I rilievi della Corte dei Conti UE sul nuovo Whistleblowing europeo

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Con il Parere n. 4/2018 (presentato in virtù dell’articolo 325, paragrafo 4, del TFUE) la Corte dei Conti UE ha appena depositato i propri rilievi sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, riguardante la istituenda disciplina UE sul Whistleblowing. A seguito di una serie di casi di segnalazione di illeciti di alto profilo e di numerose iniziative a livello degli Stati membri dell’UE ed internazionali, il 23 aprile 2018 la Commissione ha proposto una direttiva riguardante la protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell’Unione.

Attualmente, tra gli Stati membri dell’UE, vi è un’ampia gamma di approcci alla segnalazione di illeciti. Una direttiva esaustiva, ben concepita e di facile lettura potrebbe costituire uno strumento efficace per indurre le persone a non violare e a far sì che eventuali violazioni non restino impunite. L’introduzione o l’ampliamento di sistemi di segnalazione di violazioni in tutti gli Stati membri dell’UE, come previsto dalla proposta, aiuterebbe a migliorare, dal basso verso l’alto, la gestione delle politiche dell’UE, tramite le azioni dei cittadini e dei dipendenti, in maniera complementare all’applicazione coattiva, dall’alto verso il basso. In tal senso, la direttiva proposta potrebbe accrescere la consapevolezza, da parte dei cittadini, dei loro diritti, nonché del fatto che essi possono svolgere un ruolo cruciale ai fini dell’applicazione del diritto dell’UE. Nel caso in cui una specifica violazione evidenzi un problema più sistemico, la sua segnalazione potrebbe aiutare la Commissione a mettere insieme gli elementi per procedere contro uno Stato membro. Nel più lungo periodo, qualora la segnalazione evidenzi scappatoie o lacune consentirà di attuare le necessarie modifiche alla normativa.

In proposito, la Commissione ha effettuato una notevole quantità di lavori preparatori nel corso del 2017. Ha organizzato una consultazione pubblica di 12 settimane che ha ottenuto 5.707 risposte, nonché tre consultazioni online rivolte ai portatori d’interesse, ed ha effettuato una valutazione d’impatto. Nella valutazione d’impatto, la Commissione stima che nell’UE l’attuale rischio dovuto a frode e corruzione sia compreso tra i 179 ed i 256 miliardi di euro l’anno. Calcola che la proposta riconoscerà al 40% della forza-lavoro dell’UE, il diritto alla protezione delle persone segnalanti e che migliorerà il livello di tale protezione per quasi il 20 % della forza-lavoro. Infine, stima che la proposta costerà al settore pubblico e a quello privato un totale di 747,8 milioni di euro di costi una tantum e di 1.336,6 milioni di euro di costi operativi annui.

La proposta intende proteggere le persone che segnalano “le attività illecite o gli abusi del diritto” di quattro tipi principali:

  • violazioni che rientrano nell’ambito di applicazione degli atti dell’Unione in un numero limitato di settori. Gli atti in questione sono elencati in un allegato, la seconda parte del quale elenca atti che contengono già disposizioni specifiche sulla segnalazione delle violazioni. I considerando (19) e (82) dispongono che si dovrebbe valutare l’opportunità di modificare (ossia, ampliare) l’allegato della direttiva ogni volta che la protezione delle persone segnalanti sia pertinente per un nuovo atto dell’Unione;
  • violazioni delle norme in materia di concorrenza;
  • violazioni che ledono gli interessi finanziari dell’Unione di cui all’articolo 325 del TFUE (sulla lotta alle frodi);
  • violazioni riguardanti il mercato interno, per quanto riguarda gli atti che violano le norme in materia di imposta sulle società e le costruzioni, il cui fine è ottenere un vantaggio fiscale che vanifica l’obiettivo o la finalità della normativa in materia di imposta sulle società.

