Berlusconi, 26 gennaio 1994: i vent’anni in politica del “ragazzo Coccodè”

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Vent’anni dopo, siamo ancora qui. E’ un po’ come al Gioco dell’Oca, pensi di essere a un passo dall’arrivo, poi finisci su quella casella maledetta che ti obbliga a ripartire dal’inizio.

Era il 26 gennaio 1994 quando Silvio Berlusconi distribuì tra le sue reti e a tutti i tg la famosa videocassetta in cui annunciava la sua discesa in campo. “L’Italia è il Paese che amo…”, “Un nuovo miracolo italiano”, “scendere in campo”, la lotta senza quartiere alla “sinistra”: parole e slogan, che, ci piaccia o no, sono entrate nell’immaginario di una generazione e oggi, forse, ci raccontano molto di noi.

Dopo vent’anni, quattro governi, innumervoli processi conditi da prescrizioni, assoluzioni, inchieste aperte, chiuse e contestate, Berlusconi è ancora lì, invecchiato ma saldo, sulla cresta dell’onda. Neanche quando ha perso le elezioni, nel 2006 e nel 2013, ha mai voluto dirsi sconfitto. Eppure, non furono in pochi, nel 1994, a liquidare il suo impegno politico come un fuoco di paglia, che non avrebbe impensierito la cavalcata dell’allegra macchina da guerra di Achille Occhetto, destinata a una vittoria trionfale. I più attenti ricorderanno l’editoriale di Eugenio Scalfari sul “ragazzo Coccodè”, volendo sintetizzare, in quel modo, la provenienza tutta televisiva di quello che avrebbe dovuto essere una meteora in politica.

E invece, tutti sappiamo com’è andata da quel preciso istante, con la sinistra smarrita a incassare un autogol dopo l’altro, e il solito Cavaliere pronto a raccogliere i frutti del tafazzismo altrui, certamente grazie a un potenziale mediatico incomparabile. Un atteggiamento che ha premiato innanzitutto le sue aziende, in grado di affrontare la crisi del mercato pubblicitario senza troppi patemi, almeno fino agli ultimi anni.

Nei mesi scorsi, dopo il divorzio, la sentenza definitiva in Cassazione e la decadenza da senatore, Berlusconi è apparso provato, demotivato, forse definitivamente rassegnato a farsi da parte, alla ricerca di un successore che non si trova. Lo scorso 18 gennaio, però, è accaduto qualcosa: da leader extraparlamentare finito in disgrazia, l’incontro con Matteo Renzi al Nazareno lo ha riportato con forza al centro della scena. Oggi, non c’è più l’imprenditore rampante, vincente, ma c’è il cagnolino Dudù, la lotta alla magistratura e al fisco oppressivo: Berlusconi è come Madonna, un personaggio che ha sempre saputo reinventarsi e non è mai passato di moda.

Anche dopo vent’anni, i sondaggi lo danno saldamente in testa. Addirittura, anche dopo le spaccature nel centrodestra, c’è chi non pensa minimamente a togliere il suo sostegno: è il caso del Nuovo Centrodestra, costola del defunto Pdl e prontissimo a tornare alla casa del padre, in caso di elezioni. Dall’altra parte, però, c’è il guastafeste Renzi che potrebbe riservare sorprese: e forse, quel delfino che non c’è mai stato, è proprio colui che, oggi, si pone come “nemico”.

Guarda il video della discesa in campo

Francesco Maltoni

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