Napolitano bis: the day after

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… e il “giorno dopo” la desolazione e il caos inondarono l’aria, in una nube di dolore collettivo…
… e il silenzio dei morti divenne un triste presagio delle urla dei futuri malati…

 

Una calma apparente quella del nostro the day after.
Una coltre di lava nera che oggi si limita a coprire – sdrucito strato di pudicizia formale – il magma incandescente che in questi giorni ha strisciato sottile nei meandri sotterranei di Palazzo Montecitorio.
La proclamazione di ieri non è stata altro che una plateale dichiarazione di inettitudine ed incapacità di assicurare un doveroso ricambio generazionale.
Doveroso, necessario, utile, opportuno, saggio ed improrogabile ricambio generazionale.
Perché il mondo deve guardare avanti, deve nutrirsi di nuova linfa, deve rigenerarsi. Tanto quanto deve farlo un Parlamento, uno Stato, una classe politica.
Qualunque sia stata – più o meno felice – la strada percorsa in precedenza, o l’uomo in precedenza chiamato a percorrerla.

Gli applausi di ieri hanno solo accantonato e nascosto, le valigie di Rosy Bindi per la Bolivia, il biglietto aereo di Pierluigi Bersani per Santiago del Cile, lo strofinio dei palmi delle mani di Mario Monti (speranzoso degustatore di un Monti bis, ter, quater, e chi più ne ha più ne metta), i festeggiamenti per i 18 anni dell’ultima fidanzatina di Silvio Berlusconi.

L’ovazione di ieri è stata la vittoria del vecchio e dei vecchi.
Vecchi di animo, di spirito, di testa e di energie.
L’unico vero giovane – l’anziano giovane, baluardo delle speranze di tanti giovani, di nome Stefano Rodotà – attizzato come una torcia al fuoco, in nome dei vecchi del villaggio.

Dentro, gli applausi dei vecchi.
Fuori, la delusione dei giovani.

Delusione dei giovani tutti. Grillini, pidiessini, socialisti, democristiani, giovani dei più reconditi angoli di quest’ultimo straccio di terra colonizzata, sin nelle viscere, da un popolo di vecchi e balordi politici.

Il nostro the day after ci regala esattamente questo: un mondo di vecchi incapaci di pensare a nuove strade e una folla di giovani vittime innocenti costrette a pagare sulla loro pelle l’amaro fardello di un inadempiuto debito genitoriale.
Vecchi come la vecchiaia ideale dei dieci Saggi che ci sono stati violentemente appioppati, dei Marini e dei Prodi che hanno tentato di propinarci, degli antichi trucchi dei vecchi politici di corte, della sclerosi culturale di chi non capisce quando è arrivato il momento di lasciare il passo ai giovani, del senile arroccamento nei rifugi di branco.

Recita un motto popolare siciliano: “U surci dissi a’noci: “Dammi tempu ca ti perciu”! (Il topo disse alla noce: “Col tempo arriverò ad aprirti”! ).
Mi auguro solo che la saggezza popolare – come sempre – ci azzecchi …..

Franzina Bilardo

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