Dato che molti atti giuridici dell’UE contengono già elementi di procedure di segnalazione di violazioni, la proposta stabilisce che prevarranno le norme contenute in atti settoriali (ad esempio, quelle contenute nella direttiva abusi di mercato). Tuttavia, le norme della proposta di direttiva si applicheranno a tutte le questioni non regolamentate da atti settoriali. La Corte giudica positivamente l’intenzione della Commissione di far sì che la direttiva copra molti settori dell’attività dell’UE.

Ciò riflette la raccomandazione del Consiglio d’Europa di porre in essere un quadro normativo “completo e coerente”. Tuttavia, pur riconoscendo pienamente la necessità di rispettare la divisione dei poteri tra l’UE e gli Stati membri di quest’ultima, e pur essendo consapevole dei limiti intrinseci della direttiva in quanto strumento giuridico, la Corte è preoccupata della complessità dell’ambito di applicazione materiale e delle implicazioni che potrebbe avere nella pratica, per l’efficace protezione delle persone segnalanti.

La Commissione incoraggia specificamente gli Stati membri a considerare di ampliare l’ambito di applicazione della direttiva ad “altri settori” e di “garantire un quadro normativo completo e coerente a livello nazionale”. Nel caso in cui nel diritto nazionale non sia prevista tale estensione volontaria dell’ambito di applicazione, gli utenti finali potrebbero esser costretti ad effettuare complesse valutazioni che richiedono conoscenze esperte. Un potenziale segnalante dovrebbe necessariamente capire se la violazione che intende segnalare riguardi un atto elencato nell’allegato in modo da poter beneficiare della protezione prevista dalla direttiva e dalla normativa nazionale di recepimento. Tale complessità potrebbe ridurre la certezza giuridica per potenziali segnalanti e scoraggiarli quindi dal segnalare violazioni del diritto dell’Unione. A giudizio della Corte, la complessità dell’ambito di applicazione, è parzialmente attenuata dalle varie disposizioni della proposta intese ad assistere i potenziali segnalanti con informazioni chiare e facilmente accessibili, consulenza e assistenza, nonché dal fatto che sarebbe sufficiente avere “fondati motivi di ritenere che le informazioni segnalate rientrino nell’ambito di applicazione” della direttiva.

La Corte giudica positiva l’intenzione della Commissione di coprire tutte le violazioni che ledono gli interessi finanziari dell’UE di cui all’articolo 325 del TFUE. La tutela degli interessi finanziari dell’Unione viene considerata “un settore in cui l’applicazione del diritto dell’Unione deve essere rafforzata”. Per “interessi finanziari dell’Unione” si intendono “tutte le entrate, le spese e i beni che sono coperti o acquisiti oppure dovuti in virtù del bilancio dell’Unione e dei bilanci di istituzioni, organi e organismi dell’Unione, istituiti in virtù dei trattati o dei bilanci da questi direttamente o indirettamente gestiti e controllati”.

La proposta riguarda le persone segnalanti nei settori pubblico e privato che vengono a conoscenza di informazioni su violazioni in un contesto lavorativo, compresi i volontari, i tirocinanti non retribuiti e le persone non ancora assunte. La Corte giudica positivamente l’ampiezza di questa disposizione, in particolare il fatto che si tenga conto di violazioni lesive degli interessi finanziari dell’UE in progetti complessi che coinvolgono una molteplicità di attori (appaltatori, subappaltatori, consulenti, volontari, ecc.), tutti potenziali persone segnalanti. La proposta obbligherebbe gli Stati membri ad assicurare che i soggetti giuridici del settore privato e pubblico istituiscano canali e procedure di segnalazione interna. L’uso di tali canali interni deve essere permesso ai dipendenti e potrebbe essere permesso anche ad altre categorie, quali portatori d’interessi, appaltatori o tirocinanti.

