Niente tutela dell’anonimato per chi viola il copyright

Redazione 31/08/15
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Con la sentenza EU:C:2015:485 (C- 580/13) del 16/7/15 (ultimo deposito prima della lunga pausa estiva) la CGUE ha affrontato il bilanciamento della tutela della proprietà intellettuale col segreto bancario, sancendo che la normativa nazionale che consente di opporlo, in maniera incondizionata ed illimitata, alle banche, nell’ambito dell’art. 8 §.1 Lett. C Direttiva 2004/48/CE (rispetto dei diritti di proprietà intellettuale) relativo alle informazioni relative al nome e all’indirizzo del titolare di un conto, osta col diritto comunitario e nello specifico con l’art. 8 §.3 Lett. E di tale Direttiva. Le banche non possono rifiutarsi di fornire le generalità dei titolari dei conti se hanno violato online il copyright. Nella fattispecie il provento dell’illecito era stato versato sul conto di chi, tramite un sito specializzato, aveva venduto merce contraffatta, ma ciò pacificamente vale anche nei casi di chi l’acquista o scarica downloads da siti pirata o che violano il diritto d’autore altrui.

Questo articolo è firmato da Giulia Milizia, autrice dell’ebook Libertà del web e tutela del diritto d’autore: quale bilanciamento?” (Maggioli, 2015) ndR

Si noti come la giurisprudenza, soprattutto quella della CGUE, stia ampliando l’ambito di applicazione della tutela della proprietà intellettuale: il diritto d’autore deve essere rispettato anche dai siti accessibili gratuitamente e soprattutto da quelli che si occupano di e-commerce: sono tenuti ad ottenere una regolare licenza (rectius permesso) per la vendita dei beni coperti da copyright. È questo il caso trattato dalla EU:C:2015:315 (C-516/13) del 13/5/15: il sito che vende mobili online, siano essi originali o mere copie (come nel caso in esame) è obbligato ad ottenere il preventivo consenso del titolare (o dei titolari) del diritto d’autore e dei connessi diritti economici e di sfruttamento. Di tutto ciò è stato ampiamente conto nel mio ultimo ebook “Libertà del web e tutela del diritto d’autore: quale bilanciamento?” (cui si rinvia per ogni approfondimento sulle tematiche affrontata in questa nota), in cui ho anche esplicato che la rete garantisce l’anonimato che viene, però meno, se è commesso un illecito perché la tutela delle vittime e del copyright prevale sulla privacy dei trasgressori.

La vertenza risolta dalla CGUE nella sentenza annotata sorge dalla pregiudiziale sollevata da una Corte tedesca chiamata a decidere la lite tra due società. L’attrice, che produce e distribuisce profumi con l’esclusiva su una nota marca, ne acquistò un flacone su una piattaforma online di aste pubbliche. Versato il corrispettivo, effettuò i dovuti riscontri rilevando che il prodotto era contraffatto. Si rivolse all’intermediaria della vendita per ottenere le generalità del titolare dell’account che, usando un nickname, aveva offerto al pubblico la merce contraffatta. Questa persona ammise di essere il titolare dell’account, ma non l’effettivo venditore, sì che avvalendosi del diritto al silenzio per non autoincriminarsi, rifiutò di fornirne le generalità e di dare altre informazioni. L’acquirente  allora si rivolse alla banca per ottenere le generalità del venditore intestatario del conto corrente su cui aveva versato l’importo, la quale si rifiutò opponendo il segreto bancario. La battaglia legale intrapresa dalla ditta attrice è stata lunga e con esito incerto: in primo momento fu ingiunto all’istituto di fornire queste informazioni, ma, poi, in appello la decisione fu annullata perché la richiesta era infondata e contraria alla normativa nazionale in materia.

Come sopra rilevato questo rifiuto è illecito, tanto più che il copyright rientra nei diritti di proprietà tutelati dagli art. 17 §.2 e 47 della Carta dei diritti fondamentali (Convenzione di Nizza): l’interessato dovrebbe godere a pieno del diritto d’informazione per l’effettività del ricorso volto a tutelare i suoi interessi economici connessi alla salvaguardia della proprietà intellettuale, che rientra a pieno titolo nel più ampio concetto di proprietà privata tutelata da queste norme (art. 1 protocollo 1 e 17 Cedu). In breve la lite si fonda sul bilanciamento della tutela della privacy, id est di dati sensibili come appunto quelli garantiti dal segreto bancario e quella del diritto d’autore.

