise infatti di agevolare le aziende nel ricorso al lavoro da casa, con lo scopo di limitare i contatti tra le persone e garantire la continuità lavorativa ai soggetti in grado di svolgere il proprio lavoro lontano dall’ufficio.

Di conseguenza, fino al 15 ottobre (salvo proroghe) i datori potranno ricorrere al lavoro agile senza l’obbligo di stipulare uno specifico accordo individuale con il dipendente, comunicando i nominativi dei soggetti interessati attraverso una procedura telematica sul portale del Ministero del lavoro (possibile anche l’invio massivo in presenza di più lavoratori in smart working).

>> Smart working: come attivarlo correttamente 

Smart working 2020: cosa accadrà dopo il 15 ottobre 

In assenza di novità normative l’attuale disciplina del lavoro agile prevede (come accennato) l’obbligo di stipula di un accordo individuale tra azienda e lavoratore, per far si che quest’ultimo possa svolgere la prestazione in smart working.

Gli accordi dovranno poi essere trasmessi (anche in forma massiva) al Ministero del lavoro. Gli stessi possono essere a:

  • Tempo indeterminato, in questo caso il recesso dev’essere comunicato con un preavviso di 90 giorni per i lavoratori disabili (30 negli altri casi) al fine di consentire all’azienda di riorganizzare gli spazi aziendali e l’attività produttiva;
  • A termine, con recesso consentito solo per giustificato motivo.

Una volta cessata la validità dell’accordo la prestazione lavorativa continuerà ad essere svolta secondo le modalità ordinarie.

>> Agevolazioni auto disabili: non basta la Legge 104. Ecco requisiti e condizioni necessarie per ottenerle 

Lavoratori disabili: il ruolo delle aziende

Nei confronti dei lavoratori disabili i datori di lavoro dopo il 15 ottobre possono stipulare degli accordi aziendali con le rappresentanze sindacali aziendali (RSA / RSU) o territoriali che regolamentino il ricorso allo smart working, prevedendo ad esempio priorità di accesso ai lavoratori con handicap o che assistano familiari in tali condizioni. Naturalmente, anche in presenza di accordo aziendale restano fermi gli obblighi di legge (accordo individuale scritto e invio dello stesso al Ministero del lavoro).

Smart working 2020: trattamento economico e normativo

Anche dopo il 15 ottobre i dipendenti disabili in smart working avranno diritto allo stesso trattamento economico e normativo previsto per i periodi di lavoro svolti in azienda. Non ci saranno penalizzazioni e diminuzioni di stipendio.

Ammesso altresì, se disciplinato nell’accordo, il diritto all’apprendimento periodico e alla certificazione delle competenze.

Sempre l’accordo individuale dovrà descrivere le modalità per l’esercizio del potere di controllo da parte del datore di lavoro. Quest’ultimo, peraltro, potrà legittimamente applicare sanzioni disciplinari in relazione alle condotte (previste nell’accordo) poste in essere dal dipendente fuori dai locali aziendali.

>> Smart working 2020: spettano buoni pasto e fringe benefit? Le regole

Smart working 2020: salute e sicurezza

L’azienda è tenuta a garantire la salute e la sicurezza dei soggetti che svolgono la prestazione in regime di smart working. In particolare il datore è tenuto a consegnare (con cadenza almeno annuale) al dipendente interessato ed al Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (RLS) un’informativa scritta in cui sono riportati i rischi connessi allo svolgimento del lavoro in modalità agile.

Il datore è infine responsabile del funzionamento e della sicurezza degli strumenti tecnologici affidati al dipendente per lo svolgimento della prestazione da remoto.

Telelavoro 2020

In alternativa al lavoro agile, azienda e dipendente disabile possono stipulare un accordo di telelavoro, in base al quale la prestazione viene svolta all’esterno dei locali aziendali, grazie all’uso di strumenti informatici e sistemi di telecomunicazione.

Il telelavoro può essere previsto nell’ambito di rapporti di lavoro subordinato, parasubordinato o autonomo, anche in una fase successiva rispetto alla decorrenza del contratto. Ad esempio azienda e dipendente possono prevedere l’attivazione del telelavoro quando il rapporto è già in corso di svolgimento.

Peraltro, l’azione è completamente reversibile: per effetto di un accordo individuale e/o collettivo l’attività lavorativa può essere svolta normalmente nei locali aziendali.