I soggetti giuridici del settore privato con meno di 50 dipendenti o con un fatturato o un bilancio totale annui inferiore a 10 milioni di euro resterebbero esclusi, con l’eccezione dei soggetti operanti in determinati settori sensibili. I soggetti giuridici del settore pubblico sono definiti come: le amministrazioni dello Stato e regionali; i comuni con più di 10.000 abitanti; altri soggetti di diritto pubblico. La Corte ritiene che l’esenzione di alcuni comuni dall’obbligo di istituire canali interni di segnalazione potrebbe ridurre significativamente la protezione concessa alle persone segnalanti, dato che la dimensione media dei comuni nell’UE è di 5.887 abitanti, con ampie variazioni tra uno Stato membro e l’altro. La soglia proposta viene già usata in una serie di Stati membri (Belgio, Francia, Spagna) per definire i comuni più piccoli.

Ciononostante, la Corte ritiene che la Commissione dovrebbe fornire al Parlamento europeo ed al Consiglio le proprie motivazioni per questa soglia, spiegando fino a che punto essa rifletta i limiti in termini di dipendenti e di fatturato che servirebbero ad esentare soggetti del settore privato. La proposta specifica nel dettaglio le procedure per la segnalazione interna, in particolare l’istituzione di canali tali da garantire la riservatezza e la designazione di una persona o di un servizio competente per dar “seguito diligente” alle segnalazioni. Viene fissato un termine ragionevole – non superiore a tre mesi – per dare un riscontro alla persona segnalante. Fra gli obblighi, specificati in modo dettagliato, concernenti la segnalazione interna, figura la fornitura di “informazioni chiare e facilmente accessibili” sulle procedure e sulla segnalazione. Secondo la Corte, tali obblighi non riguardano in modo sufficiente le attività di sensibilizzazione o la formazione del personale. La Corte accentra l’importanza, sia nel settore pubblico che nel settore privato, di promuovere un ambiente positivo e di fiducia nel quale la segnalazione delle violazioni sia parte indiscussa della cultura dell’ente/dell’impresa. Qualunque canale sia stato utilizzato (interno, esterno o pubblico), dette persone devono avere fondati motivi di ritenere che le informazioni segnalate siano vere al momento della segnalazione e che queste informazioni rientrino nell’ambito di applicazione della direttiva.

Nel caso in cui una persona effettui una segnalazione esterna (ossia, al di fuori della propria impresa/del proprio ente ad un’autorità nazionale competente), può beneficiare della protezione a patto che sia soddisfatta una delle seguenti condizioni:

  • la persona in questione ha dapprima segnalato la violazione internamente ed è trascorso un “termine ragionevole” (non superiore a tre mesi) senza che vi sia stato dato alcun seguito adeguato;

oppure

  • la persona in questione non aveva accesso ai canali di segnalazione interna o non era ragionevolmente presumibile che fosse a conoscenza della loro disponibilità;

oppure
• la persona in questione rientra in una categoria di soggetti per i quali la segnalazione interna non era obbligatoria (ad esempio, appaltatori, tirocinanti non retribuiti);

oppure
non era ragionevolmente presumibile che la persona segnalante utilizzasse i canali di segnalazione interna, tenuto conto dell’oggetto della segnalazione;

oppure

  • la persona segnalante aveva motivi validi di ritenere che l’uso dei canali di segnalazione interna avrebbe potuto compromettere l’efficacia degli accertamenti svolti dalle autorità competenti;

oppure
• la persona in questione aveva il diritto di effettuare la segnalazione mediante i canali di segnalazione esterna in virtù del diritto dell’Unione.

Nel caso in cui una persona renda di pubblico dominio informazioni sulle violazioni, può beneficiare della protezione accordata alle persone segnalanti, a patto che sia soddisfatta una delle due seguenti condizioni:

  • la persona in questione ha effettuato una prima segnalazione interna e/o esterna conformemente alla direttiva;

oppure
• non poteva ragionevolmente presumersi che la persona segnalante utilizzasse i canali di segnalazione interna e/o esterna a causa di un pericolo imminente o palese per il pubblico interesse o delle particolari circostanze del caso, o di rischio di danni irreversibili.