Di seguito si riportano integralmente le considerazioni in fatto ed in diritto che hanno portato la CGUE a rassegnare le conclusioni sopra citate: punto “ 32  allo stesso tempo, come risulta dall’articolo 2, paragrafo 3, lettera a), della direttiva 2004/48 e dai suoi considerando 2 e 15, la tutela della proprietà intellettuale non dovrebbe ostacolare, in particolare, la tutela dei dati personali e, quindi, la direttiva 2004/48 non può, segnatamente, porsi in contrasto con la direttiva 95/46. 33 Pertanto, la domanda di pronuncia pregiudiziale qui in esame solleva la questione della necessaria conciliazione tra le esigenze connesse alla tutela di diversi diritti fondamentali: da una parte, il diritto ad un ricorso effettivo e il diritto di proprietà intellettuale e, dall’altra, il diritto alla tutela dei dati personali (v., in tal senso, sentenza Promusicae, C‑275/06, EU:C:2008:54, punto 65). 34 Al riguardo, in primo luogo, si deve rammentare che, secondo la giurisprudenza della Corte, il diritto dell’Unione richiede che gli Stati membri, in occasione della trasposizione delle direttive, abbiano cura di fondarsi su un’interpretazione delle medesime tale da garantire un giusto equilibrio tra i diversi diritti fondamentali tutelati dall’ordinamento giuridico dell’Unione. Poi, in sede di attuazione delle misure di trasposizione di dette direttive, le autorità e i giudici degli Stati membri devono non solo interpretare il loro diritto nazionale in modo conforme a tali direttive, ma anche evitare di fondarsi su un’interpretazione di esse che entri in conflitto con i suddetti diritti fondamentali o con gli altri principi generali del diritto dell’Unione (v. sentenza Promusicae, C‑275/06, EU:C:2008:54, punto 70). 35 In secondo luogo, si deve rilevare che l’articolo 52, paragrafo 1, della Carta precisa segnatamente che eventuali limitazioni all’esercizio dei diritti e delle libertà riconosciuti devono rispettare il contenuto essenziale di detti diritti e libertà e che dalla giurisprudenza della Corte risulta che una misura che comporti una violazione grave di un diritto tutelato dalla Carta deve considerarsi non conforme all’esigenza di garantire un giusto equilibrio tra i diritti fondamentali che devono essere conciliati (v., in merito ad un’ingiunzione, sentenze Scarlet Extended, C‑70/10, EU:C:2011:771, punti 48 e 49, nonché Sabam, C‑360/10, EU:C:2012:85, punti 46 e 47). 36  Nel caso in esame, la disposizione nazionale di cui trattasi nel procedimento principale consente ad un istituto bancario di opporre il segreto bancario per rifiutarsi di fornire, nell’ambito dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2004/48, informazioni relative al nome e all’indirizzo del titolare di un conto, fermo restando che, anche se l’articolo 8, paragrafo 1, di detta direttiva certamente non riconosce un autonomo diritto d’informazione che i singoli possano direttamente esercitare presso l’autore della violazione o le persone di cui all’articolo 8, paragrafo 1, lettere da a) a d), della direttiva in esame, esso impone tuttavia agli Stati membri l’obbligo di garantire che tale informazione possa essere conseguita nell’ambito di un’istruttoria giudiziaria. 37  Risulta che la disposizione del diritto nazionale di cui trattasi nel procedimento principale, considerata isolatamente, consente un simile rifiuto in maniera illimitata, dal momento che la sua formulazione testuale non contempla alcuna condizione né precisazione, circostanza che spetta tuttavia al giudice del rinvio verificare. 38 In tal modo, una siffatta disposizione del diritto nazionale, considerata isolatamente, è atta a ledere il diritto d’informazione riconosciuto dall’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva 2004/48 e dunque, come emerge dal punto 29 della presente sentenza, è idonea a violare il diritto fondamentale ad un ricorso effettivo e il diritto fondamentale di proprietà intellettuale.

39 In proposito, l’illimitata ed incondizionata facoltà riconosciuta di eccepire il segreto bancario è tale da impedire che i procedimenti previsti dalla direttiva 2004/48 e le misure adottate dalle autorità nazionali competenti, in particolare quando queste intendono ingiungere la comunicazione delle informazioni necessarie in forza dell’articolo 8, paragrafo 1, di detta direttiva, possano tener debitamente conto delle caratteristiche specifiche di ciascun diritto di proprietà intellettuale e, ove necessario, del carattere intenzionale o non intenzionale della violazione commessa. 40  Ne consegue che una simile autorizzazione è atta a comportare una grave violazione, nell’ambito dell’articolo 8 della direttiva 2004/48, dell’esercizio effettivo del diritto fondamentale di proprietà intellettuale, e ciò a vantaggio del diritto delle persone, contemplato dall’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva 2004/48, alla tutela dei dati personali che le riguardano, mediante l’obbligo, per un istituto bancario, di rispettare il segreto bancario.

41 Da quanto precede risulta che una disposizione nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, considerata isolatamente, è idonea a comportare una violazione grave del diritto fondamentale di ricorso effettivo e, in definitiva, del diritto fondamentale di proprietà intellettuale, di cui beneficiano i titolari di tali diritti, e che essa non rispetta, pertanto, l’esigenza di assicurare un giusto equilibrio tra i diversi diritti fondamentali controbilanciati dall’articolo 8 della direttiva 2004/48.

42    Spetta tuttavia al giudice del rinvio verificare se eventualmente esistano, nel diritto interno interessato, altri mezzi o strumenti di ricorso che consentano alle autorità giudiziarie competenti di ingiungere che siano fornite le necessarie informazioni sull’identità delle persone rientranti nel campo di applicazione dell’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva 2004/48, in funzione delle caratteristiche specifiche di ciascun caso, conformemente al considerando 17 di tale direttiva” (neretto mio, ndr).

Come si vede questa sentenza conferma ulteriormente che il diritto di perseguire e sanzionare chi ha violato il diritto d’autore online deve essere effettivo e, quindi, non possono essere opposti né l’anonimato né il segreto bancario: in questi casi la privacy del trasgressore soccombe alla tutela del copyright.

 

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