La casta blinda il Porcellum: modifiche minime in estate

Redazione 22/05/13
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E’ scattato l’allarme rosso intorno alla legge elettorale, dopo l’ordinanza della Cassazione che ha disposto il rinvio della legittimità alla Corte costituzionale e la politica corre ai ripari. Non già sostituendo la norma in vigore con il ritorno a quella precedente o, addirittura, la stesura di un testo completamente rinnovato. Pd e Pdl hanno in serbo, per scongiurare la bocciatura della Consulta, qualche ritocco mirato al Porcellum, che permetterebbe alla legge Calderoli di sopravvivere, continuando a generare ingovernabilità come allo stato attuale, che ha reso necessarie le larghe intese in Parlamento.

Ma andiamo con ordine. Da ormai diversi anni, quella di modificare la legge elettorale è una delle fissazioni del dibattito, anche se, di regola, è finita per risultare come la foglia di fico per il sistema politico, che è riuscito a nascondere l’irresistibile tentazione dell’inciucio dietro alla maschera delle riforme, quella elettorale tra tutte.

Risultato, né con il governo Monti, né, ora, con quello di Enrico Letta, il Porcellum è mai apparso seriamente in pericolo. Nel corso dei mesi, bozze e proposte si sono succedute, ma nessuna che accontentasse tutte le anime, con il centrodestra che cerca di mantenere lo status quo senza ammetterlo, attraverso una legge che ha votato a maggioranza nel 2005 e che ha permesso a Berlusconi di stravincere nel 2008, impedendo a Prodi e Bersani, con le responsabilità innegabili dei diretti interessati, nel 2006 e nel 2013, di potersi costruire maggioranze stabili. Di contro, anche sul fronte opposto permangono posizioni apparentemente inconciliabili, tra chi preme per il ritorno al Mattarellum, chi chiede il proporzionale in salsa tedesca, chi invoca il semi-presidenzialismo.

In seguito alla rielezione del presidente della Repubblica Napolitano, la riforma del Porcellum era stata indicata dal primo Capo dello Stato in carica oltre il settennato come un principio ineludibile per la sua conferma, un punto troppe volte evaso dalla classe politica che, mantenendo per la prima volta al Quirinale lo stesso inquilino, avrebbe dovuto prendersi carico della propria responsabilità. Almeno, in teoria.

A stretto giro, quindi, due duri colpi sono stati assestati alla stabilità dell’inossidabile Porcellum: prima, il presidente della Consulta Franco Gallo non aveva mancato di sottolineare, seppur tardivamente, qualche perplessità sul rigore costituzionale della legge, quindi, proprio negli ultimi giorni, è stata diramata un’ordinanza della Cassazione che ha accolto il ricorso di un pool di avvocati milanesi, capeggiati da Aldo Bozzi, sporgenti ricorso contro una norma palesemente incostitituzionale, mettendone in risalto i vizi di forma e le contraddizioni con la Carta fondamentale.

Dunque, ora la politica non può più continuare con la solita melina: qualche modifica deve essere portata per scongiurare una bocciatura che, comunque, n0n appare del tutto scontata, malgrado le affermazioni del presidente della Corte costituzionale.

Così, oggi, sono state annunciate “modifiche minime al Porcellum entro l’estate”, un modo per evitare il confronto tra quelle che lo stesso ministro per i Rapporti con il Parlamento Dario Franceschini ha definito “opinioni distinte sulla correzione al Porcellum”, riferendosi naturalmente a Pd e Pdl. L’unico accordo previsto, al momento, è quello di mettere a punto una clausola di salvaguardia per la legge elettorale in vigore entro il prossimo 31 luglio, e poi, ha concluso l’ex segretario Pd, “si troverà una mediazione”. 

Per apportare qualsiasi modifica alla legge elettorale, comunque, si dovrebbe ricorrere a un ddl costituzionale, dove, probabilmente, verranno incluse altre riforme di tipo istituzionale che l’annunciato “Comitato dei 40” cercherà di stilare. Si tratta, in sostanza, della seduta comune tra le commissioni Affari istituzionali di Camera e Senato, una sorta di nuova Bicamerale dall’esito quantomai incerto, come la sua storica precedente di fine anni ’90.

Redazione

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