La Corte ritiene che il fattore discriminante debba essere l’interesse pubblico delle informazioni rivelate tramite la segnalazione. Bisognerebbe quindi far sì che gli Stati membri non pongano in atto forme di esclusione dalla protezione sulla base delle intenzioni soggettive o delle motivazioni specifiche della persona segnalante. La Corte ritiene che la regola generale che richiede un previo utilizzo dei canali interni sia valida in termini di principio e che faciliti una cultura di accettazione delle segnalazioni.

Tuttavia, osserva che eccezioni così ampie a questa regola come quelle contenute nella proposta richiederebbero ulteriore interpretazione (amministrativa e giudiziaria) per non creare incertezza tra i potenziali segnalanti. Per di più, bisogna fare attenzione a che il proposto sistema a cascata, non crei ostacoli, a causa dell’accumulo dei termini ultimi, alla prevenzione di una violazione, il che vanificherebbe la finalità della direttiva. Riguardo alle eccezioni che consentono di saltare i canali interni di segnalazione, la Corte si sarebbe aspettata di vedere riconosciuta tale possibilità per le persone segnalanti che hanno fondati motivi per credere che la segnalazione interna metta a repentaglio la propria sicurezza personale o i propri interessi legittimi.

La Corte dei conti europea riceve periodicamente da terzi una serie di denunce spontanee di presunti casi di frode (ne ha ricevuto 29 nel 2017), tra cui casi che potrebbero rientrare nell’ambito personale e materiale di applicazione della direttiva proposta. La Corte accoglie con favore il fatto che la proposta garantisca a queste persone segnalanti la stessa protezione prevista per coloro che effettuano una segnalazione alle autorità competenti del proprio Stato membro. Infine, la Corte ritiene che alle persone che hanno effettuato una segnalazione in modo anonimo non dovrebbe essere negata protezione se la loro identità viene successivamente svelata. Ciò sarebbe coerente con il fatto che l’UE incoraggia le segnalazioni anonime comprese quelle provenienti dall’interno di uno Stato membro. Nel contesto istruttorio, la Commissione ha confermato alla Corte che la protezione verrebbe in effetti, estesa a coloro che effettuano segnalazioni anonime e la cui identità viene in seguito svelata.

La proposta obbliga gli Stati membri a prendere le misure necessarie contro le ritorsioni e fornisce un elenco di sette misure:

  • obblighi in materia di informazioni accessibili al pubblico;
  • assistenza da parte delle autorità competenti;
  • non applicabilità, nei confronti della persona segnalante, di restrizioni alla divulgazione delle informazioni imposte per contratto o in altro modo (ad esempio, una clausola di non divulgazione/di riservatezza contenuta in un contratto);
  • inversione dell’onere della prova nei procedimenti giudiziari inerenti un pregiudizio sofferto dalla persona segnalante (ad esempio, è il datore di lavoro che deve provare che il licenziamento non è stato una conseguenza della segnalazione o divulgazione, ma che era esclusivamente dovuto ad altri motivi debitamente giustificati);
  • accesso a mezzi di ricorso, compresi provvedimenti provvisori;
  • esenzione dalle misure, dalle procedure e dai mezzi di ricorso previsti dalla direttiva sui segreti commerciali, e diritto di basarsi sul fatto di avere effettuato una segnalazione o divulgazione per chiedere il non luogo a procedere;
  • patrocinio e “assistenza e sostegno giuridico e finanziario”.

