La miniriforma del diritto fallimentare

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La legge 132/2015, di conversione del decreto legge 83/2015, entrata in vigore il 21 agosto 2015, ha apportato non poche modifiche alla legge fallimentare, tanto da meritarsi il nome di miniriforma fallimentare.

In effetti sono stati modificati ben 24 articoli del R.D. 267/42 (che contiene la disciplina fallimentare), e precisamente gli artt. 28, 39, 43, 64, 104-ter, 107, 118, 120, 160, 161, 163, 165, 169, 169-bis, 172, 177, 178, 181, 182, 182-quinquies, 185, 236, 236-bis.

Inoltre sono stati introdotti 2 nuovi articoli: il 163-bis e il 182-septies.

Insomma, parlare di miniriforma potrebbe essere riduttivo, visto che sono stata apportate modifiche non indifferenti all’accordo di ristrutturazione dei debiti, al concordato preventivo, e anche alla stessa procedura fallimentare.

Cominciando con l’accordo di ristrutturazione dei debiti, si può affermare che la novità principale abbia riguardato l’introduzione di una nuova versione di accordo, ossia quello con le banche.

Tale tipologia di accordo può essere attivato quando si rispettano tutte queste condizioni:

1) l’impresa in crisi ha debiti verso banche e intermediari finanziari in misura non inferiore al 50% dell’indebitamento complessivo;

2) l’accordo di ristrutturazione individua più categorie di creditori, ognuna delle quali caratterizzata da soggetti con una posizione giuridica ed interessi economici omogenei;

3) l’accordo sia raggiunto con le banche e gli intermediari finanziari che rappresentano il 75% dei crediti detenuti dalla categoria degli operatori finanziari.

In tal caso, vi è un’importante deroga rispetto alla disciplina generale dell’accordo di ristrutturazione, consistente nell’obbligatorietà dell’applicazione dell’accordo anche alle banche dissenzienti.

Una seconda novità relativa all’accordo di ristrutturazione, che vale anche per il concordato preventivo, concerne la possibilità di ricorrere a finanziamenti di emergenza, che godono della prededucibilità, con la semplice domanda al Tribunale, senza la necessità di documentazione di supporto, altrimenti richiesta anche per la proposta di accordo di ristrutturazione dei debiti.

Questa novità si spiega per il fatto che l’accesso alla finanza prededucibile con la procedura ordinaria richiede un certo lasso di tempo, che in alcuni casi si dimostra eccessivo eccesivo rispetto all’evoluzione della crisi dell’impresa, con conseguente riduzione delle concrete prospettive di risanamento dell’azienda in difficoltà.

Pertanto, nella procedura d’urgenza, il Tribunale, assunte sommarie informazioni sul piano e sulla proposta di accordo in corso di elaborazione, sentiti senza formalità i principali creditori, decide in camera di consiglio con decreto motivato, entro 10 giorni dal deposito dell’istanza di autorizzazione.

Ancora più numerose sono le novità che hanno toccato il concordato preventivo.

In primo luogo, in contrasto con la tendenza degli ultimi anni di favorire l’imprenditore in crisi, la legge 132/2015 ha rafforzato la tutela dei creditori, prevedendo:

a) l’obbligo di assicurare il pagamento di almeno il 20% dell’ammontare dei crediti chirografari (salvo nel concordato con continuità aziendale);

b) l’obbligo di indicare nel piano “l’utilità specificamente individuata ed economicamente valutabile che il proponente si obbliga ad assicurare a ciascun creditore” (art. 161, comma 2, lettera e);

c) un maggior controllo dei documenti, essendo ora previsto che il pubblico ministero abbia visione completa della documentazione, e non più solo della domanda di concordato (art. 161, comma 5).

E’ il caso di rilevare che la prima di questa novità avvicina il concordato preventivo all’accordo di ristrutturazione dei debiti, dove è previsto, come è noto, l’obbligo di soddisfare tutti i creditori non sottoscrittori dell’accordo, che possono rappresentare fino al 40% dei debiti dell’impresa in crisi.

Ma la novità più importante è sicuramente quella che consente di presentare una proposta di concordato preventivo alternativa a quella dell’imprenditore in crisi.

Tali proposte alternative possono provenire dai creditori, ai sensi dell’art. 163 del R.D. 267/42, o da terzi sollecitati dal Tribunale, come prevede l’art. 163-bis, ed essere modificate fino a 15 giorni prima dell’adunanza dei creditori.

Inoltre lo stesso Tribunale è chiamato ad intervenire, essendo previsto che solleciti proposte alternative a quelle del debitore proponente il concordato preventivo, ed in questo caso, oltre ai creditori, possono essere invitati anche terzi a intervenire.

Infatti, l’art. 163-bis (uno dei due nuovi articoli introdotti nella disciplina fallimentare) statuisce che quando il piano del concordato preventivo comprende un’offerta  da parte di un soggetto già individuato dal debitore, che prevede il trasferimento, o l’affitto, a suo favore dell’azienda, o di uno o più rami di essa, o di specifici beni, prima o dopo l’omologazione del concordato preventivo, verso un corrispettivo in denaro, o comunque a titolo oneroso, il Tribunale dispone la ricerca di altri soggetti interessati all’acquisto, disponendo l’apertura di un procedimento  competitivo.

Come si è accennato, anche la procedura fallimentare è stata interessata da alcune novità, in particolare per quanto riguarda la nomina del curatore e le circostanze per la sua revoca, e le modalità di vendita dei beni.

Per il primo aspetto si segnala che la legge 132/2015 ha introdotto ulteriori elementi da considerare ai fini della nomina del curatore, ovvero:

1) le risultanze dei rapporti riepilogativi delle attività svolte, contenente tutte le informazioni raccolte dopo la prima relazione, accompagnati dal conto della gestione del fallimento;

2) le risultanze del registro nazionale, nel quale confluiscono i provvedimenti di nomina dei curatori, dei commissari giudiziali e dei liquidatori giudiziali, ed in cui vengono altresì annotati i provvedimenti di chiusura del fallimento e di omologazione del concordato (preventivo e fallimentare), nonché l’ammontare dell’attivo e del passivo delle procedure concorsuali chiuse.

Per quanto riguarda la revoca, sono state introdotte nuove circostanze, ovvero l’assenza di un giustificato motivo per il mancato rispetto dei termini per:

1) la predisposizione del programma di liquidazione, che sono duplici:

a) 60 giorni dalla redazione dell’inventario;

b) 180 giorni dalla sentenza dichiarativa di fallimento;

2) il completamento del programma di liquidazione, che deve avvenire entro 2 anni dalla sentenza dichiarativa di fallimento.

Infine, la novità più rilevante sul piano delle modalità di vendita dei beni del fallito è la previsione del pagamento a rate.

In conclusione tante novità, che rimodellano le procedure concorsuali, delle quali è importante conoscere regole e meccanismi, sia quando si è creditori di imprese in crisi, sia quando ci si trova in difficoltà, per cui è necessario scegliere una soluzione alla crisi di impresa.

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Massimiliano Di Pace

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