La regolamentazione di riferimento del telelavoro è contenuta nell’Accordo interconfederale del 9 giugno 2004 in cui si prevede, tra le altre cose, che:

  • Il datore di lavoro è responsabile della fornitura, installazione e manutenzione degli strumenti necessari per lo svolgimento del lavoro;
  • L’azienda copre i costi legati allo svolgimento del lavoro da remoto, nel caso in cui lo stesso venga svolto con regolarità (ad esempio l’utenza per il consumo di energia elettrica);
  • L’azienda si fa carico degli oneri derivanti da perdita o danneggiamento degli strumenti di lavoro;
  • Il datore di lavoro deve adottare misure dirette a garantire la protezione dei dati utilizzati dal telelavoratore;
  • Il carico di lavoro dell’interessato dev’essere equivalente a quello dei lavoratori comparabili che svolgono l’attività nei locali dell’impresa;
  • Il lavoratore è libero di accettare o meno l’offerta di telelavoro.

Non esistono ad oggi disposizioni di legge sull’accesso prioritario dei dipendenti disabili al telelavoro. Resta comunque alla libera scelta delle aziende la decisione di adottare un accordo o regolamento aziendale che preveda una corsia preferenziale in virtù delle particolari condizioni fisiche dei lavoratori.

Smart working 2020: si ha diritto ai Permessi 104

I lavoratori disabili in smart working o telelavoro hanno comunque diritto ai permessi Legge 104/92, posto che le ore svolte secondo queste due forme particolari di prestazione sono equiparate al lavoro ordinario.

Al pari dei dipendenti che svolgono l’attività lavorativa in sede, eventuali abusi dei permessi sono puniti:

  • A livello disciplinare, fino ad arrivare, nei casi limite, al licenziamento per giusta causa;
  • A livello penale si rischia la reclusione da sei mesi a tre anni o, al contrario, una sanzione amministrativa da 5.164 a 25.822 euro se la somma indebitamente percepita è pari o inferiore a 3.999,96 euro.

Confermata anche la possibilità di chiedere il congedo straordinario fino ad un massimo di due anni per i lavoratori dipendenti familiari di persona gravemente disabile.

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SMART WORKING E CORONA VIRUS

Lo sviluppo delle nuove tecnologie e il processo di digitalizzazione, denominato Industria 4.0, che coinvolge l’attuale contesto economico e sociale, ha determinato necessariamente dei cambiamenti anche nel modo di concepire la prestazione lavorativa, ad oggi caratterizzata dalla destrutturazione spazio-temporale.La flessibilità degli orari e del luogo della prestazione di lavoro, diventa una necessità ed una soluzione che grazie all’utilizzo dell’ ITC (information technology) si realizza concretamente.Le nuove tecnologie, in particolare quelle collaborative ed i social media, hanno concesso la possibilità di mettersi in contatto con chiunque ed in qualsiasi momento, e ciò ha completamente stravolto la cultura d’impresa.Invero, il sempre maggiore utilizzo di internet nonchè dei nuovi mezzi di comunicazione ha fatto sì che le distanze venissero meno o comunque si accorciassero, modificando notevolmente quello che era il modo di lavorare e di fare impresa.A tal proposito il diritto del lavoro si trova a fare i conti con queste nuove esigenze che necessitano di un intervento regolativo.Con la legge 81/2017 è stato introdotto e disciplinato il “Lavoro Agile”, meglio definito “Smart Working” e, per la prima volta in Italia, tale specifica modalità di svolgimento della prestazione lavorativa è stata inserita all’interno di un quadro normativo, che verrà trattato nel proseguo.Lo Smart Working, più precisamente, può essere definito come quell’“insieme di modelli organizzativi, moderni e non convenzionali, caratterizzato da un elevato livello di flessibilità nella scelta degli spazi, degli orari e degli strumenti di lavoro, e che fornisce a tutti i dipendenti di un’azienda le migliori condizioni di lavoro”.Una delle tendenze che caratterizza il mercato del lavoro è, senza ombra di dubbio, la richiesta di flessibilità da parte dei lavoratori e di soluzioni che diano risposta al loro bisogno di conciliazione tra vita privata e vita lavorativa.Ed infatti la ratio posta alla base della L. 81/2017 è rappresentata proprio dall’incremento della competitività e della conciliazione dei tempi vita lavoro definito come work life balance.Questo concetto assai significativo consiste proprio nel bilanciamento tra il tempo dedicato al lavoro e alla carriera e quello dedicato a prendersi cura della famiglia e del proprio tempo libero.Le difficoltà nel gestire e bilanciare i tempi di vita nonché quelli di lavoro possono comportare, ancora, un ulteriore costo per il lavoratore in termini di riduzione del benessere; ciò può portare di conseguenza anche a compromettere la qualità della prestazione lavorativa e la produttività delle ore dedicate al lavoro.Come emerge dagli ultimi dati elaborati dall’Osservatorio smart working, i lavoratori smart mediamente presentano un grado di soddisfazione e coinvolgimento nel proprio lavoro molto più elevato di coloro che lavorano in modalità tradizionale: il 76% si dice soddisfatto della sua professione, contro il 55% degli altri dipendenti; uno su tre si sente pienamente coinvolto nella realtà in cui opera e ne condivide valori, obiettivi e priorità, contro il 21% dei colleghi. Inoltre, sono più soddisfatti dell’organizzazione del proprio lavoro (il 31% degli smart worker contro il 19% degli altri lavoratori), ma anche delle relazioni fra colleghi (il 31% contro il 23% degli altri) e della relazione con i loro superiori (il 25% contro il 19% degli altri).Tutto ciò naturalmente, comporta risvolti positivi anche nei confronti delle aziende, tra questi spiccano l’incremento di produttività, la riduzione del tasso di assenteismo, la capacità di attrarre i talenti, l’aumento dell’engagement, il miglioramento delle competenze digitali e l’ottimizzazione della gestione degli spazi.Uno spazio all’interno di questa trattazione è dedicato agli ultimi interventi normativi circa l’utilizzo dello smart working come strumento per consentire la prosecuzione dell’attività lavorativa nella situazione di emergenza in cui si trova il nostro paese, dovuta al diffondersi del virus Covid-19.Massimiliano MatteucciConsulente del Lavoro in Roma. Partner Nexumstp Spa. Cultore della materia e Professore a contratto presso università pubbliche e private. Autore di numerose pubblicazioni in materia di Lavoro e relatore a convegni e seminari.