La Corte ritiene positivo l’elenco di esempi di misure contro le ritorsioni, che però non impedisce ai datori di lavoro di prendere decisioni di natura lavorativa debitamente giustificate, anche contro le persone che segnalano violazioni. La Corte insisterebbe in particolare sull’importanza, sia nel settore pubblico che nel settore privato, di promuovere un ambiente positivo nel quale la segnalazione delle violazioni sia parte indiscussa della cultura dell’ente/dell’impresa. La Corte osserva inoltre che la direttiva non fa menzione della questione dei limiti temporali, il che vuol dire che gli Stati membri non possono introdurre o mantenere detti limiti alla protezione delle persone che segnalano violazioni. Gli Stati membri sarebbero tenuti a comunicare alla Commissione tutte le informazioni pertinenti relative all’attuazione e all’applicazione della direttiva.

La proposta poi dispone un approccio a due fasi.

Entro il 15 maggio 2023, ossia due anni dopo il termine ultimo per il recepimento (15 maggio 2021), la Commissione dovrebbe presentare al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull’attuazione e l’applicazione della direttiva. Gli Stati membri sarebbero inoltre tenuti a trasmettere su base annuale alla Commissione determinate statistiche, “se disponibili a livello centrale nello Stato membro interessato”. Le statistiche in questione riguardano il numero di segnalazioni ricevute dalle autorità competenti; il numero e l’esito finale di accertamenti e procedimenti avviati a seguito di tali segnalazioni; i danni finanziari stimati e gli importi recuperati. La Commissione afferma che questi dati potrebbero essere integrati dalle relazioni annuali della Procura europea e del Mediatore europeo.

Entro il 15 maggio 2027 e tenendo conto di dette statistiche, la Commissione dovrebbe presentare al Parlamento europeo e al Consiglio un’ulteriore relazione che valuti l’impatto della normativa nazionale di recepimento della direttiva. Tra l’altro, in questa relazione la Commissione valuterebbe l’eventuale necessità di modifiche al fine di estendere l’ambito di applicazione materiale della direttiva. A giudizio della Corte, il fatto che l’invio di statistiche sarebbe facoltativo per alcuni Stati membri (quelli senza statistiche già disponibili a livello centrale), unito al fatto che le statistiche non verrebbero presentate per settore d’intervento, ridurrebbe l’efficacia di questa disposizione.

Per di più, sarebbe necessario aspettare sei anni (dopo il termine ultimo di recepimento) e otto anni (dopo l’entrata in vigore della direttiva) per beneficiare pubblicamente di qualunque informazione contenuta nelle statistiche. Questo periodo sembra sproporzionatamente lungo, nonché in contraddizione con l’obbligo per gli Stati membri di fornire alla Commissione “tutte le informazioni pertinenti” relative all’attuazione e all’applicazione della direttiva. La Corte richiama l’attenzione del Parlamento europeo e del Consiglio, sul fatto che la disponibilità di queste statistiche potrebbe essere cruciale, in una fase successiva, per la misurazione della performance di investimenti finanziari e amministrativi, molto più ingenti che gli Stati membri ed i soggetti pubblici e privati dovranno fare, nell’attuare la direttiva. Nei propri lavori preparatori, la Commissione ha tenuto conto degli insegnamenti tratti in diverse giurisdizioni del mondo. Ciò è stato dovuto alla disponibilità di dati, provenienti da queste giurisdizioni, sull’attuazione dei rispettivi meccanismi di segnalazione delle violazioni. Se necessario, la Commissione potrebbe esaminare le varie possibilità di erogazione di fondi UE per assistere gli Stati membri nella raccolta dei dati.

La Corte ritiene che le informazioni statistiche sulle segnalazioni negli Stati membri devono essere della migliore qualità possibile e che in particolare, dovrebbero essere disponibili per Paese, per atto giuridico e per oggetto, includendo l’esito definitivo dei procedimenti civili e penali. La Corte infine, condivide l’opinione del National Audit Office del Regno Unito secondo cui, pubblicare statistiche complete sulle indagini scaturite da segnalazioni, compreso il rispettivo esito, è un mezzo per accrescere la fiducia dei dipendenti nei meccanismi di segnalazione, in quanto consente loro di constatare che le segnalazioni siano trattate con dovuti considerazione e impegno.

Pietro Alessio Palumbo

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