Elezioni Roma, Marino vince le primarie e si candida. Pd spaccato

Redazione 08/04/13
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Ignazio Marino è il candidato del centrosinistra alle prossime elezioni amministrative di Roma, in programma per il 26 e 27 maggio 2013. La vittoria, però, ha già innescato un mare di polemiche per le file di rom ai gazebo allestiti in tutta la capitale, circostanza che ha fatto storcere il naso sia ai candidati sconfitti che agli osservatori esterni.

A sfidarsi, ieri, erano sei esponenti dell’area Pd-Sel-Psi. Ignazio Marino partiva in pole position: 58 anni, nato a Genova, medico chirurgo impegnato sul fronte della laicità e dei diritti, pur essendo un devoto cattolico. Nel 2009 sfidò Bersani e Franceschini alla segreteria nazionale del Pd, giungendo terzo. Negli ultimi tempi ha guidato le Commissioni del Senato in fatto di bioetica. Il principale sfidante di marino era l’ex giornalista del Tg1 David Sassoli, attualmente parlamentare europeo, seguito anche dal renziano Paolo Gentiloni, 59 anni, ex Ministro della Comunicazione. Outsider, l’ex assessore provinciale a Roma Patrizia Prestipino, il consigliere comunale di Sel Gemma Azuni e il 28enne romano Mattia Di Tommaso, socialista avvocato esperto di diritti umani.

Nonostante uno spoglio più lento del previsto, la vittoria di Marino è apparsa certa sin dalle prime ore della notte, quando, cioè il distacco dai diretti inseguitori a favore del medico è parso incolmabile.

Le stime finali accreditano a Marino una percentuale superiore al 50% dei voti ottenuti, contro il 25%  o poco più di Sassoli, giunto secondo. Seguono tutti gli altri. Insomma, Marino doppia i contendenti diretti e si candida ufficialmente per guidare il Campidoglio nei prossimi 5 anni.

L’affluenza finale riesce a infrangere la barriera dei 100mila votanti, come era negli auspici degli organizzatori, pur non mettendo in archivio un risultato esaltante. Proprio sul numero degli elettori, però, dal centrodestra si accusa il vizio rilevante del voto dei rom, anche se a rivelare la faccenda è stato il comitato di Gentiloni.

Se in un primo momento si è preferito tenere il profilo basso, lamentando vaghe “irregolarità”, poi, su Twitter Cristiana Alicata, del direttivo nazionale Pd, ha sbottato esclamando: “Il razzismo non c’entra nulla. Sono voti comprati. Punto. Chi lo nega è complice dello sfruttamento della povertà che fa il clientelismo in politica”. Addirittura, pare che a Tor Bella Monaca si avvenuto qualche tafferuglio tra militanti democratici, in seguito all’accusa di aver visto consegnare dei soldi agli immigrati.

In queste disastrate condizioni, il Pd si prepara dunque alla sfida del 26 e 27 maggio, per togliere il Campidoglio a Gianni Alemanno, dopo un quinquennio non facile che potrebbe mettere a rischio la sua riconferma. Gli altri sfidanti saranno Marcello De Vito, avvocato 38enne del MoVimento 5 Stelle, e Alfio Marchini, imprenditore ultimamente in pianta stabile nei talk show.

Se i democratici vorranno riprendersi il Comune di Roma dopo le ere di Rutelli e Veltroni, dovranno lasciarsi alle spalle piuttosto ialla svelta sia le divisioni nazionali che quelle a cascata in ambito locale, che stanno frammentando il partito proprio nel momento in cui doveva prendere in mano la guida non solo di un’amministrazione, ma del Paese. Impresa non riuscita, come noto, e che, ora, rischia di mandare all’aria i piani della segreteria di Bersani, ormai giunta al capolinea.

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