Brexit, tredici britannici ricorrono al Tribunale Ue

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Nella causa T-458/17 decisa con sentenza il 26 novembre 2018, tredici agguerriti cittadini britannici, residenti in Stati membri diversi dal Regno Unito, hanno chiesto al Tribunale dell’Unione europea di annullare la decisione del Consiglio dell’Unione che ha autorizzato l’avvio dei negoziati sulla Brexit.

Brexit: le motivazioni di parte e la replica del Consiglio

I ricorrenti affermavano di essere stati privati, in quanto espatriati, del diritto di voto in occasione del referendum, evidenziando che il ricorso proposto dinanzi al Tribunale fosse l’unico mezzo giurisdizionale prima dell’ineluttabile perdita della loro qualità di cittadini dell’Unione, che avverrà il 29 marzo 2019. Secondo il Consiglio dell’Unione, la decisione impugnata non avrebbe prodotto  alcun effetto sulla situazione giuridica dei ricorrenti, in quanto atto meramente preparatorio.

Brexit: le argomentazione del Tribunale dell’Unione

Nella sentenza, il Tribunale ha evocato la regola secondo cui per poter proporre un ricorso dinanzi ad esso, l’atto deve riguardare direttamente i ricorrenti e produrre esplicitamente effetti sulla loro situazione giuridica. Il Tribunale osserva che, sebbene la decisione del Consiglio che autorizza l’avvio dei negoziati della Brexit produca effetti giuridici tra l’Unione e i suoi Stati membri e tra le istituzioni dell’Unione, tuttavia essa non produce in via diretta, effetti sulla situazione giuridica dei ricorrenti. Il Tribunale ritiene infatti che la decisione non modifichi la situazione giuridica dei cittadini britannici che risiedono in uno Stato membro diverso dal Regno Unito, sia che si tratti della loro situazione alla data della decisione impugnata, sia della loro situazione a decorrere dalla data di recesso. I ricorrenti non colgono nel segno quando affermano che la decisione impugnata li riguarda espressamente, per quanto concerne la qualità di cittadini dell’Unione, il diritto di voto alle elezioni europee e comunali, il diritto al rispetto della vita privata e familiare, la libertà di circolare, soggiornare e lavorare, il diritto di proprietà e i diritti alle prestazioni sociali. La decisione impugnata costituisce un essenziale atto preparatorio che non può pregiudicare il contenuto dell’eventuale accordo finale, in particolare per quanto attiene all’ambito di applicazione di disposizioni relative alla preservazione dello status e dei diritti di cittadini britannici nell’Unione a 27 Stati membri, tanto più che la decisione impugnata non ha ad oggetto la definizione di tali diritti.

Brexit: il rimedio del giudice nazionale

Per quanto concerne l’argomento fondato sulla mancanza di altri rimedi giurisdizionali effettivi, il Tribunale ricorda che il controllo giurisdizionale sul rispetto dell’ordinamento giuridico dell’Unione viene garantito non solo dalla Corte di giustizia e dal Tribunale dell’Unione europea, ma anche dai giudici degli Stati membri. L’atto con cui il Regno Unito ha notificato al Consiglio la sua intenzione di recedere dall’Unione e la circostanza che alcuni cittadini britannici non abbiano potuto votare, avrebbe potuto formare oggetto di un regolare ricorso dinanzi al giudice del Regno Unito. Il Tribunale sottolinea inoltre che la ricevibilità del loro ricorso non dipende dal fatto che il Regno Unito si consideri o meno vincolato da una decisione del giudice dell’Unione, bensì dalla condizione secondo cui la decisione impugnata deve produrre direttamente effetti sulla situazione giuridica dei ricorrenti.

Ricorso Brexit: la decisione

Il Tribunale ha quindi respinto il ricorso, poiché la decisione del Consiglio che autorizza l’avvio dei negoziati sulla Brexit non produce effetti giuridici vincolanti, idonei ad incidere sugli interessi dei ricorrenti, modificando in misura rilevante la loro situazione giuridica.

Pietro Alessio Palumbo

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