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Decreti “Cura Italia”, “Liquidità” e “Rilancio”, questi i nomi con cui sono stati battezzati i tre provvedimenti principali, tralasciando i vari Dpcm, assunti dal Governo, nel periodo dell’emergenza epidemiologica Covid-19.In realtà, nonostante le diverse terminologie, tutti i tre decreti contengono misure dirette a fronteggiare l’emergenza, con disposizioni per il sostegno di imprese, lavoratori e famiglie, ma giudicate insufficienti a contrastare gli effetti economici, non solo immediati, dell’epidemia;  l’appunto viene rivolto soprattutto, in una visione strutturale e strategica, al decreto Rilancio. I decreti sono inoltre accomunati:- dall’incertezza del percorso di conversione in legge: fin dai giorni successivi alla loro pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, si è prodotto un flusso di emendamenti che ha dato un senso di provvisorietà alle disposizioni appena emanate. Alla data di stampa del presente ebook è in corso di conversione il decreto di Rilancio con previsione di rilevati modifiche;- dall’inefficacia di molte misure in assenza dei relativi provvedimenti attuativi. Sono 165 i decreti attuativi previsti e ad oggi ne risultano emanati circa il 20%;- dalla tecnica redazionale che rende la lettura un percorso ad ostacoli tra incroci, rimandi, eccezioni, esclusioni, richiami a catena a normative nazionali ed europee, con termini non sempre coerenti e provvedimenti che si sovrappongono; – dal moltiplicarsi di circolari, comunicati e messaggi di Agenzia entrate, Inps e associazioni di riferimento (ABI, Confindustria, ecc.), spesso necessarie, ma che hanno richiesto un’incessante attenzione.In questo contesto, studio verna ha ritenuto utile produrre delle tabelle di sintesi che potessero essere d’ausilio per avere un quadro d’insieme, semplificare la comprensione delle diverse misure ed individuare, da parte dei vari operatori, i provvedimenti di specifico interesse, pur essendo il percorso legislativo, attuativo ed interpretativo, ancora ancora tutt’altro che concluso.In questa seconda edizione, sono evidenziate in rosso le modifiche intervenute per effetto principalmente della legge 17 luglio 2020, n. 77, di conversione del decreto Rilancio, nonché dei diversi provvedimenti attuativi e della prassi ufficiale.Studio Verna Società ProfessionaleLo Studio Verna Società Professionale, costituitasi nel 1973, è la più antica società semplice professionale ed offre consulenza ed assistenza economico-giuridica a Milano, con studi anche a Roma e Busto Arsizio. Persegue una politica di qualità fondata su etica, competenza e specializzazione. I suoi soci hanno pubblicato oltre un centinaio di libri ed articoli in materia contabile, societaria, concorsuale e tributaria, oltre un manuale di gestione della qualità per studi professionali.

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